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antropologo, storico e linguista spagnolo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Julio Caro Baroja (Madrid, 13 novembre 1914 – Vera de Bidasoa, 18 agosto 1995) è stato un antropologo, storico e linguista spagnolo, studioso del folklore e delle tradizioni popolari. È stato uno degli intellettuali più prolifici e rigorosi del Novecento e con la sua opera ha contribuito profondamente alla conoscenza delle problematiche centrali delle scienze sociali.
Figlio dell'editore Rafael Caro Raggio e di Carmen Baroja, nipote del romanziere Pío Baroja e del pittore Ricardo Baroja, fu discepolo di Telesforo Aranzadi, José María Barandiarán, Hermann Trimborn e Hugo Obermaier, che lo iniziarono alla storia e alla etnografia.
Si laureò in storia antica all'Università di Madrid, dove divenne professore. In seguito diresse il Museo del Pueblo Español di Madrid.
Grazie alla formazione con i suoi primi maestri, già a quindici anni scrisse lavori su temi etnografici, e nel 1941 la sua tesi di laurea fu la base di una trilogia molto posteriore intorno alle feste dell'inverno (El carnaval, 1965, tradotto in italiano con il titolo Il carnevale, Genova 1989), della primavera (La estación de amor, 1979) e dell'estate (El estío festivo, 1984).
Per ragioni diverse, tanto personali quanto esterne, si mantenne ai margini dell'università, tranne per due brevi periodi di insegnamento, uno a Coimbra, e l'altro, molto tempo dopo, nei Paesi Baschi. Viaggiò spesso in Spagna e nel mondo, con soggiorni prolungati negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (tra il 1951 e il 1953), dedicandosi, come disse una volta, «ai suoi lavori».
Nella sua opera - che comprende più di settecento testi tra libri, articoli, prefazioni e saggi - si distinguono opere che furono pionieristiche per i suoi tempi, sebbene oggi abbiano numerosi continuatori.
Nei suoi primi libri espone una sintesi dell'etnologia in Spagna e in particolare nei Paesi Baschi: Los pueblos del norte de la peninsula Ibérica (1943), Los pueblos de España (1946), Los vascos (1949).
Gli studi collegati ad aspetti tecnologici vengono dall'epoca in cui diresse il Museo del Pueblo Español. Tra questi spiccano quelli dedicati agli aratri spagnoli (1949) e ai mulini a vento (1952), pubblicati nella Revista de Dialectología y Tradiciones Populares, della quale fu direttore per cinque anni.
Il suo viaggio nel Sahara del 1952 fece sì che i suoi interessi si orientassero sulle minoranze etniche. Pubblicò gli Estudios saharianos (1955), forse il libro più importante sui territori africani allora sotto dominio spagnolo. Los moriscos del reino de Granada (1957) e altri lavori posteriori segnano il sincretismo tra etnografia e storia, essendo frutto del suo intenso lavoro di investigazione negli archivi dell'Inquisizione spagnola: Las brujas y su mundo (1961), la sua opera più conosciuta (tradotta in Italia da Pratiche con il titolo Le streghe e il loro mondo), Vidas mágicas e Inquisición (2 voll., 1967) e, soprattutto, Los judíos en la España moderna y contemporánea (3 voll., 1961-1962). Altri studi su gruppi o minoranze oppresse ci danno una visione su zingari, mendicanti e banditi dell'area mediterranea.
Furono altrettanto innovativi i saggi Ensayo sobre la literatura de cordel (1969), Las formas complejas de la vida religiosa (Religión, sociedad y carácter en la España de los siglos XVI y XVII) (1978), La aurora del pensamiento antropológico. La Antropología en los clásicos griegos y latinos (1983) e La cara, espejo del alma. Historia de la fisiognómica (1987).
Nei 18 volumi che compongono gli Estudios vascos sono raccolti articoli pubblicati nelle prime monografie (La vida rural en Vera de Bidasoa, 1944; Los vascos. Etnología, 1949) e opere della maturità come La hora navarra del XVIII (1969), Etnografía histórica de Navarra (3 vols., 1971-1972) e La casa en Navarra (4 vols., 1982). Sul vecchio regno, e su Gipuzkoa, elaborò, con il fratello Pío, due ampi documentari etnografici.
Nella sua opera Los vascones y sus vecinos studia la storia antica dei i Baschi e dei loro vicini dell'Aquitania. In questo libro incorpora alcune novità in relazione con scritti precedenti, affermando che la lingua che si può comparare al basco è la parlata di certi gruppi etnici aquitani antichi, così come dei Pirenei più orientali.
Scrisse anche sulla propria famiglia; in Los Baroja parla dello zio Pío Baroja, dell'altro zio Ricardo, pittore, e di tutta la sua famiglia.
Fu sepolto a Vera de Bidasoa (Navarra), dove i Baroja possiedono una casa familiare chiamata "Itzea", comprata dallo zio Pío Baroja.
Fu componente della Real Academia de la Lengua Española, della Real Academia de la Historia e della Academia de la Lengua Vasca. Ricevette il Premio Principe delle Asturie per le scienze sociali (1983), la Medaglia d'oro delle Belle Arti (1984), il Premio nazionale delle Lettere Spagnole, il Premio Internazionale Menéndez Pelayo (1985) e il Premio Principe di Viana per la cultura (1989).
Nel 2002 l'Università Carlo III di Madrid gli ha dedicato un Istituto di Storiografia.
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