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tecnologia di visualizzazione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il diodo organico a emissione di luce (acronimo inglese: OLED; in inglese organic light-emitting diode)[1] è un tipo di diodo organico utilizzato per schermi e televisori, prodotto a partire dagli anni 2000.
Si tratta di una tecnologia che permette di realizzare display a colori con la capacità di emettere luce propria: a differenza dei display a cristalli liquidi (LCD), i display OLED non richiedono componenti aggiuntivi per essere illuminati (gli schermi a cristalli liquidi vengono illuminati da una fonte di luce esterna se sono riflettivi), ma producono luce propria; questo permette di realizzare pannelli molto sottili, addirittura pieghevoli e arrotolabili e che richiedono minori quantità di energia per funzionare.
A causa della natura monopolare degli strati di materiale organico, i display OLED conducono corrente solo in una direzione, comportandosi in modo analogo a un diodo; di qui il nome di O-LED, per similitudine con i LED.
La proprietà di elettroluminescenza posseduta da alcuni elementi organici è conosciuta da lungo tempo, a partire dalle prime osservazioni formulate all'inizio degli anni 1950 da André Bernanose e dai suoi collaboratori dell'Università di Nancy.[3][4][5] I primi tipi di schermi OLED non andarono però oltre lo stadio di prototipo, perché richiedevano una tensione elettrica di alimentazione troppo alta (oltre i 100 Volt), che li rendeva pericolosi.
Il successo fu determinato dall'assottigliamento delle pellicole di materiale organico elettroluminescente. Con spessori inferiori, esse permettevano l'alimentazione a tensioni vicine ai 12 Volt, più convenzionali.
I primi modelli che utilizzavano questa tecnologia erano strutturalmente molto semplici: una pellicola organica è posta tra due elettrodi (anodo e catodo): applicando una tensione ai due elettrodi il passaggio di corrente causa l'emissione luminosa. Un altro problema era legato alle tolleranze di allineamento: un allineamento imperfetto provocava grandi dissipazioni di energia.
I primi display efficienti e a bassa tensione furono presentati nel 1987 da Ching Tang e Steve Van Slyke; questi display facevano uso di due strati organici: uno predisposto per ricevere lacune, l'altro per ricevere elettroni; in questo modo e con successivi miglioramenti fu possibile costruire display ad alta luminosità alimentati da tensioni dell'ordine dei 10 Volt.
Nel luglio del 2008 viene annunciata la nascita di un consorzio tra Sony, Toshiba e Panasonic per la produzione di schermi OLED,[6] con la Sony che ha in produzione alcuni modelli professionali. Applicazioni vi sono anche nel settore automobilistico dove vengono impiegati per la prima volta nel 2015 su una vettura di serie, la BMW M4 GTS.
In questo caso il materiale organico è, ad esempio, un polimero conduttivo elettroluminescente simile alla plastica, in questo caso si può parlare più correttamente di POLED Plastic Organic LED, oppure materiali organici non polimerici di peso molecolare relativamente basso. Un elemento è definito organico quando contiene una struttura costituita prevalentemente da carbonio e da qui origina il nome di led organico. Normalmente gli strati organici sono in grado di emettere solo luce bianca, ma con opportuni drogaggi di composti elettrofosforescenti come il rutenio, il platino, l'iridio e l'europio possono emettere luce rossa (drogante fluorescente a base di carbossammide di perilene), verde (cumarina) o blu (β - DNA) (RGB).
Poiché questi colori sono utilizzati per produrre tutta la gamma di colori negli schermi, è possibile combinarli per produrre tutti i colori dello spettro visibile, in modo analogo a quanto accade in qualunque display a colori: ogni punto di un'immagine è costituito da tre microdisplay affiancati, che producono luce rossa, verde e blu; visto da lontano, ogni elemento composto da tre microdisplay appare all'occhio umano come un singolo punto il cui colore cambia a seconda dell'intensità della luce di vari colori emessa dai singoli microdisplay. Combinando gli RGB è possibile ottenere anche la luce bianca. La Universal Display Corporation ha recentemente annunciato di aver realizzato un differente tipo di display in cui i tre microdisplay di ogni elemento sono sovrapposti anziché affiancati, il che permette un notevole incremento della risoluzione.
Un display OLED è composto da vari strati sovrapposti: su un primo strato trasparente che ha funzioni protettive viene deposto uno strato a conduzione trasparente che funge da anodo, successivamente vengono aggiunti 3 strati organici: uno per l'iniezione delle lacune, uno per il trasporto di elettroni e tra essi i tre materiali elettroluminescenti (rosso, verde e blu), disposti a formare un unico strato composto da tanti elementi, ognuno dei quali formato dai tre microdisplay colorati. Infine viene deposto uno strato riflettente che funge da catodo. Nonostante la molteplicità di strati, lo spessore totale, senza considerare lo strato trasparente, è di circa 300 nanometri.
La tecnologia OLED presenta grandi vantaggi ma al contempo anche alcuni svantaggi. Tra i punti a favore si annoverano soprattutto:
I maggiori limiti di questa tecnologia sono:
Per quanto concerne i consumi, questi sono molto variabili in base al tipo d'immagine da riprodurre, esattamente come succedeva con la tecnologia passata degli schermi CRT, di fatto sono molto influenzati dal tipo d'impostazione dello schermo e dal tipo d'immagine. Gli schermi LCD hanno un consumo pressoché costante durante il loro funzionamento o comunque variabile in base al tipo d'immagine, in quanto entra in gioco la tipologia di retroilluminazione utilizzata e la sua gestione. Nel 2018 si è visto come il consumo medio tra OLED ed LCD (che gestiscono meglio la retroilluminazione e consumi) sia pressoché identico.[9]
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