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fiaba europea Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La bella addormentata, nota anche come La bella addormentata nel bosco (in francese: La Belle au bois dormant) o Rosaspina (in tedesco: Dornröschen), è una celebre fiaba tradizionale europea. La fiaba antesignana è da ricondurre a Giambattista Basile ma viene ricordata soprattutto nella versione di Charles Perrault (ne I racconti di Mamma Oca, 1697), in quella dei fratelli Grimm (ne Le fiabe del focolare, 1812) e attraverso il celebre omonimo adattamento cinematografico a disegni animati di Walt Disney, La bella addormentata nel bosco (Sleeping Beauty, 1959).
Come molte fiabe tradizionali, La bella addormentata esiste in numerose varianti; gli elementi essenziali della trama sono talmente diffusi da potersi considerare un tema ricorrente del folklore. Nella classificazione Aarne-Thompson, questo tema è identificato dal numero 410.
La versione più antica in cui il tema è attestato (se si eccettua la storia di Brunilde, l'eroina addormentata della Saga dei Volsunghi, di origini ancora più remote) è considerato il roman di Perceforest del 1340, ambientato all'epoca dei Greci e dei Troiani, ed incentrato sulla principessa Zellandine, innamorata di Troylus. Il padre della principessa mette il giovane alla prova per verificare se è degno di sua figlia, e, non appena egli è partito, Zellandine cade in un sonno incantato. Al suo ritorno, Troilo la trova addormentata e la mette incinta nel sonno. Quando il bambino nasce, è lui a risvegliare la madre, rimuovendo il filo di lino che causava il suo sonno. Alla fine Troylus sposa Zellandine.
La successiva versione Sole, Luna e Talia del Pentamerone di Giambattista Basile (1634), la prima che si possa definire una fiaba in senso stretto, contiene riferimenti diretti alla deflorazione, allo stupro, alla fedeltà coniugale e altri temi adatti al pubblico di aristocratici adulti cui si rivolgeva lo scrittore napoletano. Nel Pentamerone il sonno non è frutto di un incantesimo ma di una profezia, il principe (come nel Perceforest) non bacia la principessa ma la violenta, ed è uno dei due figli risultanti dall'atto sessuale a risvegliarla. Non si è accertato se Basile conoscesse il Perceforest o se avesse semplicemente ripreso dalla voce popolare temi folklorici diffusi in Basilicata. Nella sua versione, il castello del re, con il suo cortile e le sue fascine pronte ad essere arse nel camino, è ridotto all'apparenza di una modesta fattoria, mentre il numero dei valletti e servitori è ridotto ad un segretario ed un cuoco.
Alla versione pubblicata ne I racconti di Mamma Oca (1697) di Charles Perrault, La bella addormentata nel bosco (La belle au bois dormant), si deve il titolo con cui oggi la fiaba viene comunemente indicata. Perrault, che prese il tema da Sole, Luna e Talia, lo edulcorò notevolmente: avendo dedicato le sue fiabe ad una dama e avendole date alle stampe rivolto ad un pubblico dell'alta borghesia, cercò di rimuovere dalla fiaba ogni aspetto perturbante ed enfatizzare valori morali quali la pazienza e la passività della donna.
Una versione parzialmente simile, nella prima parte, a quella di Perrault si trova ne Le fiabe del focolare (Kinder- und Hausmärchen) (1812) dei fratelli Grimm al numero 50, col titolo Rosaspina (Dornröschen). La versione dei Grimm corrisponde a quella di Perrault solo fino al risveglio della principessa; questa parte è anche quella più nota al pubblico moderno e corrisponde alla versione Disney.
Italo Calvino, nella raccolta Fiabe italiane (1956), descrive e cataloga molte altre versioni del tema, fra cui La bella addormentata e i suoi figli.
Un'altra versione proviene dall'antica Scandinavia. La credenza nelle norne, nata dalla fede fondamentale nel destino, fu certamente assai radicata. In una saga la venerazione per queste figure è indicata fra le consuetudini a cui deve rinunciare chi si converta al Cristianesimo. Dai sostenitori della nuova religione esse furono senza dubbio relegate fra gli esseri demoniaci e stregoneschi. Nella breve storia di Norna-Gestr esse sono intese come maghe e indovine. Ivi, si spiega perché Gestr fosse detto Norna-Gestr. Egli stesso narra che alla sua nascita il padre aveva invitato alcune donne dotate di capacità divinatorie, le quali in cambio di doni e banchetti predicevano il futuro delle persone. Da lui, ancora nella culla, erano venute tre di queste indovine. Non a caso, le norne sono tre: Urd (il Passato), Verdandi (il Presente) e Skuld (il Futuro). Le prime due gli avevano preannunciato un futuro felice, poiché egli sarebbe stato dotato di molte qualità e potente. La terza, che era la più giovane, tenuta in poca considerazione e perciò assai irritata, aveva invece predetto che il bambino non sarebbe vissuto a lungo: la sua vita si sarebbe consumata rapidamente proprio come una candela che ardeva in quel momento accanto a lui. Una delle tre norne aveva perciò spento quella candela e consegnandola alla madre di Gestr le aveva ingiunto di non riaccenderla. Ella teneva con sé quella candela, sapendo che il giorno in cui l'avesse riaccesa sarebbe stato quello della sua morte.
Questa versione riprende quella antecedente di Meleagro, originaria della Grecia. Meleagro era un principe, alla cui nascita le tre Parche si erano presentate dalla regina Altea, sua madre, per annunciarle la notizia che la vita del figlio sarebbe terminata quando il ceppo di legno che ardeva nel camino sarebbe diventato cenere. La madre, pur di salvarlo, si gettò sul fuoco e afferrò il tizzone ardente e lo spense prima che si tramutasse in cenere. Conservò per anni il ciocco di legno in una cassa, sino a che il giovane non partecipò alla caccia al cinghiale della Caledonia, durante la quale uccise per un diverbio due zii, fratelli della madre Altea. Per vendicare lo spargimento del sangue dei propri fratelli, la madre consegnò al fuoco il pezzo di legno-che per tanti anni aveva custodito- e con esso la vita del figlio. Così il principe morì.
Per celebrare il battesimo della tanto sospirata figlioletta, un Re e una Regina invitano le sette fate del regno affinché le facciano da madrina. Ognuna delle fate dona qualcosa alla neonata: chi la bellezza, chi la saggezza, chi il talento musicale. Sopraggiunge un'anziana fata malvagia, che non era stata invitata poiché creduta morta, e per vendicarsi dell'onta infligge alla bambina una maledizione: non appena sarà cresciuta verrà uccisa da un fuso. Una delle fate buone, pur non potendo annullare l'incantesimo, lo mitiga, trasformando la condanna a morte in quella di 100 anni di sonno, da cui la principessa potrà essere svegliata solo dall'arrivo di un principe. Per impedire che la profezia si compia, il Re bandisce gli arcolai dal suo regno; ma la principessa, all'età di 15 o 16 anni, per caso incontra una vecchia che sta filando e il suo fato si compie. La fata buona, sopraggiunta per aiutare la sua figlioccia, fa addormentare insieme alla principessa l'intera corte, tranne il Re e la Regina, che dopo aver detto addio per sempre alla figlia lasciano il castello. Nel giro di pochi minuti, il castello incantato si copre di una fitta foresta, tale da impedire a chiunque di penetrarvi. Dopo 100 anni un principe giunge al castello, e miracolosamente la boscaglia si apre dinnanzi a lui. Il principe trova la principessa, e se ne innamora a prima vista. Il suo arrivo la risveglia.
Nella seconda parte della storia, che non compare nella versione dei Grimm e in altre successive, il principe sposa la principessa e ha da lei due figli, una femmina e un maschio, Aurora e Giorno. Egli tuttavia nasconde il suo matrimonio e i suoi frutti alla madre, che discende da una famiglia di orchi divoratori di bambini. Quando in seguito alla morte del padre il principe, ormai diventato re, porta a casa la sua famiglia, l'orchessa decide di sterminarla. Mentre il re è in guerra l'orchessa ordina che i suoi nipoti le siano serviti per cena. Il cuoco salva i piccoli con un inganno, servendo alla padrona un agnello invece del bambino e una capretta invece della sorella. Quando la padrona chiede che venga servita la principessa, ancora il cuoco la inganna servendo del cervo. Scoprendo infine l'inganno dopo aver sentito il piccolo Giorno piangere dal suo nascondiglio, l'orchessa si prepara a uccidere la principessa e i suoi figli gettandoli in un cortile fatto appositamente riempire di vipere e altre creature velenose. Il rientro repentino del re, però, manda a monte i suoi piani: l'orchessa, scoperta, si suicida gettandosi fra le vipere.
Un Re e una Regina desideravano da tempo un figlio. Infine, una rana (fino alla seconda edizione un granchio) profetizza alla Regina la nascita di una principessa. Dodici sagge donne (fino alla seconda edizione delle fate) vengono invitate alla festa per benedire la ragazza, ma una tredicesima donna viene ignorata in mancanza di un piatto d'oro per lei. La donna irrompe alla festa e maledice la principessa, condannandola a morire pungendosi con un fuso a 15 anni. Ma una delle donne che non aveva ancora dato la sua benedizione, mitiga la morte in un sonno centenario. Il Re fa bruciare tutti i fusi. All'età di quindici anni, in assenza dei genitori, la principessa trova una vecchia che fila nella torre del castello, prende il fuso, si punge e si addormenta. In quell'istante anche tutte le altre persone nel castello si addormentano, mentre tutt'intorno a esso cresce una fitta rete di rovi. Si diffonde la storia della principessa, nota come Rosaspina, ma i principi che tentano di raggiungerla muoiono miseramente tra le spine. Passati cento anni, un principe viene a conoscenza della storia, e una volta recatosi nei pressi del castello, i rovi ormai fioriti lo lasciano entrare. Rosaspina si sveglia con un bacio del principe e con lei tutti gli abitanti del castello, che festeggiano subito le nozze dei due giovani.
La protagonista cambia il suo nome a seconda della versione. In Il Sole, la Luna e Talia, si chiama Talia (il Sole e la Luna sono i suoi bambini). Perrault non le dà un nome, definendola semplicemente «la princesse» e chiama invece sua figlia «Aurore». Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij, per il balletto creato da Marius Petipa con la musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij (1890), trasferisce questo nome dalla figlia alla madre e chiama Aurora la principessa, come farà poi Walt Disney (non a caso anche le musiche del film sono tratte dal balletto di Čajkovskij). Nella versione dei Grimm la principessa è invece chiamata Rosaspina (con riferimento ai cespugli di rovi che circondano il castello durante il suo sonno centenario, rendendola irraggiungibile); questo nome però le viene attribuito non dai genitori, ma dal popolo, quando, con il passare degli anni, ella si trasforma in una figura leggendaria. Anche questo soprannome sarà utilizzato nel film Disney, nella parte del film (del tutto inesistente nelle fiaba tradizionale) in cui Aurora è nascosta nel bosco dalle fate.
Lo stesso avviene per l'antagonista principale, la fata cattiva. Nelle prime versioni della fiaba non ha nome. Nel balletto essa prende il nome di Carabosse (/kara'bɔs/), mentre nell'adattamento Disney e nelle altre opere da esso derivate, è denominata Malefica.
Bruno Bettelheim, nella sua opera Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, vede nella trama di questa fiaba un percorso iniziatico, un tentativo di preparare i bambini e le bambine ai cambiamenti che arriveranno.
Nonostante le attenzioni dei genitori e i doni delle madrine, la piccola principessa è fin dalla sua nascita condannata al proprio destino, ossia alla maledizione dell'adolescenza. Questa maledizione, marcata dal sangue che cola (allusione all'arrivo del menarca) ha una origine ancestrale, simboleggiata dalla estrema vecchiezza della fata malvagia. Soltanto il principe azzurro potrà risvegliarla dal suo sonno, aprendola all'amore. Il principe non è che una figura accessoria, mentre il racconto espone tutte le fasi della vita di una donna: l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza, rappresentate dalla principessa, l'età adulta e la fecondità rappresentata dalla madre, e la vecchiaia incarnata dalla fata malvagia.
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