Museo dell'aeronautica Gianni Caproni
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Il Museo dell'aeronautica Gianni Caproni, fondato nel 1927 come Museo Caproni dall'ingegnere aeronautico e pioniere dell'aviazione italiano Gianni Caproni e dalla sua consorte Timina Guasti Caproni, è il più antico museo italiano interamente dedicato al tema dell'aviazione[1][2] e il più antico museo aziendale a livello nazionale.[3]
Museo dell'aeronautica Gianni Caproni | |
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Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Trento |
Indirizzo | Via Lidorno 3 e Via Lidorno 3, 38123 Trento |
Coordinate | 46°01′13.71″N 11°07′36.59″E |
Caratteristiche | |
Tipo | Museo aeronautico |
Intitolato a | Giovanni Battista Caproni |
Istituzione | 1927 |
Fondatori | Gianni Caproni e Timina Guasti |
Apertura | 1927 |
Direttore | Giuseppe Ferrandi |
Visitatori | 18 000 (2022) |
Sito web | |
La prima sede del museo fu Taliedo, in provincia di Milano; gli aeromobili della collezione vennero trasferiti a Venegono Superiore alla fine della seconda guerra mondiale e l'esposizione riaprì a Vizzola Ticino negli anni sessanta. Il museo ha assunto la sua collocazione definitiva alla fine degli anni ottanta: la sede attuale,[4] collocata circa 5 chilometri a sud di Trento, accanto all'aeroporto di Trento-Mattarello (anch'esso intitolato a Caproni), è stata inaugurata il 3 ottobre 1992.[1][3] Il museo fa parte della Rete Trentino Grande Guerra[5].
Giovanni Battista Caproni, citato più spesso come Gianni Caproni (Arco 1886 – Roma 1957)[6] era un ingegnere civile ed elettrotecnico trentino che, dopo aver sperimentato diversi aeroplani pionieristici di sua concezione tra il 1910 e il 1913,[7] era divenuto nel corso del primo conflitto mondiale uno dei principali punti di riferimento per l'industria aeronautica militare alleata – specialmente per quanto riguardava i grandi plurimotori da bombardamento.[8][9] Se piccoli velivoli monomotori come il Caproni Ca.1, il Caproni Ca.6 e il Caproni Ca.12 costituirono delle pietre miliari dello sviluppo dell'aviazione italiana nel periodo prebellico,[10] i trimotori da bombardamento Caproni Ca.32, Ca.33, Ca.36 e Ca.40 rappresentarono alcune delle realizzazioni più notevoli dell'epoca nel campo dei bombardieri pesanti; le modalità del loro impiego ebbero influenze importanti nel dopoguerra, quando le teorie di Giulio Douhet sul ruolo militare del bombardamento strategico suscitarono vivaci dibattiti.[9][11]
Dopo la fine delle ostilità l'azienda aeronautica Caproni, pur ben avviata, si trovò a dover ripiegare sul mercato civile per far fronte al venir meno delle commesse militari. Oltre ad adattare al ruolo di aerei di linea e da trasporto alcuni modelli di grandi bombardieri, nel corso degli anni venti la ditta (che in questo periodo aveva sede a Taliedo, presso Milano) si dedicò anche allo sviluppo di nuovi velivoli, spesso di enormi dimensioni, progettati appositamente come trasporti passeggeri (si ricordano in particolare i Caproni Ca.48, Ca.59 e Ca.60 Transaereo, quest'ultimo sperimentato senza successo).[12]
Al talento ingegneristico Gianni Caproni affiancava un'acuta consapevolezza dell'importanza di preservare e divulgare il patrimonio di informazioni storiche sulla nascita e sullo sviluppo dell'aviazione italiana in generale e dell'azienda Caproni in particolare.[13] Di vedute simili era anche la sua consorte, Timina Guasti, ed entrambi i coniugi avevano inoltre una spiccata sensibilità artistica che li portò spesso ad assumere il ruolo di veri e propri mecenati nei confronti di artisti più o meno famosi.[14] I due coniugi diedero vita a quello che è stato definito un «progetto culturale» che unì l'interesse per la storia della scienza e della tecnologia aeronautica a quello per il collezionismo e per la storia dell'arte; verso la fine degli anni venti, poi, essi decisero di esporre in un museo tutto il materiale che avevano raccolto.[14] Michele Lanzinger, direttore del Museo tridentino di scienze naturali di Trento – alla cui rete di musei scientifici il Museo Caproni fa capo dal 1999[15] – ha detto a proposito delle origini del museo:[14]
«Mentre il progettista e costruttore radunava – salvandoli da sicura distruzione – i velivoli più significativi da lui prodotti, fra i quali si annoverano oggi diversi pezzi unici al mondo, la consorte andava collezionando documenti, cimeli storici e soprattutto opere d'arte legate al volo.»
Il Museo Caproni venne fondato nel 1927, con sede a Taliedo, per intervento congiunto di Gianni e di Timina Guasti Caproni; si trattava del primo museo italiano dedicato interamente all'aviazione, nonché del primo museo aziendale italiano.[1][3][16]
Se lo scopo era inizialmente quello di conservare il patrimonio storico legato all'azienda aeronautica Caproni, ben presto il campo di interesse dell'istituzione si allargò a ogni aspetto della storia dell'aviazione, e a tutte le sfaccettature della storia dell'arte e di altre discipline che intersecavano argomenti legati al volo.[1]
Tra il giugno e l'ottobre 1934 si tenne a Milano l'Esposizione dell'Aeronautica Italiana, organizzata da un "Direttorio ordinatore" di cui facevano parte Francesco Cutry (un colonnello della Regia Aeronautica), Carlo A. Felice (della Triennale di Milano) e Giuseppe Pagano (un architetto istriano). All'organizzazione della mostra collaborò anche Gianni Caproni;[3][17] egli inviò quattro aerei di sua concezione e costruzione, che vennero effettivamente esposti nel padiglione dell'esibizione presso il Palazzo dell'Arte: si trattava del biplano pionieristico Ca.1, il primo velivolo realizzato dall'ingegnere trentino, del Ca.6, un biplano caratterizzato dalle ali a doppia curvatura, di un ricognitore militare monoplano Ca.18 e di un grande bombardiere biplano Ca.36M.[3][17]
La mostra, caratterizzata anche da un allestimento piuttosto spettacolare, studiato da artisti tra i più importanti della scena italiana dell'epoca,[13] ebbe grande successo; tanto che alla sua conclusione Benito Mussolini diede ordine che il Museo storico dell'Accademia Aeronautica (il museo ufficiale della Regia Aeronautica italiana, che aveva sede nella Reggia di Caserta, presso l'Accademia)[3] venisse trasferito dalla sua sede vanvitelliana a Milano, dove avrebbe dovuto fondersi con il Museo Caproni e confluire in un Museo nazionale aeronautico.[18]
Questo progetto tuttavia non andò in porto e così il Museo Caproni, che rimaneva la principale istituzione del suo genere in Italia, iniziò a evolversi nella direzione di un «museo generale dell'aviazione», il quale avrebbe dovuto raccogliere materiale aeronautico di carattere sia militare che civile proveniente da tutti i luoghi geografici e da tutte le epoche, facendosi carico della sua preservazione ed esposizione.[13][17] A queste attività si aggiunse il ruolo editoriale che il museo Caproni ricoprì negli anni trenta con la pubblicazione di volumi come Gli aeroplani Caproni. Studi, progetti, realizzazioni 1908-1935, Francesco Zambeccari aeronauta, L'aeronautica italiana nell'immagine 1487-1875.[19]
Il museo conservò, fino a dopo l'inizio della seconda guerra mondiale, la sua collocazione milanese presso le officine della ditta a Taliedo; tuttavia, mentre fino alla metà degli anni trenta i materiali erano rimasti accumulati nelle officine stesse, in condizioni espositive piuttosto cattive, dopo il 1935 si rese necessario un padiglione museale permanente e costruito appositamente, adeguato ad ospitare una collezione della vastità e dell'importanza raggiunta dal Museo Caproni.[3] Venne adattato a questo scopo un grande hangar dell'aeroporto di Taliedo, sempre presso la fabbrica di aeroplani Caproni, all'interno del quale nel 1940 trovavano posto:[3][20]
A questi aeromobili, o parti di aeromobili, si aggiungeva una quantità di modellini, motori, eliche, opere d'arte e altri reperti che le fonti non sono in grado di quantificare.[3][20]
A causa della guerra, a partire dal 1942 fu necessario allontanare da Milano parte del materiale e decentrare alcuni dei velivoli nel tentativo di proteggerli. Nonostante le precauzioni che vennero prese, tuttavia, alcuni pezzi andarono distrutti (fu questa la sorte dell'unico esemplare esistente del grande bombardiere triplano Ca.42) o vennero persi (come accadde al CNA Eta e alle fusoliere del Macchi-Nieuport 29 e del Roland VIb).[3][20] La maggior parte dei reperti conservati nei tre nuclei principali del museo, della biblioteca aeronautica e dell'archivio comunque si salvarono.[21]
I velivoli del Museo Caproni vennero riuniti dopo la fine della guerra a Venegono Superiore, in provincia di Varese; la componente documentaria dell'istituzione, in questo periodo, si trovava invece a Roma. Pur essendo privo di una struttura museale che consentisse di tenere aperta al pubblico l'esposizione, il Museo Caproni rimase un'istituzione importante per la conservazione della storia dell'aviazione e continuò a partecipare a importanti eventi aeronautici e ad acquisire nuovi materiali che andavano ad arricchire la sua collezione. L'attività del museo, tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta, fu legata in gran parte alla figura della fondatrice, Timina Caproni.[3][19]
Negli anni sessanta finalmente una nuova sede espositiva venne aperta presso la vecchia fabbrica Caproni di Vizzola Ticino, sempre in provincia di Varese (poco lontano da dove venne poi costruito l'aeroporto di Milano-Malpensa).[3][19] Il museo venne nuovamente aperto al pubblico e continuò ad acquisire nuovi aeromobili: il fatto che, accanto agli edifici che ospitavano le collezioni, vi fosse una pista d'atterraggio in erba lunga 600 metri consentì ad alcuni aerei che vennero donati al museo di giungervi in volo, autonomamente, concludendo idealmente la loro carriera operativa e garantendo le migliori condizioni di conservazione possibili al momento di assumere la loro collocazione definitiva. Così avvenne per aerei come l'Avia FL.3 e il Macchi MB.308 tuttora[4] appartenenti al museo.[3]
Altri degli aerei del Museo Caproni subirono in questo periodo interventi conservativi importanti, mentre i velivoli in condizioni migliori vennero rimontati ed esposti nei suggestivi ambienti dei capannoni originali della prima guerra mondiale.[3] Altri velivoli rimasero immagazzinati presso la villa della famiglia Caproni a Venegono Superiore.[22] Con la morte dei fondatori (Gianni Caproni scomparve nel 1957, Timina nel 1991) i loro figli Giovanni e Maria Fede subentrarono nella gestione del museo e il loro lavoro consentì all'istituzione di conservare la sua posizione a livello nazionale e internazionale, arricchendo costantemente le collezioni con nuove acquisizioni.[3]
Negli anni ottanta però, in concomitanza con il declino economico della ditta di costruzioni aeronautiche fondata da Gianni Caproni, anche il museo di Vizzola Ticino dovette chiudere.[13] Grazie anche all'intervento di Martino Aichner, pilota italiano medaglia d'oro al valor militare durante la seconda guerra mondiale,[19] nell'agosto 1988 la famiglia Caproni riuscì a stipulare un accordo con la provincia autonoma di Trento in base al quale quest'ultima si assumeva la responsabilità di restaurare la collezione e di costruire presso l'aeroporto di Trento-Mattarello una struttura espositiva dedicata al pioniere dell'aviazione italiano, con il nome di Museo dell'Aeronautica Gianni Caproni.[3][19]
Nell'aprile 1989 prese avvio, presso la ditta Masterfly di Rovereto, il restauro degli aeromobili storici del museo e il 2 dicembre dello stesso anno ebbe inizio la costruzione dei padiglioni museali adiacenti alle strutture dell'aeroporto.[19] L'edificio principale della nuova sede venne inaugurato il 3 ottobre 1992.[1]
La nuova struttura è caratterizzata da uno spazio espositivo di 1 400 metri quadrati, che nella configurazione iniziale ospitava 17 aeroplani conservati in condizioni di umidità e temperatura controllate.[19][23]
Nella primavera del 1999 il museo è diventato una "sezione territoriale" del Museo tridentino di scienze naturali, il quale a sua volta dipende dalla Provincia autonoma di Trento.[1]
Nell'aprile 2011 accanto al grande spazio espositivo originale è stato aperto un nuovo hangar (adiacente al lato settentrionale del salone principale) che ha consentito di riorganizzare la disposizione degli aeromobili già presenti nel museo e di esporre provvisoriamente alcuni degli aerei che precedentemente erano conservati in magazzino.
All'apertura del nuovo hangar di cui sopra, avvenuta in occasione dell'evento "La sfida del volo", un Ansaldo A.1 Balilla, il Caproni Ca.53 e alcune parti del Caproni Ca.60 sono stati trasferiti dal magazzino del museo a nord della città di Trento e collocati nel salone principale, entrando a far parte dell'esposizione permanente; un Agusta Bell AB 47G, un Manzolini Libellula II e un North American T-6 Texan sono stati aggiunti al nucleo originale della collezione trovando posto nel nuovo hangar, insieme a un Bücker Bü 131, al Caproni Ca.193, a un Macchi MB.308 e a un Saiman 202M che fino ad allora erano stati nello spazio espositivo principale del museo. Il nuovo hangar, che ha rappresentato il primo aumento della superficie espositiva del museo dopo il 1992, ha costituito comunque una tappa intermedia e provvisoria, come una sorta di anteprima, in vista di un ampliamento più consistente e più stabile. Nell'autunno del 2011 infatti esso è stato nuovamente chiuso in vista di ulteriori lavori.[24] Nel luglio 2019 la gestione del museo è passata sotto la direzione della Fondazione del Museo storico del Trentino.[25]
A metà del 2011, la collezione del museo comprendeva:[26]
Ad essi si aggiunge un Lockheed F-104G Starfighter collocato all'aperto, all'ingresso del museo e dell'aeroporto, che fa da gate guardian[26] e che è dedicato alla memoria del generale dell'Aeronautica Militare Licio Giorgieri.
A partire da quando il museo ha assunto la sua collocazione definitiva, una nuova importanza è stata attribuita allo status di beni culturali che i velivoli storici esposti meritano di vedersi riconoscere.[13] Le successive fasi del recupero dei nuovi aeromobili dal magazzino del museo per ampliare l'esposizione estendendola al secondo hangar sono avvenute in collaborazione con enti come l'Assessorato alla Cultura della Provincia autonoma di Trento, la Soprintendenza per i beni storico-artistici e la Soprintendenza per i beni librari, archivistici ed archeologici e hanno risposto a esigenze di rispetto della fisionomia originale dei pezzi con la massima attenzione per la ricostruzione filologica della loro storia e la tutela della loro conservazione in accordo con i più avanzati principi legati alle scienze del restauro dei beni culturali.[13][24]
Oltre ai velivoli, in molti casi conservati integri e, in alcuni, esposti smontati o sopravvissuti solo in parte, all'interno del museo sono presenti diversi reperti storici tra cui motori, eliche, strumenti e componenti vari di aeroplani e di aeromobili di diverso tipo, documenti, medaglie, modelli, fotografie, cimeli, oggetti personali. Il loro numero è difficilmente quantificabile, e non è possibile fornirne un elenco completo.[61] Tra i più notevoli tuttavia si possono ricordare: il motore Piaggio P.XI il quale equipaggiava il Caproni Ca.161bis che nel 1938 stabilì un record d'altitudine per biplani a pistoni tuttora imbattuto;[62] un frammento del Blériot XI con cui nel 1910 Geo Chávez fu il primo a compiere una trasvolata delle Alpi; una centina alare di un biplano Wright risalente all'inizio del Novecento; il serbatoio di un Supermarine Spitfire precipitato durante la seconda guerra mondiale.
Il museo ospita anche, in due locali distinti, una ricostruzione dello studio di progettazione dell'ingegner Caproni e la riproduzione di un'officina per la costruzione di eliche degli anni venti.[1]
Durante il periodo dei suoi studi a Monaco di Baviera, a Liegi e a Parigi Gianni Caproni sviluppò un profondo interesse per le arti figurative. Dopo essersi dedicato lui stesso alla pittura e alla scultura per un certo periodo (anteriormente al 1910), scelse di fare dell'aviazione la sua attività principale; tuttavia non perse la sensibilità artistica che aveva ormai acquisito grazie alle influenze delle secessioni mitteleuropee e delle avanguardie storiche.[64]
Divenne amico di diversi artisti e, man mano che la sua situazione economica si faceva più solida con l'affermarsi della sua azienda di costruzioni aeronautiche, diventò loro sostenitore e committente assumendo spesso un ruolo da vero e proprio mecenate. Così accadde con Luigi Bonazza che, assunto come disegnatore tecnico nel 1915, seppe poi coniugare il decorativismo Jugendstil con temi naturalistici e con soggetti e forme tipiche del disegno industriale.[65]
Negli anni dieci Caproni entrò in contatto con altri artisti, con i quali spesso strinse rapporti personali di amicizia; alla sua attività si affiancò la sensibilità di sua moglie, Timina, e l'attenzione del collezionismo e mecenatismo della famiglia Caproni si spostò dal semplice naturalismo alle nuove forme espressive della corrente futurista, con la sua passione per l'azione e la velocità – che ben si adattava a celebrare il volo.[67] Da allora, e in modo particolare con il secondo futurismo e con l'aeropittura, la Collezione Caproni andò arricchendosi di numerosi lavori importanti, frutto della collaborazione dell'industriale trentino e di sua moglie con artisti come Fortunato Depero, Alfredo Ambrosi, Emilio Monti e altri.[68] La famiglia entrò così in possesso di opere di artisti tra i quali si ricordano Giacomo Balla, Tato, Fillia, Corrado Cagli, Benedetta Cappa, Amerigo Contini, Tullio Crali, Gerardo Dottori, Mario Sironi.[69]
Molte delle opere più significative sono giunte a Trento, quando il Museo dell'Aeronautica Gianni Caproni ha acquisito la sua collocazione definitiva, per volontà di Maria Fede Caproni, figlia di Gianni e Timina. Alcune hanno trovato posto negli stessi ambienti dove sono esposti gli aeromobili («ricostruendo l'unità del progetto culturale avviato da Gianni e Timina Caproni»)[14] mentre tutte le principali sono state riunite nel 2007-2008 in occasione della mostra La Collezione Caproni, tenutasi presso la Galleria civica G. Segantini di Arco.[70]
Il museo organizza anche, periodicamente, mostre temporanee legate a diversi aspetti della storia dell'aviazione; alcune di esse hanno riguardato l'arte,[71] la simulazione del volo,[72] la fotografia,[73] piuttosto che il volo nel suo aspetto generale[74] o la storia e le caratteristiche di un velivolo in particolare, come il Caproni Ca.1[75] o il Caproni Ca.100.[76]
Del Museo dell'Aeronautica Gianni Caproni fa parte anche una ricca biblioteca specializzata, con un'importante raccolta di testi sulla storia dell'aviazione.[61][77]
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