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studente italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'omicidio di Carlo Falvella avvenne a Salerno il 7 luglio 1972; all'epoca studente di filosofia all'Università degli Studi di Salerno e vicepresidente del FUAN di Salerno, organizzazione universitaria del MSI. Carlo Falvella, aggredito e ucciso da un fendente all'aorta da parte di Giovanni Marini che camminava sul lungomare con Mastrogiovanni.
Di padre liberal-tradizionalista e cattolico, Carlo Falvella si iscrisse alla facoltà di filosofia. Il giovane aveva gravi problemi alla vista che, secondo i medici, gli avrebbero comportato entro i trent'anni la completa cecità[1]. Scherzando sulla propria malattia era solito dire ai genitori "Ho scelto Filosofia, perché potrei comunque continuare a insegnarla anche senza dover scrivere. Ma devo far presto a laurearmi. Devo assolutamente riuscirci prima di diventare cieco"[2]. Nel 1971 aderì al FUAN, l'organizzazione universitaria del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, in un periodo politicamente teso per via dei frequenti contrasti tra militanti di destra e di sinistra. La passione per la politica gli giungeva da sua madre, missina convinta.
Il 7 luglio 1972, sul lungomare Trieste di Salerno, verso le 19.30, insieme a Giovanni Alfinito (altro iscritto al FUAN) ebbero un primo diverbio con il trentatreenne Giovanni Marini e con il suo amico Gennaro Scariati, entrambi aderenti ai gruppi anarchici, con cui si erano casualmente incrociati. Scariati raccontò poi alla polizia di aver evitato il degenerare della situazione portando via l'amico[3]. Circa due ore dopo, in via Velia, si ripeté il diverbio, ma ai due anarchici si era aggiunto Francesco Mastrogiovanni. Marini nel frattempo si era recato a casa e si era armato di un coltello[4]. Giovanni Alfinito nella deposizione resa l'8 luglio 1972:
«Mentre percorrevamo via Velia, per rincasare, all'altezza di uno spiazzo che si trova sulla destra, io e Carlo abbiamo notato il gruppo avversario al quale si era aggiunto anche un terzo che conoscevamo già di vista, di tendenza anarchica o di estrema sinistra. Nell'incrociarci c'è stato uno scambio di sguardi piuttosto insistente, tanto che quando ci hanno superato ci siamo girati per guardarci vicendevolmente. Eravamo distanti dieci-quindici metri quando il terzo, il più alto dei tre, il capellone, il terzo dei feriti che mi dite chiamarsi Mastrogiovanni, si è portato verso di noi. È iniziata una discussione alquanto vivace, Mastrogiovanni ha iniziato con il dire: "Andate via!". Improvvisamente mi ha dato uno spintone. Ho resistito, la discussione tra noi è continuata. A quel punto ho visto sopraggiungere il Marino (Marini, ndr) armato di coltello, che brandiva nella mano destra, e gridava una frase che non ho ben compreso, ma che voleva significare:"Mi sono scocciato!". Mi ha vibrato una coltellata al basso ventre che io per caso sono riuscito ad evitare in parte....Ho visto Marino vibrare qualche coltellata all'indirizzo di Falvella, il quale riusciva a parare i colpi difendendosi. Durante questa colluttazione però è caduto, mentre Marino continuava a colpire. Il Falvella si è rialzato ed è riuscito a disarmarlo.»
Dopo lo scontro i tre anarchici fuggirono rendendosi irreperibili, ma Marini la sera stessa si costituì ai carabinieri e rilasciò il 9 luglio 1972 nel corso dell'interrogatorio la seguente ammissione:
«Mentre vedevo il Mastrogiovanni fermo vicino a una macchina, in stato di choc, in quanto lo so emotivo, e Gennaro (Scariati, ndr) fermo a poca distanza, nel difendermi dallo sconosciuto fascista che mi dava calci e pugni e il suo amico, l'Alfinito, che colpiva Mastrogiovanni...io ho estratto un coltello che avevo in tasca e rivolto ai due, impugnando l'arma, ma senza colpire, ho detto :"Andate via!" Poiché gli stessi continuavano nell'atteggiamento innanzi descritto mi sono diretto verso l'Alfinito, che poco distante colpiva il Mastrogiovanni: ho cominciato a colpirlo con il coltello. Subito dopo, mentre l'altro giovane fascista mi veniva incontro disarmato - dico meglio con un pezzo di ferro in mano - l'ho colpito non ricordo con quanti colpi. Il giovane è rimasto all'inpiedi mentre io, buttato il coltello a terra, sono scappato nei vicoli di Salerno.»
Giovanni Alfinito, pur ferito, riuscì a far fermare una vettura e a far portare l'amico in ospedale presso il pronto soccorso dove morì nel corso dell'operazione.
L'8 luglio la federazione salernitana del PCI guidata da Giuseppe Amarante espresse il proprio sdegno, non mancando tuttavia di sottolineare il proprio allarme nei confronti delle "violenze fasciste". Relativamente all'omicidio scrisse:«La federazione comunista salernitana esprime il proprio profondo cordoglio per la giovane vita stroncata e lo sdegno e la condanna più netta per il ricorso alla violenza».[7] Lotta Continua, in controtendenza alla dichiarazione della sinistra ufficiale, scrisse che «Le provocazioni fasciste ci sono, e crescono, e il problema concreto urgente che pongono è quello della risposta militante che, cinquant'anni fa come oggi, rappresenta l'unica possibilità per proletari e compagni».[senza fonte]
L'11 luglio, quattro giorni dopo la morte di Falvella, il Secolo d'Italia, organo ufficiale del Movimento Sociale Italiano, pubblicò in prima pagina il titolo: "Un altro martire per la gioventù d'Italia. Dopo Ugo Venturini il sacrificio di Carlo Falvella", definendo l'aggressione dell'estrema sinistra un "barbaro omicidio".
Il 14 luglio 1972 il ministro dell'interno, Mariano Rumor, riferì alla Camera dei deputati circa gli avvenimenti individuando nei tre giovani di area anarchica gli aggressori e in particolare in Marini il possessore del coltello a serramanico con cui fu colpito all'aorta Falvella.[8]. Versione che verrà rifiutata dall'estrema sinistra.
Il PSI, invece, in netta controtendenza al PCI non espresse rammarico per la morte di Falvella.[9]
Dal 2014 è attivo un comitato[10], intestato allo stesso Falvella, che si occupa di organizzare iniziative in vista dell'anniversario della sua morte.
Poco dopo l'omicidio e la confessione di Marini, Soccorso Rosso Militante organizzò una campagna tesa a dimostrare l'innocenza di Marini[11] e nel 1974, nel corso del processo, pubblicò un pamphlet intitolato "Il caso Marini" nel quale si illustrava una posizione di difesa nei confronti dell'anarchico.[7] Parteciparono alla stesura del documento Pio Baldelli, Lanfranco Binni, Marco Boato, Sandro Canestrini, Dario Fo, Giambattista Lazagna, Roberto Matta, Franca Rame, Giulio Savelli, Giuliano Spazzali e Pietro Valpreda.[12] Soccorso Rosso propose una ricostruzione dei fatti in cui Falvella e Alfinito, oltre ad essere accompagnati da un'altra decina di fascisti, sarebbero stati anche armati di coltello.
«Contemporaneamente arriva di corsa un gruppo di una decina di fascisti, fra i quali Falvella e Alfinito che si precipita addosso a Mastrogiovanni, a Marini e a Scariati. I fascisti sono armati di coltello. Mastrogiovanni viene colpito ad una coscia, Marini si precipita a difenderlo. Nel corso dello scontro una coltellata di striscio colpisce il fascista Falvella al petto, all'altezza dell'aorta. Anche Marini viene ferito ad un braccio. La reazione dei tre compagni mette fine all'aggressione.»
Sempre nel 1974 il "Comitato Anarchico G.Marini" di Firenze fece pubblicare un altro libro inchiesta dal titolo "Se scampi ai fascisti ci pensa lo Stato".
Lo stesso giugno l'avvocato Giacomo Mele, esponente missino di rilievo[11] che rappresentava la famiglia Falvella, fece stampare in risposta al pamphlet preparato da Soccorso Rosso un altro documento intitolato: "Marini, una marionetta del sistema".
Nel 1975 Marini venne condannato a dodici anni per omicidio preterintenzionale aggravato e concorso in rissa[14]. In appello la condanna venne ridotta a nove anni, sette dei quali effettivamente scontati. Alfinito, Mastrogiovanni e Scariati vennero invece assolti dall'accusa di rissa.[7]
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