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Melqart di Sciacca
Statuetta bronzea punica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il cosiddetto Melqart di Sciacca o di Selinunte è una statuetta bronzea rinvenuta nel gennaio 1955 nel tratto di mare compreso tra Selinunte e Capo San Marco, presso Sciacca, sulla costa sud-occidentale della Sicilia. Si trova al museo archeologico regionale Antonio Salinas di Palermo e per un breve periodo sarà al museo del mare di sciacca[1]; alto 38 cm, la datazione oscilla in un vasto periodo compreso tra il XIII e il IX sec. a.C. ed è ancora oggetto di dibattito[2].
La statua raffigura una divinità cananea che gli studiosi hanno identificato solo inizialmente in Melqart e successivamente in una forma di Ba'al o Hadad[3][4]. Il Museo Salinas suggerisce un'ulteriore connessione con Reshef[5][6], dio mediterraneo fondamentale nel periodo hyksos dell'Antico Egitto. Il soggetto si colloca nel filone delle antiche divinità del cielo mesopotamiche (il già citato Hadad o il Teshup degli Hurriti)[7] e delle successive derivazioni di matrice siro-anatolica (Ba'al cananeo, Zeus ellenico, Giove Dolicheno latino).
Risalta la somiglianza con il celebre Ba'al di Ugarit (XIV sec. a.C.) conservato al Louvre e con una moltitudine di rappresentazioni affini. Il copricapo conico con protuberanza a bottone lo accomuna nel tratto distintivo all'Osiride egizio[8]. La posizione minacciosa e ammonitrice del braccio destro, ampiamente riscontrabile nella produzione artistica delle civiltà del tempo[9], è spesso di sostegno a fulmini, scettri, oggetti o armi (asce[10], mazze, clave) che ne attestano la potenza di dio atmosferico, degli uragani e delle tempeste[11][12]. Lo spazio vuoto nelle mani del bronzetto di Sciacca suggerisce un esito analogo. La presenza della barba a punta, caratteristica dei popoli mesopotamici, discosta ulteriormente da Melqart (che è un "figlio" e, come tale, viene raffigurato imberbe) e avvicina piuttosto al contesto iconografico di Ba'al, Hadad, Teshup e Reshef[13]. Esclude inoltre possibili riferimenti a divinità femminili, come Anat.
Potrebbe essere una delle testimonianze dell'espansione di popoli cananei nel Mediterraneo occidentale già negli ultimi due secoli del II millennio a.C.[14] Naturalmente, il ritrovamento in mare non qualifica di per sé il reperto come autoctono, ma rafforza il collocamento della Sicilia pre-ellenica lungo le rotte maestre del Mediterraneo antico e la pone certamente in un contesto di assidua frequentazione culturale con i popoli egei e del vicino Oriente[8].
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