Labdaco di Siracusa
cuoco e accademico siceliota Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Labdaco di Siracusa (III secolo a.C.) è stato un cuoco siceliota.
«Famose, come è noto ne' tempi antichi, e celebrate furono in ogni parte la cucina di Sicilia, la nostra mensa, e le nostre vivande. Gli stranieri venivano tra noi ad apprender l'arte di condire i cibi, e il nostro Labdaco fu il maestro de' cucinieri i più rinomati della Grecia: anzi da Sicilia quasi per moda e segno di grandezza chiamavano i loro cuochi i personaggi più ricchi tra i Greci...»
Labdaco fu un noto e famoso cuoco vissuto nell'epoca Siceliota, nella città di Syrakousai.
In alcuni testi è citato con il nome di Sicano Labdaco[2], lasciando forse intravedere una qualche origine sicana di tale personaggio. Ma non trovando ulteriori testimonianze o approfondimenti che possano chiarire il luogo e la sua origine, viene quindi dichiarato come siracusano; così come risulta in altri testi dove viene menzionata una sua origine siceliota (greco-autoctona) e dove viene ricordato come "Labdaco di Siracusa".
Egli divenne critico culinario e titolare della prima scuola di cucina occidentale[3]
«nascono così scuole e libri di alimentazione umana e gastronomia. In Sicilia, non a caso al centro del Mediterraneo, il luogo più raffinato e “internazionale” dell’epoca, nascono Terpsione e Labdaco di Siracusa, che fondano rispettivamente un’accademia sull’arte di servire gli ospiti e la prima scuola di cucina [...]»
Labdaco, insieme a Terpsione di Siracusa, divenne uno dei punti di riferimento culinario di quell'epoca. Inoltre fu un seguitore della filosofia culinaria di Archestrato di Gela, noto critico e scrittore di cucina vissuto un secolo prima di Labdaco, e come il suo maestro, criticò il modo dei siracusani di cucinare il pesce, così come ci informa lo storico e fisico Domenico Scinà nella sua opera di traduzione "Frammenti della Gastronomia (Hadypatheia)" scritto originario di Archestrato:
«Sofone e Damosseno, uno di Acarnania, e l’altro di Rodi, furono scolari del nostro Labdaco che avea già adottato i precetti di Archestrato, ed ambidue rigettarono gl’imbratti di cacio, di silfio, di coriandro, e d’altri simili antichissimi condimenti, che erano in uso, come essi dicono presso il comico Antippo, nell’età di Saturno. Il cuoco vantatore presso il comico Sotade, si fa pregio d’apparecchiare il pesce amia alla maniera di Archestrato, il quale con poco rigamo, e involto in foglie di fico, vuole che semplicemente si cuocesse sotto il cener caldo.»
In questo suo scritto, Scinà ci informa anche che Labdaco ebbe come suoi allievi altri due cuochi che si chiamavano Sofone di Acarnania e Damosseno di Rodi; versione che dunque conferma ciò che si diceva a quel tempo della fama prestigiosa raggiunta dalle scuole di cucina della polis siracusana, al punto che Labdaco ebbe cuochi che da lui volevano apprendere l'arte del saper cucinare, nonostante non provenissero dalla Sicilia ma bensì dalla Grecia continentale e dalle sue isole.
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