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dispositivo elettrico realizzato per produrre luce Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La lampadina è un componente elettrico che converte l'energia elettrica in energia luminosa. A questo scopo si possono utilizzare differenti tecnologie e avere diversi possibili usi.
Di seguito, i principali avvenimenti:
Principalmente una lampadina viene classificata attraverso i suoi due parametri più importanti:
La potenza non è un indice diretto del flusso luminoso prodotto da essa (misurato in lumen), poiché quest'ultimo è determinato anche dall'efficienza luminosa dell'apparato stesso, ovvero dal rapporto tra l'energia luminosa visibile emessa e l'energia elettrica assorbita. L'energia perduta è pertanto quella parte di energia consumata che non serve alla produzione di luce visibile.
Nella maggioranza dei casi questa energia perduta è dissipata sotto forma di calore oppure, in misura meno significativa, sotto forma di luce emessa in zone dello spettro elettromagnetico che non sono percepibili dall'occhio umano: infrarosso e ultravioletto.
Una lampadina viene anche catalogata attraverso la forma del suo bulbo:
Un altro elemento specifico di una lampadina è dato dalla tonalità della luce che emette, che può essere più calda o più fredda. Normalmente si definisce questo parametro come temperatura di colore, ovvero la tonalità che avrebbe la luce emessa da un corpo nero ideale, riscaldato alla temperatura data e il cui valore è espresso in kelvin. È da sottolineare che contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, quando si parla di luce calda, si intende una luce tendente verso la parte rossa dello spettro luminoso e quindi emessa da un corpo a temperatura di colore più bassa. Il ragionamento è esattamente l'opposto se parliamo di luce "fredda", cioè tendente verso il blu. La luce "naturale" o "neutra" corrisponde al bianco emesso da una lampadina a circa 4000K.
Una caratteristica importante da considerare è costituita dalla tipologia di attacco della lampadina, che si chiama viròla e che può distinguersi in vari standard per forma e misura:
(generalmente le cifre nelle sigle indicano il diametro in millimetri o la distanza fra i terminali)
nome | note |
---|---|
Ba5s | (singolo contatto) |
Ba7s | (singolo contatto) |
Ba9s | (singolo contatto) |
Ba10s | (singolo contatto) |
Ba15d/19 | (doppio contatto) |
Ba15s | (singolo contatto) |
Ba20d | (doppio contatto) |
Ba20s | (singolo contatto) |
Ba22d | (doppio contatto) |
BaX15d | (doppio contatto) |
BaX10s | (singolo contatto) |
BaX10d | (doppio contatto) |
BaY15d | (doppio contatto) |
nome | note |
---|---|
C31 | 31 mm |
C36 | 36 mm |
C39 | 39 mm |
C41 | 41 mm |
nome | note |
---|---|
E5/8 | "Lilliput" |
E10 | "Nano" |
E12 | (110 V) |
E14 | "Mignon" |
E14/25 | |
E16 | |
E17 | (110 V) |
E26 | (110 V) |
E27 | "Edison" |
E40/45 | "Goliath" |
nome | note |
---|---|
G4 | (pin sottili) |
G5.3 | (pin sottili) |
G9 | (pin tozzi) |
G17q | (spinotti) |
G23 | (pin sottili distanziati) |
G24d | (pin sottili distanziati) |
G40 | (prefocus) |
G53 | (lamelle) |
GR10Q | (4 pin) |
GRY10Q3 | (4 pin) |
GU5.3 | (pin a chiodo distanziati) |
GU10 | (pin a chiodo) |
GX5.3 | (pin corte) |
GX6.35 | (pin sottili) |
GX53 | (pin a chiodo distanziati) |
GY6.35 | (pin sottili) |
GY9.5 | (pin disuguali) |
GZ10 | (pin a chiodo) |
nome | note |
---|---|
MF/USA | |
MF/t 3/4 | |
MF/T1 3/4 | |
MG/T1 3/4 |
nome | note |
---|---|
P9s | (singolo contatto) |
P13.5s | (singolo contatto) |
P14.5s | (singolo contatto) |
P15s | (singolo contatto) |
P15d | (doppio contatto) |
P22d | (doppio contatto) |
P22s | (singolo contatto) |
P26s | (singolo contatto) |
P28s | (singolo contatto) |
P30d | (doppio contatto) |
P30s | (singolo contatto) |
P40s | (singolo contatto) |
P43-t | |
P45 t-41 | (doppio contatto) |
PG22-6.35 | |
PK22s | (singolo contatto) |
PX22d | (doppio contatto) |
PX28s | (singolo contatto) |
PY20s | (singolo contatto) |
PY21 | (Y=yellow/giallo) |
PY40s | (singolo contatto) |
nome | note |
---|---|
R7S (78 mm) | |
R7S (93 mm) | |
R7S (118 mm) |
nome | note |
---|---|
T4 | ⌀12,5 mm |
T5 | ⌀16 mm |
T8 | ⌀26 mm |
T9 | ⌀29 mm |
T10 | ⌀32 mm |
T12 | ⌀38 mm |
nome | note |
---|---|
W5 | ⌀5 mm |
W10 | ⌀10 mm |
Esistono lampadine basate su tecnologie molto diverse tra loro:
Queste lampade sono state le prime a essere inventate e il loro principio di funzionamento si basa sulla creazione di un arco elettrico, il quale genera un forte flusso luminoso con spettro simile a quello della luce solare. Originariamente per poter generare l'arco in atmosfera d'aria, necessitava un'elevata tensione ed elettrodi di grafite che, consumandosi per ossidazione e sublimazione, dovevano essere continuamente accostati da un dispositivo a orologeria, per far sì che l'arco non si estinguesse.
Questa tecnologia venne quasi abbandonata a causa della sua farraginosità o rimase con applicazioni ridotte (tipicamente proiettori cinematografici), finché non venne reintrodotta grazie allo sviluppo delle lampadine allo xeno in cui il gas nobile inserito in un'ampolla di vetro, protegge gli elettrodi dalla consunzione (attuali applicazioni: fari di automezzi stradali, flash fotografici, lampade da proiezione moderne).
Nella lampada a incandescenza la produzione di luce avviene portando un filamento metallico di tungsteno all'incandescenza, alla temperatura di 2700 K, per effetto Joule. Il filamento di tungsteno è posto in un'ampolla, generalmente di vetro o quarzo, riempita di gas inerti (argon, azoto, ecc.) per evitare l'ossidazione del filamento e limitarne l'evaporazione. Lo spettro di emissione della superficie incandescente del filamento è approssimabile allo spettro di un corpo nero.
Nelle lampadine a incandescenza, soltanto una piccola percentuale, generalmente intorno al 5%, dell'energia che le alimenta viene convertita in luce, il rimanente 95% viene diffuso in forma di calore. L'8 dicembre 2008, la Commissione Europea per l'Energia ha approvato la messa al bando in tutti gli Stati membri delle lampade a incandescenza, secondo un programma di progressiva sostituzione a partire dal settembre 2009, con completamento nel settembre 2013.
La lampadina alogena è una particolare lampada a incandescenza, nella quale si trova gas alogeno (iodio, a volte bromo) contenuto nel bulbo, per permettere il riscaldamento del filamento da 3 000 a 4 000 K, in modo da aumentare l'efficienza luminosa, e risultante in uno spostamento verso l'alto della temperatura di colore; tale risultato può essere ulteriormente migliorato tramite un trattamento superficiale della lampadina, dove tramite una colorazione azzurrata si sposta la temperatura colore risultante della lampada sui 4 500/5 000 K.
Seguendo quanto già successo con le lampade a incandescenza, dal 1º settembre 2018 non è più possibile produrre o importare negli Stati membri dell'Unione Europea le lampade alogene.
Nelle lampade a scarica la luce viene prodotta da un gas ionizzato per effetto di una scarica elettrica. Sono tipicamente costituite da un tubo di vetro o quarzo al cui interno è presente un particolare gas o vapore (es. di sodio o di mercurio), alle cui estremità sono collocati due elettrodi. Una opportuna differenza di potenziale provoca la formazione di un arco di plasma nel gas.
L'emissione avviene in corrispondenza delle righe di assorbimento tipiche del gas impiegato. Per esempio, nelle lampade al sodio a bassa pressione l'emissione è pressoché monocromatica gialla.
Più spesso la luce è prodotta per fluorescenza, come nelle comuni lampade fluorescenti, erroneamente chiamate tubi al neon, anche se il neon in realtà non è alla base del loro funzionamento. In queste lampadine la scarica avviene in vapore di mercurio, prevalentemente nello spettro ultravioletto. Sulla superficie interna del tubo è deposto un materiale fluorescente che assorbe l'energia dei raggi ultravioletti e la riemette nel campo della luce visibile.
La scarica nei gas è stata realizzata prima della lampadina a incandescenza, ma l'applicazione pratica di questo fenomeno fisico nelle lampadine si è avuta solo nella prima metà del XIX secolo. Le lampadine a fluorescenza convertono in luce il 25% dell'energia consumata.
Alternative alle lampadine a filamento, sono costituite da uno o più diodi LED, alimentati da un apposito circuito elettronico, il cui scopo è principalmente quello di ridurre la tensione di rete ai pochi volt richiesti dai LED. La luce viene prodotta attraverso un processo fisico nella giunzione del diodo, chiamato "ricombinazione Elettrone-Lacuna" che dà origine all'emissione di fotoni, di colore ben definito dipendente dall'energia liberata nella ricombinazione. Sono ormai di uso consolidato i LED monocromatici come il rosso, il giallo, il verde e il blu, nonché tutte le loro combinazioni.
Solo successivamente è stato possibile realizzare LED che producessero luce bianca; per esempio, il dispositivo MT-G Easy White, progettato per sostituire i faretti standard MR16 alogeni, è disponibile in 4 tonalità di bianco, con temperature di colore da 2700 a 4000 kelvin, il più recente MK-R, con resa di 200 lumen per watt è disponibile in 6 tonalità di bianco. La luce bianca si può anche ottenere miscelando l'emissione dei led RGB, dispositivi realizzati all'incirca dall'anno 2000, costituiti da tre giunzioni emittenti luce verde, blu e rossa; in questo caso, la luce bianca si ottiene per addizione dei tre colori primari. In alternativa, viene accoppiato un LED blu con uno strato di fosfori che emettono luce gialla e la combinazione dei rispettivi spettri di emissione produce anche in questo caso un effetto di luce bianca.
Desta preoccupazione lo spettro di emissione di alcuni LED (specialmente i più vecchi ed i più economici), eccessivamente sbilanciato verso il blu: studi recenti mostrano effetti biologici causati dall'eccessiva o prolungata esposizione alla luce blu, con effetti temporanei (difficoltà nel prendere sonno) o permanenti (retinopatia fotochimica) nelle fasce maggiormente sensibili della popolazione.[4]
Diversamente dalle lampadine a incandescenza, che terminano la loro vita con la bruciatura del filamento, i LED degradano lentamente, con una perdita della luminosità che scende al 20-30%. Da un punto di vista economico i LED sono più costosi delle lampadine a filamento, ma la durata di funzionamento di un LED, che si aggira intorno alle 60 000 ore,[5] è ben superiore alla vita di una lampadina tradizionale. Vengono espresse, invece, riserve sulla durata dell'elettronica di alimentazione, inglobata nelle lampadine, necessaria per accendere e comandare il LED: soprattutto nei prodotti più economici, il dimensionamento dei componenti elettronici e la progettazione del corpo della lampada non del tutto adeguata alla dissipazione del calore possono ridurre anche notevolmente la vita utile dell'alimentatore e, quindi, della lampadina.
Dal punto di vista energetico, i LED sono molto più efficienti delle lampadine a filamento, poiché il 50% dell'energia assorbita produce illuminazione e pertanto la quantità di energia sprecata sotto forma di radiazione infrarossa e di calore rilasciato nell'ambiente è molto ridotta rispetto alle tecnologie di illuminazione tradizionali.
Altra tecnologia avanzata è la lampada a filamenti LED, esteticamente simile a quella a incandescenza, ma con filamenti a LED al posto del tungsteno.
Il tubo LED ha l'aspetto delle lampade fluorescenti, la differenza sta nel fatto che, anziché contenere gas nobili, contiene molti diodi LED.
Questa tecnologia, che nel futuro potrebbe diventare quella predominante, si basa su materiali plastici (polimeri) in grado di emettere luce per elettroluminescenza se attraversati da corrente elettrica. Una classe particolare, ma non l'unica, di questi materiali sono gli OLED. I principali vantaggi risiedono nell'economia di esercizio, nel buon rendimento luminoso e nella possibilità di lavorare i corpi illuminanti in fogli di forma arbitraria. Potrebbero per esempio tappezzare il soffitto o le pareti, generando una luce diffusa di varia tonalità, non abbagliante e senza ombre. Con questa tecnologia si riuscirebbe a convertire in luce oltre il 70% dell'energia elettrica che si consuma, ma al momento l'impianto[non chiaro] risulta essere molto più costoso, per lumen emesso, rispetto ad altri sistemi.
Negli schemi elettrici le lampade sono normalmente rappresentate con dei simboli grafici; ci sono tre tipi principali di simboli, e questi sono:
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