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rito cattolico con il quale si conferisce all'ordinando il terzo grado dell'ordine sacro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'ordinazione episcopale o consacrazione episcopale (talvolta anche chiamata ordinazione o consacrazione vescovile), nel rito romano della Chiesa cattolica, è un rito solenne che si svolge durante la celebrazione eucaristica con il quale si conferisce all'ordinando il terzo grado dell'ordine sacro; con esso, quindi, quest'ultimo diviene vescovo.[1] Alla base del rito di ordinazione episcopale vi sono le dottrine teologiche della genealogia episcopale e della successione apostolica.
Secondo la tradizione cristiana, gli apostoli sono stati arricchiti da Gesù con una speciale effusione dello Spirito Santo, il quale, discendendo su di loro, li ha conformati con modo pieno alla figura di Cristo, gli ha dato il potere di agire in sua persona e sono divenuti veri e autentici maestri della fede, pontefici e pastori; essi stessi, mediante l'imposizione delle mani sul capo degli eletti all'episcopato, hanno trasferito questo dono dello Spirito ai loro collaboratori, il quale è stato trasmesso fino ai nostri giorni nella consacrazione episcopale.[2][3] La consacrazione episcopale conferisce, inoltre, oltre il munus sanctificandi[4][5], anche il munus docendi[6][5] e il munus regendi.[7][5][2] Secondo gli insegnamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'Ordine.[8][1] Il vescovo, con l'ordinazione episcopale, entra a far parte del Collegio dei vescovi, in cui condivide, assieme al papa e agli altri vescovi, la cura di tutta la Chiesa.[9]
Ciò che è stato detto sopra spiega perché la celebrazione eucaristica celebrata dal vescovo ha un significato singolare: il popolo di Dio, infatti, riunito attorno all'altare, partecipa alla santa messa presieduta da colui che rappresenta visibilmente Gesù Cristo.[10]
Affinché si conferisca la consacrazione episcopale ad un eletto è imprescindibile l'autorizzazione esplicita del pontefice[11], emessa tramite bolla papale. L'ordinazione episcopale viene sempre conferita direttamente dal papa o, dietro il suo permesso esplicito, da un qualsiasi vescovo cattolico; essa può essere valida (anche se non legittima) anche in contrasto a questa disposizione, purché il consacrante sia un vescovo. Il vescovo che ordini un altro vescovo senza mandato pontificio incorre, infatti, nella scomunica latae sententiae prevista dal Codice di diritto canonico (can. 1387)[11]. Inoltre, affinché la consacrazione episcopale sia dichiarata valida, occorre un solo vescovo ordinante, ma la tradizione cattolica[12] e il Codice di diritto canonico[13] richiedono la presenza di almeno tre vescovi.[14]
L'ordinazione episcopale, se conferita da un vescovo validamente ordinato, è a sua volta valida a tutti gli effetti anche se l'ordinando non è sacerdote: un vescovo non sacerdote, al momento della consacrazione episcopale, riceve infatti tutti gli ordini sacri. Questa regola è adottata da moltissime Chiese cristiane indipendenti, non in comunione con la Chiesa cattolica in cui attualmente, a norma del Codice di diritto canonico (can. 378), il candidato all'episcopato dev'essere presbitero da almeno cinque anni[15]. La procedura di nomina di un vescovo è gestita dalla Sede Apostolica.
Il rito di ordinazione episcopale vigente è regolamentato dalla costituzione apostolica Pontificalis Romani, promulgata da papa Paolo VI il 18 giugno 1968, alla quale è subito seguita la pubblicazione del pontificale romano "De ordinatione episcopi, presbyterorum et diaconorum"; quest'ultimo è stato riveduto successivamente da papa Giovanni Paolo II e nuovamente pubblicato con le opportune modifiche il 16 aprile 1992, a seguito dell'approvazione della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti deliberata il 7 marzo dello stesso anno. È entrato in vigore ufficialmente il 29 novembre 1992, prima domenica d'Avvento.[16]
La solenne celebrazione inizia con la processione introitale, alla quale fanno seguito un saluto all'ordinando,[17] i riti iniziali e la liturgia della Parola.[18][19][20]
Terminata la proclamazione del Vangelo, inizia il rito di ordinazione episcopale. Stando in piedi, viene intonato l'inno Veni Creator Spiritus.[21][19][20] L'eletto[22] viene accompagnato dai presbiteri che lo assistono davanti al vescovo ordinante principale. Uno dei presbiteri assistenti si rivolge al vescovo ordinante principale dicendo[21][19][20][23]:
Il vescovo ordinante principale domanda[21][19][20]:
Il presbitero assistente risponde[21]:
«Habemus.»
«Sì, lo abbiamo.»
Il vescovo ordinante principale ordina[21][19][20]:
«Legatur.»
«Se ne dia lettura.»
Il presbitero assistente mostra il mandato pontificio a tutta l'assemblea e successivamente ne da lettura. Una volta letto, tutti in segno di assenso rispondono cantando[32][19][20]:
«Deo gratias.»
«Rendiamo grazie a Dio.[33]»
Segue l'omelia[32] e, una volta terminata, solamente l'eletto si alza in piedi e si pone davanti al vescovo ordinante principale, che lo interroga dicendo[34][19][20]:
«Antiqua sanctorum Patrum institutio praecipit, ut, qui Episcopus ordinandus est, coram populo interrogetur de proposito fidei servandae et muneris exsequendi. Vis ergo, fratre carissime, munus nobis ab Apostolis creditum et tibi per impositionem manuum nostrarum tradendum cum gratia Spiritus Sancti usque ad mortem explere?[35]»
«L'antica tradizione dei santi padri richiede che l'ordinando vescovo sia interrogato in presenza del popolo sul proposito di custodire la fede e di esercitare il proprio ministero. Vuoi, fratello carissimo, adempiere fino alla morte il ministero a noi affidato dagli Apostoli, che noi ora trasmettiamo a te mediante l'imposizione delle mani con la grazia dello Spirito Santo?[36]»
L'eletto risponde[37]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo prosegue[37][19][20]:
L'eletto risponde[37]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domanda[37][19][20]:
L'eletto risponde[37]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo prosegue[37][19][20]:
«Vis corpus Christi, Ecclesiam eius, aedificare et in eius unitate cum ordine Episcoporum, sub auctoritate successoris beati Petri apostoli, permanere?[42]»
«Vuoi edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, perseverando nella sua unità, insieme con tutto l'ordine dei vescovi, sotto l'autorità del successore del beato apostolo Pietro?[43]»
L'eletto risponde[37]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domanda[44][19][20]:
L'eletto risponde[44]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domanda[44][19][20]:
«Vis plebem Dei sanctam, cum comministris tuis Presbyteris et Diaconis, ut pius pater, fovere et in viam salutis dirigere?[49]»
«Vuoi prenderti cura, con amore di padre, del popolo santo di Dio e con i presbiteri e i diaconi, tuoi collaboratori nel ministero, guidarlo sulla via della salvezza?[50]»
L'eletto risponde[44]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domanda[44][19][20]:
L'eletto risponde[44]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domanda[44][19][20]:
L'eletto risponde[44]:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domanda[55][19][20]:
L'eletto risponde[55]:
«Volo, Deo auxiliante.»
«Sì, con l'aiuto di Dio, lo voglio.»
Ci si alza in piedi e i vescovi tolgono la mitra. L'ordinante principale dice[55][19][20]:
«Oremus, dilectissimi nobis, ut hoc Electo, utilitati Ecclesiae providens, benignitas omnipotentis Dei gratiae suae tribuat largitatem.[60]»
«Preghiamo, fratelli carissimi, Dio onnipotente e misericordioso, perché conceda a questo nuovo eletto la ricchezza della sua grazia per il bene della Chiesa.[61]»
L'eletto si prostra a terra e tutti si mettono in ginocchio[62] mentre vengono intonate le litanie dei santi[55]. Al termine della preghiera litanica il vescovo ordinante principale, a mani giunte, prega dicendo[63]:
«Propitiare, Domine, supplicationibus nostris, et inclinato super hunc famulum tuum cornu gratiae sacerdotalis, benedictionis tuae in eum effunde virtutem. Per Christum Dominum nostrum.[64]»
«Ascolta, o Padre, la nostra preghiera: effondi su questo tuo figlio con la pienezza della grazia sacerdotale la potenza della tua benedizione. Per Cristo nostro Signore.[65]»
Tutti rispondono[63]:
«Amen.»
A questo punto, l'eletto si inginocchia davanti al vescovo ordinante principale[66], che, dopo aver indossato la mitra, impone le mani sul capo dell'ordinando senza dire nulla.[67][68][19][20] Lo stesso fanno dopo di lui gli altri vescovi presenti.[69][68][19][20]
Dopo l'imposizione delle mani, i vescovi rimangono vicini al vescovo ordinante principale fino al termine della preghiera di ordinazione.[68] Il vescovo ordinante principale impone sul capo dell'eletto il libro dei Vangeli aperto. Due diaconi, stando in piedi alla destra e alla sinistra dell'ordinando, il quale rimane in ginocchio, tengono l'Evangeliario sopra il suo capo fino al termine della preghiera di ordinazione.[68] Tutti i vescovi tolgono la mitra e il vescovo ordinante principale canta (o dice), con le braccia allargate, la preghiera di ordinazione (la parte dell'orazione evidenziata in grassetto viene recitata da tutti i vescovi ordinanti, a mani giunte e con voce sommessa, affinché si distingua chiaramente la voce del vescovo ordinante principale; le parole riportate in tale parte evidenziata in grassetto sono essenziali e perciò richieste per la validità dell'atto)[70][19][20][71]:
«Deus et Pater Domini nostri Iesu Christi, Pater misericordiarum et Deus totius consolationis, qui in excelsis habitas et humilia respicis, qui cognoscis omnia antequam nascantur, tu qui dedisti in Ecclesia tua normas per verbum gratiae tuae, qui praedestinasti ex principio genus iustorum ab Abraham, qui constituisti principes et sacerdotes, et sanctuarium tuum sine ministerio non dereliquisti, cui ab initio mundi placuit in his quos elegisti glorificari.
Et nunc effunde super hunc Electum eam virtutem, quae a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio tuo Iesu Christo, quem ipse donavit sanctis Apostolis, qui constituerunt Ecclesiam per singula loca ut sanctuarium tuum, in gloriam et laudem indeficientem nominis tui.
Da, cordium cognitor Pater, huic servo tuo, quem elegisti ad Episcopatum, ut pascat gregem sanctum tuum, et summum sacerdotium tibi exhibeat sine reprehensione, servientes tibi nocte et die, ut incessanter vultum tuum propitium reddat et offerat dona sanctae Ecclesiae tuae; da ut virtute Spiritus summi sacerdotii habeat potestatem dimittendi peccata secundum mandatum tuum: ut distribuat munera secundum praeceptum tuum et solvat omne vinculum secundum potestatem quam dedisti Apostolis; placeat tibi in mansuetudine et mundo corde, offerens tibi odorem suavitatis, per Filium tuum Iesum Christum, per quem tibi gloria et potentia et honor, cum Spiritu Sancto in sancta Ecclesia et nunc et in saecula saeculorum.[72]»
«O Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre di misericordia e Dio di ogni consolazione, tu abiti nell'alto dei cieli e volgi lo sguardo su tutte le creature e le conosci ancor prima che esistano. Con la parola di salvezza hai dato norme di vita nella tua Chiesa: tu, dal principio, hai eletto Abramo come padre dei giusti, hai costituito capi e sacerdoti per non lasciare mai senza ministero il tuo santuario, e fin dall'origine del mondo hai voluto esser glorificato in coloro che hai scelto.
Effondi ora sopra questo eletto la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida: tu lo hai dato al tuo diletto Figlio Gesù Cristo ed egli lo ha trasmesso ai santi Apostoli, che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode perenne del tuo nome.
O Padre, che conosci i segreti dei cuori, concedi a questo tuo servo, da te eletto all'episcopato, di pascere il tuo santo gregge e di compiere in modo irreprensibile la missione del sommo sacerdozio. Egli ti serva notte e giorno, per renderti sempre a noi propizio e per offrirti i doni della tua santa Chiesa. Con la forza dello Spirito del sommo sacerdozio abbia il potere di rimettere i peccati secondo il tuo mandato; disponga i ministeri della Chiesa secondo la tua volontà; sciolga ogni vincolo con l'autorità che hai dato agli Apostoli. Per la mansuetudine e la purezza di cuore sia offerta viva a te gradita per Cristo tuo Figlio. A te, o Padre, la gloria, la potenza, l'onore per Cristo con lo Spirito Santo, nella santa Chiesa, ora e nei secoli dei secoli.[73]»
Tutti cantano[74]:
«Amen.»
Terminata la preghiera di ordinazione tutti siedono e i diaconi tolgono l'Evangeliario dal capo dell'ordinato.[75] Tutti i vescovi indossano la mitra.[75]
Iniziano ora i riti esplicativi.[76] Il vescovo ordinante principale si cinge di un gremiale e, sedutosi, unge col sacro crisma il capo dell'ordinato[77], il quale gli è inginocchiato davanti, dicendo queste parole[75][19][20][71]:
«Deus, qui summi Christi sacerdotii participem te effecit, ipse te mysticae delibutionis liquore perfundat, et spiritualis benedictionis ubertate fecundet.»
«Dio, che ti ha fatto partecipe del sommo sacerdozio di Cristo, effonda su di te la sua mistica unzione e con l'abbondanza della sua benedizione dia fecondità al tuo ministero.»
Alla fine dell'unzione il vescovo ordinante principale si lava le mani, e, terminata l'abluzione, consegna il libro dei Vangeli all'ordinato[78] con queste parole[75][19][20][71]:
«Accipe Evangelium et verbum Dei praedica in omni patientia et doctrina.»
«Ricevi il Vangelo e annunzia la parola di Dio con grandezza d'animo e dottrina.»
Il vescovo ordinante principale mette l'anello al dito anulare della mano destra all'ordinato[79] dicendo[75][19][20][71]:
«Accipe anulum, fidei signaculum: et sponsam Dei, sanctam Ecclesiam, intemerata fide ornatus, illibate custodi.»
«Ricevi l'anello, segno di fedeltà, e nell'integrità della fede e nella purezza della vita custodisci la santa Chiesa, sposa di Cristo.»
Il pontificale romano che regola l'"Ordinazione del vescovo, dei presbiteri, dei diaconi", prevede che dopo la consegna dell'anello sia consegnato il pallio all'ordinato, qualora egli ne abbia diritto.[80][81] In tempi recenti il pallio viene consegnato ai metropoliti, o a chi ne ha espressa facoltà di utilizzo, direttamente dal Santo Padre il 29 giugno, solennità dei santi Pietro e Paolo, durante una solenne concelebrazione eucaristica, e viene imposto dal nunzio apostolico locale, o da un altro delegato pontificio, durante una successiva celebrazione.[82]
Il vescovo ordinante principale prosegue imponendo la mitria all'ordinato[83] proferendo codesta frase[80][19][20][71]:
«Accipe mitram, et clarescat in te splendor sanctitatis, ut, cum apparuerit princeps pastorum, immarcescibilem gloriae coronam percipere merearis.»
«Ricevi la mitra e risplenda in te il fulgore della santità, perché quando apparirà il Principe dei pastori, tu possa meritare la incorruttibile corona di gloria.»
Il vescovo ordinante principale dona ora il pastorale[84] dicendo[80][19][20][71]:
«Accipe baculum, pastoralis muneris signum, et attende universo gregi, in quo te Spiritus Sanctus posuit Episcopum regere Ecclesiam Dei.»
«Ricevi il pastorale, segno del tuo ministero di pastore: abbi cura di tutto il gregge nel quale lo Spirito Santo ti ha posto come vescovo a reggere la Chiesa di Dio.»
Terminata l'unzione crismale e la consegna delle insegne episcopali, tutti si alzano in piedi. Se il neovescovo durante la cerimonia prende possesso della diocesi dove si celebra l'ordinazione, siede alla cattedra e procede la messa da celebrante principale, altrimenti siede su un seggio per lui opportunamente preparato accanto al vescovo ordinante principale.[85] Deposto il pastorale, mentre si canta il salmo 95 o un altro canto analogo, il neovescovo riceve l'abbraccio di pace dal vescovo ordinante principale e da tutti gli altri vescovi presenti.[86]
La celebrazione procede con la recita del Credo. Si omette la preghiera universale. La liturgia prosegue come di consueto; qualora il vescovo consacrato abbia preso possesso della diocesi, sarà lui a presiedere l'eucaristia[87] ed il resto della celebrazione, altrimenti concelebrerà all'altare.
Dopo la comunione l'ordinato, con mitra e pastorale, scende nell'assemblea per benedirla, preceduto da due co-consacranti, mentre si canta l'inno Te Deum. Terminato il canto, il consacrato rivolge un breve discorso ai presenti. La celebrazione termina con la benedizione solenne[88] e la processione finale.
Prima delle semplificazioni liturgiche volute dal Concilio Ecumenico Vaticano II, il rito di consacrazione episcopale risultava molto più elaborato e differiva dall'attuale per alcuni aspetti; la sua regolamentazione, infatti, risaliva alla riforma litugica attuata da papa Pio V a seguito del Concilio di Trento.[95]
Una prima differenza tra i due riti sta nel fatto che nel rito preconciliare (detto anche tridentino), quando ancora si parlava solamente di consacrazione episcopale, consacratore e consacrando celebravano in cappelle distinte la messa dei catecumeni, e poi, dopo il conferimento del sacramento, concelebravano insieme la messa dei fedeli allo stesso altare.[96]
Una seconda differenza tra i due riti è data dal fatto che nel rito preconciliare la vestizione del novello vescovo risultava molto più pomposa: egli, infatti, oltre a vestire la dalmatica, e sopra di essa la pianeta (o la casula), la mitra, il pastorale e l'anello episcopale, paramenti utilizzati nel rito attuale, doveva indossare anche i sandali episcopali, le chiroteche e il manipolo, oltre che la tunicella sotto la dalmatica. Questi ultimi accessori liturgici non sono stati aboliti dalla riforma liturgica postconciliare, ma sono ormai caduti in disuso e, comunque, il loro utilizzo è facoltativo.[95]
Nel rito tridentino, inoltre, dopo la consegna delle insegne episcopali seguiva l'atto di obbedienza da parte dei membri della diocesi del neoconsacrato, in rappresentanza gerarchica: dapprima si recavano uno dietro l'altro verso la cattedra episcopale, per baciare l'anello del neovescovo in segno di venerazione, il clero secolare (quindi i canonici e i parroci), poi i religiosi e le religiose, e infine i laici rappresentanti delle associazioni, delle confraternite o delle famiglie più importanti.[95]
Nel paragrafo che segue i termini "consacratore", "consacrante (o ordinante) principale" e "vescovo consacrante (o ordinante)" sono equivalenti, come anche i termini "eletto", "consacrando", "ordinando" e "neovescovo". Il Pontificale Romanum tridentino utilizzava prevalentemente i termini "consacratore” ed "eletto".[96]
Secondo il Pontificale Romanum, per la consacrazione episcopale di un eletto era necessario che nella chiesa dove doveva avvenire la consacrazione si preparassero due cappelle: quella per il consacratore, chiamata maggiore, e quella per il consacrando, chiamata minore. La prima doveva avere un altare con sopra quattro candelieri e una croce, mentre la seconda un altare con sopra due candelieri e una croce. Il Pontificale prevedeva, inoltre, molti altri segni da preparare per la celebrazione, come il numero di fiori e il numero di candele che dovevano adornare i luoghi sacri.[97]
Era necessario che il consacrando avesse come assistenti due vescovi, oppure, se ciò non era possibile, due presbiteri. Dopo che il consacratore e il consacrando, con i suoi due vescovi (o presbiteri) assistenti, si erano vestiti dei paramenti sacri[98] nelle rispettive cappelle e avevano recitato le solite orazioni prescritte per la vestizione, entravano in processione solenne, assieme a molti altri ministri, verso la cappella maggiore. Il vescovo consacratore si sedeva sul faldistorio dando le spalle all'altare, mentre l'eletto, posto tra i suoi due assistenti, si toglieva la berretta e gli si inchinava davanti. Poi si sedevano ai loro posti, davanti al consacratore, in questo modo: l'eletto era rivolto verso il vescovo consacrante, cosicché vi fosse tra loro un'adeguata distanza, mentre l'assistente più anziano dell'eletto assisteva quest'ultimo a destra, il più giovane a sinistra; i due assistenti, però, dovevano disporsi dimodoché si potessero guardare l'un l'altro.[99]
Dopo essersi seduti e aver sostato per qualche istante in silenzio, l'eletto si alzava e il più anziano degli assistenti, rivolto al vescovo consacrante, chiedeva che fosse ordinato vescovo l'eletto, e pronunciava queste parole:
«Reverendissime pater, postulat sancta mater Ecclesia Catholica, ut hunc praesentem Presbyterum ad onus Episcopatus sublevetis.»
«Reverendissimo padre, la Santa Madre Chiesa Cattolica chiede che il qui presente presbitero sia elevato all'ordine dell'episcopato.»
Il consacratore domandava se si fosse in possesso del mandato apostolico, dicendo:
«Habetis mandatum Apostolicum?»
«Avete il mandato apostolico?»
e l'assistente più anziano rispondeva affermativamente:
«Habemus.»
«Lo abbiamo.»
e il consacratore, allora, ne ordinava la lettura:
«Legatur.»
«Se ne dia lettura.»
Il notaio del vescovo consacratore, preso il mandato apostolico dalle mani dell'assistente più anziano, lo leggeva. Nel frattempo tutti sedevano. Terminata la lettura il consacratore ringraziava Dio dicendo:[100][101]
«Deo gratias.»
«Rendiamo grazie a Dio.»
Una volta che tutti erano seduti, il vescovo ordinante interrogava l'eletto rivolgendogli alcune domande. Quest'ultimo, ad ogni domanda, si alzava leggermente, rispondeva e poi sedeva.
Il vescovo introduceva l'interrogatorio così:[102]
«Antiqua sanctorum Patrum institutio docet, et praecipit, ut is qui ad Episcopatus ordinem eligitur, antea diligentissime examinetur cum omni charitate, de fide sanctae Trinitatis: et interrogetur de diversis causis, et moribus, quae huic regimini congruunt, ac necessaria sunt retineri secundum Apostoli dictum: Manus nemini cito imposueris. Et ut etiam is, qui ordinandus est, erudiatur, qualiter sub hoc regimine constitutum oporteat conversari in Ecclesia Dei; et ut irreprehensibiles sint, qui ei manus ordinationis imponunt. Eadem itaque auctoritate et praecepto, interrogamus te, dilectissime frater, charitate sincera, si omnem prudentiam tuam, quantum tua capax est natura, divinae Scripturae sensibus accommodare volueris.»
«L'antica istituzione dei santi Padri insegna e ordina che chi viene scelto per l'ordine dell'Episcopato sia prima esaminato con la massima diligenza e con tutta la carità sulla fede nella santa Trinità, e che venga interrogato su varie questioni e comportamenti pertinenti a questo governo e necessari da mantenere, secondo il detto dell'Apostolo: Non imporre le mani a nessuno con leggerezza. Inoltre, chi deve essere ordinato deve essere istruito su come comportarsi sotto questo governo nella Chiesa di Dio, affinché coloro che gli impongono le mani per l'ordinazione siano irreprensibili. Con la stessa autorità e ordine, ti chiediamo, carissimo fratello, con sincera carità, se desideri adattare tutta la tua prudenza, per quanto la tua natura lo permetta, ai sensi della divina Scrittura.»
E il consacrando rispondeva:[103]
«Ita ex toto corde volo in omnibus consentire, et obedire.»
«Desidero di tutto cuore acconsentire e obbedire in tutto.»
Allora il vescovo domandava:
«Vis ea, quae ex divinis Scripturis intelligis, plebem, cui ordinandus es, et verbis docere, et exemplis?»
«Vuoi insegnare al popolo, al quale sei destinato, ciò che comprendi dalle Sacre Scritture sia con le parole che con l'esempio?»
E l'eletto:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo proseguiva dicendo:
«Vis traditiones orthodoxorum Patrum, ac Decretales sanctae et Apostolicae Sedis constitutiones veneranter suscipere, docere, ac servare?»
«Vuoi accogliere, insegnare e osservare con venerazione le tradizioni dei Padri ortodossi e le costituzioni decretali della Santa Sede Apostolica?»
E l'eletto rispondeva:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo:
«Vis beato Petro Apostolo, cui a Deo data est potestas ligandi, ac solvendi; ejusque Vicario Domino nostro, Domino N. Papae N. suisque Successoribus, Romanis Pontificibus, fidem, subjectionem, et obedientiam, secundum canonicam auctoritatem, per omnia exhibere?»
«Vuoi mostrare fedeltà, sottomissione e obbedienza al beato Pietro Apostolo, a cui è stata data da Dio l'autorità di legare e sciogliere, e al suo Vicario, il nostro Signore, Papa N., e ai suoi successori, i Pontefici Romani, secondo l'autorità canonica in ogni cosa?»
L'eletto:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo così continuava:
«Vis mores tuos ab omni malo temperare, et quantum poteris, Domino adjuvante, ad omne bonum commutare?»
«Vuoi moderare i tuoi comportamenti da ogni male e, con l'aiuto del Signore, cercare di trasformarli in tutto ciò che è buono, per quanto ti è possibile?»
E l'eletto replicava:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo esaminava ancora una volta l'eletto dicendogli:
«Vis castitatem, et sobrietatem cum Dei auxilio custodire, et docere?»
«Vuoi custodire e insegnare la castità e la sobrietà con l'aiuto di Dio?»
E l'eletto rispondeva:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo domandava:
«Vis semper in divinis esse negotiis mancipatus, et a terrenis negotiis, vel lucris turpibus alienus quantum te humana fragilitas consenserit posse?»
«Vuoi essere costantemente impegnato negli affari divini e distante dagli affari terreni o da guadagni disonesti, quanto la tua fragilità umana consente?»
E l'eletto affermava dicendo:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo lo interrogava, allora, così:
«Vis humilitatem, et patientiam in teipso custodire et alios similiter docere?»
«Vuoi custodire l'umiltà e la pazienza in te stesso e insegnarle anche agli altri?»
E l'eletto:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo diceva allora:
«Vis pauperibus, et peregrinis, omnibusque indigentibus esse propter nomen Domini affabilis, et misericors?»
«Vuoi essere gentile e compassionevole verso i poveri, gli stranieri e chiunque sia nel bisogno a causa del nome del Signore?»
E l'eletto diceva:
«Volo.»
«Sì, lo voglio.»
Il vescovo concludeva l'esame dicendo:
«Haec omnia, et caetera bona tribuat tibi Dominus, et custodiat te, atque corroboret in omni bonitate.»
«Che il Signore ti conceda tutte queste cose e altri beni, e ti custodisca e ti fortifichi in ogni bontà.»
E tutti rispondevano:
«Amen.»
Il vescovo, dunque, chiedeva all'eletto se credesse nella Trinità:
«Credis, secundum intellegentiam, et capacitatem sensus tui, sanctam Trinitatem, Patrem, et Filium et Spiritum Sanctum, unum Deum omnipotentem, totamque in sancta Trinitate Deitatem, coessentialem, consubstantialem, coaeternam, et coomnipotentem, unius voluntatis, potestatis, et majestatis, creatorem omnium creaturarum, a quo omnia, per quem omnia, et in quo omnia, quae sunt in coelo, et in terra, visibilia, et invisibilia, corporalia, et spiritualia?»
«Credi, secondo la tua comprensione e capacità intellettuale, nella santa Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo, che sono un unico Dio onnipotente,nella piena divinità della Trinità, che è consustanziale, coeterna e co-omnipotente, con una sola volontà, potere e maestà, e che essa sia il creatore di tutte le creature, da cui tutto ha origine, attraverso il quale tutto esiste e in cui tutto è, sia nel cielo che sulla terra, sia visibile che invisibile, sia materiale che spirituale?»
L'eletto affermava la sua fede:
«Assentio, et ita credo.»
«Concordo e così credo.»
Il vescovo domandava:
«Credis etiam Spiritum Sanctum, plenum, et perfectum, verumque Deum, a Patre et Filio procedentem, coaequalem, et coessentialem, coomnipotentem, et coaeternum per omnia Patri, et Filio?»
«Credi anche nello Spirito Santo, che è pieno e perfetto, vero Dio, che procede dal Padre e dal Figlio, uguale e consustanziale a loro, co-onnipotente e co-eterno con il Padre e il Figlio in tutto?»
L'eletto diceva:
«Credo.»
Il vescovo domandava ancora:
«Credis hanc sanctam Trinitatem, non tres Deos, sed unum Deum omnipotentem, aeternum, invisibilem, et incommutabilem?»
«Credi in questa santa Trinità, non in tre dei, ma in un unico Dio onnipotente, eterno, invisibile e immutabile?»
L'eletto confermava la sua fede così dicendo:
«Credo.»
Il vescovo continuava:
«Credis sanctam, catholicam, et apostolicam, unam esse veram Ecclesiam, in qua unum datur verum baptisma, et vera omnium remissio peccatorum?»
«Credi che la Chiesa sia santa, cattolica e apostolica, e che sia l'unica vera Chiesa, in cui si trova il vero battesimo e la vera remissione dei peccati per tutti?»
L'eletto rispondeva:
«Credo.»
Il vescovo seguitava:
«Anathematizas etiam omnem haeresim, extollentem se adversus hanc sanctam Ecclesiam catholicam?»
«Maledici anche ogni eresia che si eleva contro questa santa Chiesa cattolica?»
L'eletto:
«Anathematizo.»
«Le maledico.»
Il vescovo domandava:
«Credis etiam veram resurrectionem ejusdem carnis, quam nunc gestas, et vitam aeternam?»
«Credi anche nella vera risurrezione della stessa carne che ora porti, e nella vita eterna?»
L'eletto rispondeva:
«Credo.»
Il vescovo domandava ancora:
«Credis etiam novi, et veteris Testamenti, legis, et Prophetarum, et Apostolorum, unum esse auctorem Deum, ac Dominum omnipotentem?»
«Credi anche che Dio, Signore onnipotente, sia l'unico autore del Nuovo e dell'Antico Testamento, della legge, dei Profeti e degli Apostoli?»
L'eletto diceva:
«Credo.»
Il vescovo concludeva l'esame dicendo:
«Haec tibi fides augeatur a Domino, ad veram, et aeternam beatitudinem, dilectissime frater in Christo.»
«Che questa tua fede sia rafforzata dal Signore verso la vera e eterna beatitudine, carissimo fratello in Cristo.»
E tutti rispondevano:
«Amen.»
Terminato l'esame, gli assistenti del vescovo consacrante conducevano l'eletto al consacratore. Il consacrando, inginocchiandosi davanti al consacratore, gli baciava riverentemente la mano. Il vescovo consacrante, deposta la mitra, si alzava dal faldistorio e, con l'eletto alla sua sinistra, si volgeva verso l'altare e recitava, assieme ai vescovi, i ministri e l'eletto, il Confiteor. Terminata la recita del Confiteor, il consacratore saliva all'altare, lo baciava, leggeva il Vangelo e incensava l'altare e la croce. Poi procedeva la messa fino all'Alleluia e tornava con la sua mitra a sedersi sul faldistorio, che era posto innanzi all'altare.[104]
Nel frattempo che il consacrante recitava le orazioni usuali della messa sino all'Alleluia, gli assistenti dell'eletto conducevano quest'ultimo alla cappella minore per lui preparata, e lì, dopo essersi tolto il piviale, indossava, con l'aiuto degli accoliti, i sandali episcopali e la croce pettorale, si rivestiva del camice, della stola, della tunicella, della dalmatica, della pianeta (o della casula) e del manipolo; tutto ciò mentre leggeva i Salmi e le solite preghiere. Vestito di questi paramenti, si recava al suo altare, dove, stando in mezzo i vescovi (o i presbiteri) assistenti, leggeva, a capo scoperto, tutto l'Ufficio della messa, fino all'Alleluia. A questo punto l'eletto veniva condotto nella cappella maggiore dai suoi assistenti e, dopo aver fatto un inchino al vescovo consacrante, quest'ultimo recitava l'orazione indicata nel Pontificale Romano. E subito, indossata la mitra, il consacratore e i suoi assistenti si inginocchiavano l'uno davanti al faldistorio, e gli altri davanti ai loro seggi; l'eletto, invece, si prostrava a terra alla sinistra del consacratore; anche i ministri e tutti gli altri si inginocchiavano. Quindi si cantavano le litanie dei santi. Terminata la recita delle litanie, il consacratore, ricevuto l'Evangeliario, lo apriva, con l'assistenza dei vescovi (o presbiteri) aiutanti, e, senza dire nulla, lo poneva sul collo e sulle spalle dell'eletto, il quale si era inginocchiato; un addetto reggeva il libro dei Vangeli sulle spalle dell'eletto sino al momento della consegna dello stesso all'ordinando durante i riti di consegna. Quindi il vescovo ordinante e i suoi assistenti toccavano con entrambe le mani la testa dell'ordinando, chiedendo che venisse effusa su di lui la potenza dello Spirito Santo, dicendo:
«Accipe Spiritum Sanctum.»
«Ricevi lo Spirito Santo.»
Una volta terminata l'imposizione delle mani da parte del vescovo consacrante e anche dei vescovi concelebranti, qualora presenti, il consacrante, stando ancora in piedi e deposta la mitra, diceva:
«Propitiare, Domine, supplicationibus nostris, et inclinato super hunc famulum tuum cornu gratiae sacerdotalis, bene + dictionis tuae in eum effunde virtutem. Per Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit, et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.»
«O Signore, ti preghiamo, propizia le nostre suppliche e, riversando sulla testa di questo tuo servo la grazia sacerdotale, infondi su di lui la potenza della tua benedizione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che con te vive e regna nell'unità dello Spirito Santo, Dio, per tutti i secoli dei secoli.»
E tutti rispondevano:
«Amen.»
A questo punto della celebrazione il vescovo consacrante introduceva la preghiera dicendo:
«Dominus vobiscum.»
«Il Signore sia con voi.»
E il popolo:
«Et cum spiritu tuo.»
«E con il tuo spirito.»
Il vescovo:
«Sursum corda.»
«In alto i vostri cuori.»
E il popolo:
«Habemus ad Dominum.»
«Sono rivolti al Signore.»
Il vescovo ancora:
«Gratias agamus Domino Deo nostro.»
«Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.»
E il popolo:
«Dignum et justum est.»
«È cosa buona e giusta.»
Il vescovo pregava così:
«Vere dignum et justum est, aequum et salutare, nos tibi semper, et ubique gratias agere, Domine sancte, Pater omnipotens, aeterne Deus, honor omnium dignitatum, quae gloriae tuae sacris famulantur ordinibus. Deus, qui Moysen famulum tuum secreti familiaris affatu, inter caetera coelestis documenta culturae, de habitu quoque indumenti sacerdotalis instituens, electum Aaron mystico amictu vestiri inter sacra jussisti, ut intelligentiae sensum de exemplis priorum caperet secutura posteritas, ne eruditio doctrinae tuae ulli deesset aetati. Cum et apud veteres reverentiam ipsa significationum species obtineret, et apud nos certiora essent experimenta rerum, quam aenigmata figurarum. Illius namque Sacerdotii anterioris habitus, nostrae mentis ornatus est, et Pontificalem gloriam non jam nobis honor commendat vestium, sed splendor animarum. Quia et illa, quae tunc carnalibus blandiebantur obtutibus, ea potius, quae in ipsis erant, intelligenda poscebant. Et idcirco huic famulo tuo, quem ad Sacerdotii ministerum elegisti, hanc, quaesumus, Domine, gratiam largiaris, ut quidquid illa velamina in fulgore auri, in nitore gemmarum, et in multimodi operis varietate signabant, hoc in ejus moribus actibusque clarescat. Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum, coelestis unguenti rore sanctifica.»
«È davvero giusto, degno e salutare renderti grazie sempre e ovunque, o Signore santo, Padre onnipotente, Dio eterno, l'onore di tutte le dignità che servono nei tuoi sacri ordini di gloria. O Dio, tu che, parlando segretamente con il tuo servo Mosè, hai tra i vari insegnamenti celestiali, ordinato che il prescelto Aronne fosse rivestito di un manto sacro, affinché la posterità potesse trarre saggezza dagli esempi dei suoi predecessori e nessuna età mancasse di comprendere il significato delle cose. Infatti, se un tempo i segni stessi delle forme meritavano rispetto, oggi abbiamo prove più concrete rispetto alle antiche allegorie. Quel vestito del sacerdozio del passato era un ornamento per la nostra mente, e non è più il fulgore dell'oro o lo splendore delle gemme che rendono degno di lode il nostro sacerdozio, ma piuttosto lo splendore delle anime. Ciò che allora era ammirato dagli occhi carnali richiedeva una comprensione più profonda della sua essenza. Perciò ti preghiamo, o Signore, concedi a questo tuo servo, scelto per il ministero sacerdotale, questa grazia: che tutto ciò che quei veli simboleggiavano con l'oro scintillante, il luccichio delle gemme e la varietà di opere d'arte, risplenda anche nei suoi comportamenti e nelle sue azioni. Rendilo perfetto nel suo ministero, e santificalo con la rugiada celeste della santa unzione, adornato con tutti i gioielli della tua gloria.»
Terminata la predetta preghiera, uno degli assistenti cingeva la fronte dell'ordinando con un crismale[105] e si cantava l'inno Veni Creator Spiritus.[106] Mentre veniva intonato l'inno dal coro, terminato il primo verso, il vescovo consacratore si alzava, e, sedutosi sul faldistorio davanti l'altare e presa la mitra, deponeva l'anello vescovile e le chiroteche; ripreso l'anello, poneva sulle sue ginocchia un gremiale. Poi intingeva il pollice destro nel santo crisma e ungeva la testa dell'eletto, inginocchiato davanti a lui, formando il segno della croce e dicendo, frattanto, l'orazione:
«Ungatur, et consecratur caput tuum coelesti benedictione, in ordine Pontificali.»
«Il tuo capo sia unto e consacrato con la benedizione celeste, secondo l'ordine pontificale.»
Conclusa l'unzione del capo, il consacrante si asciugava il pollice con un po' di pangrattato, e finito l'inno del Veni Creator Spiritus, deposta la mitria, si alzava, e pregava secondo quanto previsto dal rituale:
«Hoc, Domine, copiose in caput ejus influat, hoc in oris subjecta decurrat; hoc in totius corporis extrema descendat, ut tui Spiritus virtus et interiora ejus repleat, et exteriora circumtegat. Abundet in eo constantia fidei, puritas dilectionis, sinceritas pacis. Sint speciosi munere tuo pedes ejus ad evangelizandum pacem, ad evangelizandum bona tua. Da ei, Domine, ministerium reconciliationis in verbo, et in factis, in virtute signorum et prodigiorum. Sit sermo ejus, et praedicatio, non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in ostensione spiritus et virtutis. Da ei, Domine, claves regni coelorum ut utatur, non glorietur potestate, quam tribuis in aedificationem, non in destructionem. Quodcumque ligaverit super terram, sit ligatum et in coelis, et quodcumque solverit super terram, sit solutum et in coelis. Quorum retinuerit peccata, retenta sint, et quorum remiserit, tu remittas. Qui maledixerit ei, sit ille maledictus, et qui benedixerit ei, benedictionibus repleatur. Sit fidelis servus, et prudens, quem constituas tu, Domine, super familiam tuam, ut det illis cibum in tempore opportuno, et exhibeat omnem hominem perfectum. Sit sollicitudine impiger, sit spiritu fervens, oderit superbiam, humilitatem ac veritatem diligat, neque eam umquam deserat, aut laudibus aut timore superatus. Non ponat lucem tenebras, nec tenebras lucem: non dicat malum bonum, nec bonum malum. Sit sapientibus et insipientibus debitor; ut fructum de profectu omnium consequatur. Tribuas ei, Domine, cathedram Episcopalem, ad regendum Ecclesiam tuam, et plebem sibi commissam. Sis ei auctoritas, sis ei potestas, sis ei firmitas. Multiplica super eum benedictionem et gratiam tuam: ut ad exorandam semper misericordiam tuam tuo munere idoneus et tua gratia possit esse devotus. Per Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit, et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.»
«Signore, che tutto questo scenda abbondantemente sul suo capo, che scorra su ciò che gli è sottostante e discenda fino alle estremità del suo corpo, affinché la potenza del tuo Spirito riempia il suo interiore e protegga il suo esteriore. Che abbondi in lui la costanza della fede, la purezza dell'amore, la sincerità della pace. Che i suoi piedi, con il tuo dono, siano belli per annunciare la pace e proclamare le tue buone notizie. Concedigli, Signore, il ministero della riconciliazione in parole e fatti, con il potere dei segni e dei prodigi. Che il suo discorso e la sua predicazione non siano con persuasivi discorsi di sapienza umana, ma con dimostrazione dello Spirito e della potenza. Concedigli, Signore, le chiavi del regno dei cieli affinché le usi senza vantarsi del potere che gli dai per edificare, non per distruggere. Qualsiasi cosa legherà sulla terra, sia legata anche nei cieli, e qualsiasi cosa scioglierà sulla terra, sia sciolta anche nei cieli. I peccati che tratterrà, siano trattenuti, e quelli che rimetterà, tu li rimetta. Chi lo maledirà, sia maledetto, e chi lo benedirà, sia riempito di benedizioni. Che sia un servo fedele e prudente, che tu, Signore, metti a capo della tua famiglia, affinché dia loro il cibo a tempo debito e renda ogni uomo perfetto. Che sia sollecito e diligente, fervente nello spirito, odi la superbia, ami l'umiltà e la verità, e non le abbandoni mai, né per lode né per paura. Non scambi la luce con le tenebre, né le tenebre con la luce: non chiami male il bene, né bene il male. Che sia debitore ai saggi e agli ignoranti; affinché ottenga frutto dal progresso di tutti. Concedigli, Signore, la cattedra episcopale per governare la tua Chiesa e il popolo a lui affidato. Sii per lui autorità, potere e fermezza. Moltiplica su di lui la tua benedizione e la tua grazia, affinché, sempre idoneo a invocare la tua misericordia grazie al tuo dono, possa essere devoto con la tua grazia. Per il Signore nostro Gesù Cristo figlio tuo, che vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.»
E il popolo rispondeva:
«Amen.»
Mentre veniva recitato il Salmo 132, un assistente legava le mani giunte dell'eletto al collo con un altro crismale.[107] Il consacratore, sedutosi, indossava nuovamente la mitra e ungeva con il crisma le mani giunte e legate al collo dell'ordinando, inginocchiato davanti a lui, recitando l'orazione appropriata:
«Ungantur manus istae de oleo sanctificato, et Chrismate sanctificationis, sicut unxit Samuel David Regem, et Prophetam, ita ungantur, et consecrentur. In nomine Dei Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, facientes imaginem sanctae crucis Salvatoris nostri Jesu Christi, qui nos a morte redemit, et ad regna coelorum perduxit. Exaudi nos, pie Pater omnipotens, aeterne Deus; et praesta, ut, quod te rogamus, exoremus. Per eumdem Christum Dominum nostrum. Amen.
Deus, et Pater Domini nostri Jesu Christi, qui te ad Pontificatus sublimari voluit dignitatem, ipse te Chrismate, et mysticae delibutionis liquore perfundat, et spiritualis benedictionis ubertate foecundet; quidquid benedixeris, benedicatur; et quidquid sanctificaveris, sanctificetur; et consecratae manus istius, vel pollicis impositio cunctis proficiat ad salutem. Amen.»
«Siano unte queste mani con l'olio santificato e il Crisma della santificazione, come Samuele unse Davide, Re e Profeta; così siano unte e consacrate. Nel nome di Dio Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo, facendo l'immagine della santa croce del nostro Salvatore Gesù Cristo, che ci ha redenti dalla morte e ci ha condotti al regno dei cieli. Ascoltaci, o clemente Padre onnipotente, eterno Dio; e concedici che possiamo ottenere ciò che chiediamo. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.
Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ha voluto elevarti alla dignità dell'episcopato, ti unga con il Crisma e il liquore della mistica unzione, e ti fecondi con l'abbondanza della benedizione spirituale; che tutto ciò che benedirai, sia benedetto; e tutto ciò che santificherai, sia santificato; e che l'imposizione di queste mani consacrate, o del pollice, porti salvezza a tutti. Amen.»
Seguiva la consegna del pastorale e dell'anello episcopale, i quali, prima di essere consegnati, venivano benedetti sul momento per aspersione, se già non lo erano stati, dallo stesso vescovo consacrante. Poi il consacratore prendeva il libro dei Vangeli dalle spalle del consacrato e lo porgeva chiuso a quest'ultimo, il quale lo toccava senza disgiungere le mani. Infine, consacratore e consacrato si scambiavano il bacio della pace; imitavano il gesto gli assistenti.[108]
In seguito il neoconsacrato, accompagnato dai suoi assistenti, tornava nella sua cappella, dove gli veniva pulito il capo e si lavava le mani. Egli procedeva la messa nella cappella minore fino all'Offertorio, così come anche il consacratore nella cappella maggiore. Terminato l'Offertorio, il vescovo consacrante sedeva sul faldistorio dando le spalle all'altare e, intanto, essendo uscito il neoconsacrato dalla sua cappella, quest'ultimo offriva al consacratore due ceri accesi, due pani e due contenitori pieni di vino, e riverentemente baciava la mano del consacratore. Dopo aver fatto le abluzioni, il vescovo consacrante si avvicinava all'altare, mentre il neoconsacrato si avvicinava al lato destro del medesimo altare, e stando lì tra i vescovi (o i presbiteri) che lo assistevano, avendo davanti a sé il suo Messale, recitava insieme col consacratore tutte le orazioni prescritte e faceva tutto come specificato nel Messale. Per la consacrazione eucaristica venivano preparate due ostie, una per il consacratore e una per il consacrato, e il vino sufficiente per entrambi. Dopo la consacrazione del pane e del vino, tutti ricevono la comunione.[109]
Dopo essersi comunicati, il consacratore, dando le spalle all'altare, benediceva, se già non era stato fatto prima, la mitra e poi le chiroteche e, sedutosi sul faldistorio, consegnava al neoconsacrato prima l‘una e poi le altre. Al termine dei riti di consegna, il consacratore invitava il consacrato a sedere sul faldistorio o su altro seggio appositamente preparato, oppure nella cattedra episcopale qualora ne avesse dovuto prendere possesso; il consacratore gli porgeva il pastorale e veniva cantato l'inno Te Deum, durante il quale il neovescovo, alzatosi dalla sua sede e assistito dagli assistenti, percorreva le navate della chiesa benedicendo i presenti. Terminato il Te Deum, il consacratore, stando senza mitra di fronte il faldistorio oppure alla destra del consacrato, recitava l'orazione prevista dal Pontificale. Dopo l'orazione il consacrato si alzava, e avvicinandosi con la mitra e il pastorale davanti al centro dell'altare, benediceva tutti secondo la formula propria del Pontificale. Dopo la benedizione, il consacrato si inginocchiava tre volte davanti il consacratore dicendo ad ogni genuflessione "Ad multos annos", ovvero "Per molti anni ancora" e scambiava il segno della pace col consacratore e i ministri. Consacratore e consacrato leggevano il Vangelo e, al termine della lettura, la cerimonia si concludeva con la processione finale.[110]
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