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partigiano italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Mario Leporatti (Roma, 14 maggio 1919 – Roma, 28 settembre 2007) è stato un partigiano italiano, membro attivo della Resistenza romana.
Noto antifascista, aderente al Partito Comunista Italiano, fu condannato dal Tribunale speciale al confino e a sei mesi di carcere dal settembre del 1941.
Dopo la crisi del regime fascista del 25 luglio 1943, Leporatti entrò a far parte attiva della Resistenza romana come organizzatore e comandante militare della IV Zona sino al 31 dicembre 1943; venne successivamente incaricato dal CLN di comandare la brigata partigiana "Garibaldi" che operava nella zona di Viterbo.
Con il nome di battaglia "Stefano" compì con i GAP numerose azioni; collaborò e diffuse la stampa antifascista clandestina.
Mandato assieme al partigiano Umberto Silvestri a Poggio Mirteto per coordinare le azioni di una grossa banda partigiana che agiva nella zona per ridimensionarla e renderla più efficace, incappò in un rastrellamento tedesco e venne catturato.
Leporatti portava con sé da mostrare ai partigiani un nuovo più efficiente modello dei chiodi a tre punte usati per forare gli pneumatici degli autocarri tedeschi. Fortunatamente Leporatti riuscì a disfarsene mentre attendeva di essere perquisito così che fu rimesso in libertà assieme al suo compagno.[1]
Dopo la fine della guerra fu professore di storia e filosofia nei licei e divenne successivamente preside dei licei Virgilio ed Augusto di Roma e in questa sua funzione fu duramente contestato come reazionario durante gli avvenimenti del 1968 in Italia.
Dovette intervenire con un articolo sul quotidiano romano Paese Sera[2] una sua compagna di guerriglia partigiana, Marisa Musu, per rivelare agli studenti la partecipazione di Leporatti alla resistenza romana.[3]
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