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regista, sceneggiatore e scrittore italiano (1932-2016) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Massimo Felisatti (Ferrara, 12 maggio 1932 – Roma, 7 settembre 2016[1]) è stato un regista, sceneggiatore e scrittore italiano.
Da giovanissimo strinse un'intensa amicizia con Fabio Pittorru, Renzo Ragazzi, Guido Fink, Massimo Sani e il più anziano Florestano Vancini, che nella Ferrara degli anni '50 contribuirono ad animare la vita culturale della città dove nasce il Filò, con sede all'osteria Croce Verde.[2] Felisatti iniziò a lavorare come giornalista in alcune testate locali come la «Nuova Scintilla», svolgendo nel contempo attività politica e pubblicando saggi su Ferrara nell'età napoleonica e sul poeta Antonio Cammelli detto Il Pistoia.[3] Diresse anche la rivista culturale Ferrara.
Laureatosi in lettere moderne e appassionato di cinema, pur rimanendo legatissimo a Ferrara, nel 1966 si trasferì a Roma dove visse e lavorò stabilmente. Si dedicò alle traduzioni (Opere latine di Dante, Storia dei Longobardi di Paolo Diacono) e alla saggistica (Gli strateghi di Yalta, Un delitto della polizia? Morte dell'anarchico Romeo Frezzi). A Roma ritrovò anche Vancini e Pittorru; con quest'ultimo firmò alcuni pregevoli gialli di successo (Violenza a Roma, La madama) che testimoniano il loro impegno sociale[4] e da cui vennero tratti film che i due amici collaborarono a sceneggiare. Per quest'ultima attività, tra Felisatti e Pittorru si stabilì un proficuo sodalizio professionale che aprì alla coppia anche le porte del piccolo schermo con la fortunata serie televisiva Qui squadra mobile, uno dei primi polizieschi di ambientazione italiana, trasmesso in due serie nel 1973 e nel 1976, a cui faranno seguito altri thriller come Albert e l'uomo nero o Vuoto di memoria.
In campo letterario, Felisatti si affermò come giallista vincendo tre volte il Premio Gran Giallo Città di Cattolica con i romanzi Violenza a Roma (1974), La nipote scomoda (1977) e Agave (1981).
Come regista cinematografico, Felisatti affiancò Sergio Grieco nella direzione del film I violenti di Roma bene con Antonio Sabàto, firmandosi curiosamente "Ferrara", e continuò per tutti gli anni '70 e '80 la sua attività sia di sceneggiatore per fiction televisive di successo (come le riduzioni dei romanzi Le terre del sacramento di Francesco Jovine, Il garofano rosso di Elio Vittorini o L'Andreana di Marino Moretti) sia di scrittore di saggi e romanzi (Rosso su nero del 1996 per Il Giallo Mondadori, O dolce terra addio scritto con Marco Leto[5]). Collaborò anche a inchieste televisive di valore (Un delitto di regime: il caso Don Minzoni, Gli strumenti del potere, Le passioni di un decennio, Le radiose giornate, Hemingway a Venezia) e dal 1982 al 1988 fu anche consigliere del Centro Sperimentale di Cinematografia.
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