Marmo cipollino
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Il marmo cipollino è una varietà di marmo utilizzata dai Romani. Il nome moderno corrisponde in latino al "marmor carystium" (ossia "marmo di Karystos").

Veniva estratto in numerose cave situate sulla costa sud-occidentale dell'isola di Eubea, in Grecia, tra le attuali città di Styra e Karystos. Alcune di queste cave antiche conservano fronti di estrazione lunghi oltre 100 m.
Si tratta di un marmo con fondo bianco-verdastro, percorso da fitte nervature ondulate di colore verde, tendente al bluastro e percorso da spessi strati di mica. Il colore del fondo e delle venature tende a scurirsi a seconda della collocazione geografica della cava di origine da sud verso nord.
Una varietà di colore giallo-arancione è stata estratta a Desertetto, in provincia di Cuneo, dagli anni '20 agli anni '70, ed è stata utilizzata per la costruzione di alcune parte del Politecnico di Torino e del Teatro Regio.
Dal punto di vista petrografico è una roccia metamorfica, marmo cristallino saccaroide (cristalli tra i 0,2 e i 0,6 mm), con venature colorate dall'epidoto e dalla clorite.
Utilizzato già dai Greci, fu importato a Roma a partire dal I secolo a.C. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia[1], racconta che colonne di questo marmo ornavano a Roma la casa del cavaliere Claudio Mamurra, che era stato praefectus fabrum (prefetto degli ingegneri) di Cesare in Gallia. Le cave divennero quindi di proprietà imperiale e il marmo cipollino si diffuse in tutte le città dell'impero. L'estrazione e l'utilizzo continuarono ampiamente ancora nel V secolo, in età bizantina.
Fu impiegato soprattutto per fusti di colonne, anche di grandi dimensioni e prevalentemente lisce (un esempio sono le colonne del pronao del tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano a Roma). Si conoscono anche sculture, come la figura del coccodrillo, che decorava lo specchio d'acqua del "Canopo" di Villa Adriana a Tivoli e venne realizzata in questo materiale per imitare il naturale colore delle scaglie dell'animale.
Cave di varietà di marmi di apparenza simile esistono anche nella penisola iberica (cave di Anasol[2]), sulle Alpi Apuane, nella Grecia nord-orientale e in Serbia[3].
Note
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