Narciso (Caravaggio)
dipinto di Caravaggio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Narciso è un dipinto a olio su tela (112x92) per primo attribuito a Caravaggio dallo storico dell'arte Roberto Longhi, sebbene un dibattito ne abbia proposto l'attribuzione a pittori quali lo Spadarino, Orazio Gentileschi, Niccolò Tornioli e altri. Fu dipinto all'incirca tra il 1597 e il 1599[1].
Narciso | |
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Autore | Michelangelo Merisi da Caravaggio |
Data | 1597-1599 |
Tecnica | olio su tela |
Dimensioni | 112×92 cm |
Ubicazione | Galleria Nazionale d'Arte Antica - Palazzo Barberini, Roma |
È conservato nella Galleria Nazionale d'Arte Antica presso Palazzo Barberini a Roma.
La trasfigurazione di un episodio della mitologia in epoca moderna, e la spontaneità della postura e dell'espressione di Narciso, che sono sicuramente tematiche vicine all'opera del pittore, fanno propendere per l'autografia del dipinto[2].
Descrizione e stile
Riepilogo
Prospettiva
Il formato verticale della tela concede a Caravaggio di dare vita a una figura quasi perfettamente doppia. Le braccia disposte ad arco di Narciso seguono l'andamento della tela, e dal suo profilo chino si suggerisce lo sguardo anelante e sofferente[3]. Come segnalato da Rossella Vodret che riprende un'indicazione di Mario Docci, Caravaggio non dipinge un'immagine vista da un pittore fuori scena, bensì un'immagine che guarda sé stessa riflessa nello specchio d'acqua[4].
Il soggetto del dipinto è Narciso (la fonte classica di riferimento è le Metamorfosi di Ovidio, Libro III, vv. 339-510, cui vanno aggiunti i diffusi volgarizzamenti rinascimentali e le mitografie di fine Cinquecento)[5], ritratto mentre si specchia nell'acqua di una fonte (nelle Metamorfosi Ovidio parla di un luogo chiuso e molto ombroso da essere quasi buio) cercando un contatto fisico con il suo riflesso, di cui il fanciullo si è infatuato credendolo reale. In particolare, qui l'artista dipinge il momento che precede la scoperta dell'inganno: infatti, l'immagine che Narciso vedeva nella pozza d'acqua altro non era che la proiezione di sé stesso. Diverse interpretazioni sono state date: "Allegoria della vista", come nell'interpretazione di Fagiolo dell'Arco[6], oppure come "Allegoria della conoscenza di Dio attraverso la conoscenza di sé stessi"[7], o anche "Allegoria dei rapporti fra uomo e natura", proposta da Maurizio Marini[8]. La particolarità della raffigurazione è quella "a carta da gioco", in cui a un'immagine superiore ritta ne corrisponde una identica inferiore ma inversa; questo effetto di sdoppiamento a specchio è curato da Caravaggio in modo molto accurato, al punto che le pieghe delle maniche della camicia sono raffigurate nel loro esatto rovesciamento, come fossero viste da dentro la fonte verso l'esterno nell’immagine reale del ragazzo.
Nonostante tutti questi eccezionali aspetti compositivi e il fatto che da questa tela derivino, sembra, direttamente raffigurazioni analoghe del Domenichino a Palazzo Farnese nel 1604 (ancora vivo Caravaggio) e del Regno di Flora (1631) di Nicolas Poussin, l'attribuzione allo Spadarino è ancora molto resistente, anche dopo le considerevoli precisazioni di Rossella Voudret, che ha sottolineato come nel Narciso non sia dominante quella consistenza "compatta e solida" che troviamo nello Spadarino, bensì vi sia un ben altro aspetto luminoso e vibrante.[9]
Il dipinto si fa collocare durante il soggiorno del pittore nel palazzo Madama abitato da Francesco Maria Del Monte, nel periodo (la datazione proposta è fra il 1597 e il 1599)[10] in cui a fonti d'ispirazione tratte dalla vita quotidiana della Roma di fine Cinquecento, subentrano sempre di più allusioni tematiche legate alla mitologia classica, preludio alla raffigurazione di storia di poco posteriore.
Da un punto di vista prettamente stilistico, il dipinto rimanda alla pittura lombarda, bresciana per la precisione.
L'autore ha escluso temi come i pastori, la vendetta della ninfa Eco respinta o gli attrezzi da caccia di Narciso, presenti in altre rappresentazioni dello stesso soggetto iconografico.[11]


Note
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