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Mario Sartor (Padova, 26 maggio 1946) è uno storico dell'arte italiano, specializzato in arte latinoamericana.
Storico dell'arte e dell'architettura, allievo di Lionello Puppi e di Sergio Bettini, Mario Sartor si è laureato in Lettere classiche a Padova, e i suoi studi si sono focalizzati fondamentalmente sulle culture precolombiane e, successivamente, sul mondo coloniale iberico ed infine su quello latinoamericano. Professore ordinario, ha insegnato per trent'anni Storia dell'arte latinoamericana presso l'Università di Udine ed è stato visiting professor in varie Università straniere. Sposato con la sociolinguista Flavia Ursini, ha due figli, Francesco e Michele
I suoi primi interessi sono stati rivolti alle culture amerindiane con ricerche storico-artistiche ed antropologiche, incentrando i suoi interessi sulle interazioni culturali nel XVI secolo, nel periodo cruciale del contatto tra indigeni e mondo europeo, con particolare attenzione verso l'area mesoamericana. Gli anni successivi furono dedicati a scavi archeologici in area maya e allo studio della letteratura indigena, oltre che all'iconografia religiosa ed alle trasformazioni culturali durante il periodo coloniale. Sono di questo periodo, La città e la conquista[1] (1981) e Il Libro di Chilam Balam di Chumayel[2] (1989), che ebbero il plauso, tra gli altri, di Eugenio Battisti e Christiane Joost Gaugier[3].
Le conoscenze acquisite frattanto in ambito latinoamericano lo hanno portato, in collaborazione con la sociolinguista Flavia Ursini, a studiare una comunità di origini venete stanziatasi a fine Ottocento sugli altipiani messicani. Lo studio antropologico e linguistico ebbe come risultato un corposo saggio, citatissimo, pioniere in un campo di ricerca che ebbe singolari sviluppi.[4]
Contemporaneamente allargò i suoi interessi all'ambito storico-architettonico, con studi mirati a evidenziare il ruolo dell'architettura militare nel Mediterraneo e nel Continente americano, pubblicando l'edizione critica di un trattato di architettura militare che diede il via a un filone di ricerca destinato a durare un trentennio, focalizzato in particolare sullo sviluppo delle tecnologie militari legate alle fortificazioni degli Antonelli, architetti militari italiani attivi in Spagna e nelle colonie iberoamericane dalla seconda metà del XVI sino alla metà del secolo successivo. Spicca in particolare l'edizione critica delle Epitomi di fortificationi moderne di Giovan Battista Antonelli (2009).[5]
Rimaneva costante nella ricerca degli anni novanta un filone principale, dedicato all'architettura e all'iconografia coloniali nell'America di colonizzazione iberica, di cui è testimonianza una serie di saggi -tra cui va ricordato il volume Arquitectura y Urbanismo en Nueva España. Siglo XVI (1992)[6]- in cui spicca l'attenzione dedicata al ruolo della trattatistica e alla capacità creativa di soluzioni e impasti originali.
A partire dagli anni novanta apriva un nuovo filone di ricerca che spostava progressivamente gli interessi verso l'arte prodotta a partire dall'indipendenza latinoamericana, agli inizi dell'Ottocento, fino ai nostri giorni, intesa come maturazione di nuove coscienze nazionali e di contatti sempre più profondi e proficui con il mondo europeo e, infine, con il mondo statunitense. La fortunata coincidenza di periodi di studio vissuti all'estero con riconoscimenti internazionali ("Distinguished Scholar" presso il Getty Center di Santa Monica per l'anno accademico 1993-94, borsista ancora al Getty nel 1996 ed infine a Berlino, nel 1997) gli hanno consentito di sviluppare alcuni settori della ricerca che hanno riguardato tanto la formazione del linguaggio artistico e della iconografia ottocentesca, quanto la nascita della modernità e lo sviluppo delle arti contemporanee latinoamericane, con un particolare interesse focalizzato sul fenomeno continentale del muralismo. Hanno marcato gli ultimi decenni l'edizione di due voluminosi saggi sull'arte latinoamericana contemporanea[7], la fondazione a Udine del Centro Internazionale Alti Studi Latinoamericani,[8][9] di cui è stato presidente fino al 2014, l'edizione della rivista "Studi Latinoamericani/Estudios latinoamericanos", la direzione della collana di volumi "Testi e saggi latinoamericani", per l'Editrice Forum di Udine[10].
Ha organizzato numerosi convegni e congressi internazionali su temi latinoamericani di arte, cultura, beni culturali e ambiente, invitando studiosi, responsabili di istituzioni e politici di gran parte dei paesi coinvolti, venendo a supplire alla frequente mancanza di dialogo tra i vari Paesi latinoamericani in ambiti di comune interesse. L’apice dell’attività è rappresentato dalla nota Carta de Udine (2009)[11], un documento con cui, chiudendo la Conferenza Internazionale sui Beni Culturali in America Latina, tenutasi a Udine nel settembre 2009, i partecipanti hanno delineato le necessità di salvaguardia dei patrimoni culturali nel Continente. La rivista, in particolare, ha colmato un vuoto esistente nella circolazione degli studi al di là delle singole frontiere nazionali, aprendo a un vivace dibattito.
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