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film del 1962 diretto da Serge Bourguignon Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'uomo senza passato (Les dimanches de Ville d'Avray) è un film del 1962 diretto da Serge Bourguignon, vincitore dell'Oscar al miglior film straniero.
L'uomo senza passato | |
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una scena del film | |
Titolo originale | Les dimanches de Ville d'Avray |
Paese di produzione | Francia |
Anno | 1962 |
Durata | 110 min |
Dati tecnici | B/N rapporto: 2,35:1 |
Genere | drammatico |
Regia | Serge Bourguignon |
Soggetto | Bernard Eschassériaux (romanzo) |
Sceneggiatura | Serge Bourguignon e Antoine Tudal |
Fotografia | Henri Decaë |
Montaggio | Léonide Azar |
Musiche | Maurice Jarre |
Scenografia | Bernard Evein |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Pierre, un aviatore reduce di guerra, si reca a Ville-d'Avray, in Francia, dopo essere stato colpito durante un bombardamento nel quale precipita in un lago col suo velivolo. Ne esce miracolosamente vivo, ma l'incidente gli provoca vertigini, paura dell'acqua, dei rumori, e una quasi totale amnesia circa il suo passato, con l'unico terribile ricordo del viso piangente di una bambina che ha dovuto uccidere.
In cerca del suo passato, ogni giorno si reca alla stazione ferroviaria della città. Una sera incontra un uomo con la figlia dodicenne, la quale piange perché non vuole tornare in collegio dalle suore. Pierre, allo sguardo della bambina rimane colpito, carpendo in lei una luce di speranza nel recuperare il suo passato. Prega il padre di non farla piangere, ma questi lo liquida aspramente.
Venuto a sapere che il padre della bambina non tornerà più da lei, rimasta perciò sola al mondo, ogni domenica Pierre va dalle suore fingendo di essere il genitore, prendendo in custodia la bambina per un pomeriggio. L'amicizia sboccia ben presto tra Pierre e Françoise, questo il nome datole dalle suore poiché il suo vero nome non è cristiano; alla richiesta di rivelare il suo vero nome, lei risponde di ricambiare il gesto una volta che Pierre le avrà regalato il gallo in cima al campanile.
Il legame tra i due diviene sempre più stretto, il loro tenero rapporto è costellato di riti e simboli al di fuori del tempo e delle etichette della società. Lei, che per lui rappresenta l'unico ricordo e legame con la propria infanzia, promette di sposarlo una volta maggiorenne; lui, che per lei rappresenta l'unico contatto in grado di donarle amore, promette di non abbandonarla mai.
La notte di Natale, nel consueto parco in cui trascorrono i loro incontri, lei gli regala il dono più prezioso; appeso all'albero addobbato è un biglietto con su scritto il suo vero nome: Cybèle. Lui corre verso il campanile, vi sale e stacca il gallo sito sulla cima. Mentre torna da lei, un dottore venuto a conoscenza dell'insolito rapporto tra l'uomo e la bambina, avvisa la polizia. Nel parco, vedendo Pierre brandire un pugnale, simbolo della loro promessa di eterna fedeltà, gli agenti intervengono sparando l'uomo, uccidendolo, ponendo fine con lui al sogno della felicità di Cybèle.
Il film venne presentato in anteprima mondiale alla 23ª edizione del Festival di Venezia il 3 settembre 1962. La prima distribuzione pubblica si tenne a New York il 12 novembre 1962; in Francia uscì nelle sale il 21 novembre 1962, mentre nelle sale italiane uscì regolarmente a partire dal gennaio 1963, vietato ai minori di 14 anni.[1]
«[Il film] parte da un'idea toccante e non futile, ma la sviluppa purtroppo in modi espressivi che, per voler attingere le vette della lirica, precipitano sovente in oziose ricerche di dubbi splendori formali, con cadute di gusto anche gravi. Irretito fra queste sue divagazioni, il regista finisce con lo smarrire i termini reali del racconto, ed e costretto ad imporgli, per concludere, uno schema romanzesco e un esito affatto melodrammatico. Evidentemente prevaricando sui buoni sentimenti degli spettatori. Già messi a dura prova dalla grazia un po' affettata di Patricia Gozzi, l'esordiente fanciulla.»
«Il film non è senza difetti, fra i quali una certa prolissità di questa elegia dell'infanzia ritrovata; ma nei tratti, e sono molti, dove testa e cuore possono accordarsi, Bourguignon ci ha dato un film d'inconsueta finezza e commozione, rovesciando nei termini l'ormai nauseante formula dell'erotismo. [...] [I protagonisti] hanno assecondato il regista nel dare alla pur corposa vicenda l'impalpabilità di un sogno; effetto a cui conferiscono, da parte loro, anche la delicata fotografia e un suggestivo commento musicale registrato nel Tibet.»
«Bourguignon ha tratto un film in bilico tra poesia e poeticismo, tra delicatezza e assillo di piacere, e di commuovere, a tutti i costi. Pareri discordi anche sulla fotografia (bianconero, Franscope) di Henri Decae, preziosa sino all'estetismo. La piccola Gozzi occhieggia come una Lolita, ma è il regista che la guida in questo film dal sottofondo malato.»
«È probabilmente il più bel film francese di quest'anno.»
«Sa solo il cielo per quale rara virtù New York sia stata ricompensata con la prima pubblica programmazione di un capolavoro della cinematografia francese.»
«È un fenomeno, e non si riuscirà, credo, ad uguagliare in avvenire sia come soggetto che come sua descrizione.»
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