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astronomo polacco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Jan Heweliusz (Danzica, 28 gennaio 1611 – Danzica, 28 gennaio 1687) è stato un astronomo polacco, conosciuto con il nome latinizzato di Johannes Hevelius o, più raramente, quello italianizzato Giovanni Evelio[1][2][3].
Fu considerato come il fondatore della topografia lunare e descrisse 11 nuove costellazioni, 7 delle quali sono tuttora in uso.
Nacque a Danzica, Polonia, nel 1611, in una ricca famiglia di produttori di birra di origini ceche. Si trasferì Leida nel 1630 per studiare giurisprudenza. Viaggiò in Inghilterra e Francia. Nel 1634 tornò nella città natale per lavorare nell'impresa di famiglia, e lì divenne anche consigliere comunale.
Dal 1639 il suo interesse principale fu l'astronomia, sebbene per tutta la vita ricoprì un ruolo importante nelle faccende municipali. Nel 1641 costruì a casa sua un osservatorio, fornito di uno splendido equipaggiamento strumentale, incluso un telescopio "senza tubo" da 45 metri di lunghezza focale. L'osservatorio fu visitato, il 29 gennaio 1660 dal Re Giovanni II Casimiro di Polonia e dalla Regina Maria Gonzaga.
Hevelius sposò Caterina, sua prima moglie, che morì nel 1662. Un anno dopo Hevelius sposò Elżbieta Koopman, la giovane figlia di una famiglia di commercianti, da cui ebbe quattro figli. Elżbieta sostenne sempre Hevelius, fino alla pubblicazione delle opere dopo la sua morte, ed è considerata la prima astronoma della storia.
Hevelius fece osservazioni sulle macchie solari (dal 1642 al 1645). Dedicò quattro anni mappando la superficie lunare, scoprì la librazione della Luna in longitudine. Pubblicò i suoi risultati in Selenographia (nel 1647), un lavoro per il quale si guadagnò il titolo di "fondatore della topografia lunare". Negli anni seguenti scoprì quattro comete (apparse, rispettivamente nel 1652, 1661, 1672 e 1677) e teorizzò la loro rivoluzione in traiettorie paraboliche attorno al Sole.
Il 26 settembre 1679 il suo osservatorio, gli strumenti e i suoi libri, furono distrutti da un incendio, la catastrofe venne descritta nella prefazione al suo Annus climactericus (nel 1685). Riparò prontamente il danno giusto in tempo per poter osservare la Grande Cometa del dicembre 1680. Ma le sue condizioni di salute si aggravarono, e morì il 28 gennaio 1687, giorno del suo 76º compleanno. Hevelius fu sepolto nella Chiesa di Santa Caterina, nella sua città natale Danzica.
Gli è stato dedicato un asteroide, 5703 Hevelius [4].
Selenographia sive Lunae Descriptio | ||||||||
L'opera Selenographia sive Lunae Descriptio, fu pubblicata a Danzica nel 1647, ed è costituita da uno splendido volume in cui Hevelius disegna un'accurata cartografia lunare, subito considerata una tra le più grandi opere scientifiche del Seicento. | ||||||||
Dissertatio de Nativa Saturni facie | ||||||||
L'opera Dissertatio de Nativa Saturni facie fu pubblicata a Danzica nel 1656. In essa, Hevelius sosteneva che il pianeta fosse composto da un corpo centrale ovoidale da cui sporgevano due oggetti a forma di luna. | ||||||||
Mercurius in Sole visus | ||||||||
L'opera Mercurius in Sole visus fu pubblicata a Danzica nel 1661. In essa, Hevelius descrive il transito di Mercurio davanti al Sole, avvenuto il 3 maggio 1661. Egli vide l'ingresso di Mercurio sul Sole ma non la sua uscita, perché i due astri si trovavano ormai sotto l'orizzonte. Il diametro apparente di Mercurio, ricavato da Hevelius tramite la sua osservazione, fu una delle più accurate determinazioni del Seicento: differiva dal valore vero a meno di 0.5”. | ||||||||
Historiola Mirae | ||||||||
L'opera Historiola Mirae fu pubblicata a Danzica nel 1662. In essa, Hevelius descrive le osservazioni della stella variabile Omicron Ceti che lui stesso chiamò "Mira" (che significa "meravigliosa") perché si comportava come nessun'altra stella osservata. | ||||||||
Prodromus cometicus | ||||||||
L'opera Prodromus cometicus fu pubblicata a Danzica nel 1665. In essa, Hevelius raccoglie le sue osservazioni sulla grande cometa apparsa nei cieli europei nell'inverno 1664-1665. Due tavole della stessa opera, contrassegnate con Fig. A e Fig. B, raccolgono 28 disegni della cometa osservata al telescopio dall'inizio della sua apparizione, avvenuta il 14 dicembre 1664, fino alla sua scomparsa, il 18 febbraio 1665. In queste due tavole è interessante notare, oltre all'evoluzione della coda cometaria, anche l'evolversi del suo nucleo e della sua chioma. | ||||||||
Cometographia | ||||||||
L'opera Cometographia fu pubblicata a Danzica nel 1668. In essa, Hevelius teorizzava, per analogia con il moto dei proiettili sulla Terra, che le comete avessero traiettorie paraboliche. Hevelius descrive e commenta, con molti particolari, le comete del 1652, 1661, 1664 e 1665.
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Machina coelestis | ||||||||
L'opera Machina coelestis è suddivisa in due volumi, entrambi pubblicati a Danzica: il primo nel 1673, il secondo nel 1679.
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Annus climactericus | ||||||||
L'opera Annus climactericus fu pubblicata a Danzica nel 1685. Nella prefazione, di quest'opera, Hevelius descrive l'incendio avvenuto il 26 settembre 1679, che distrusse il suo osservatorio, la stamperia, la sua casa, e la maggior parte delle copie delle opere contenute nella biblioteca. | ||||||||
Prodromus Astronomiae | ||||||||
L'opera Prodromus Astronomiae[6][7][8][9] fu pubblicata postuma a Danzica nel 1690 dalla sua seconda moglie, Elżbieta Koopman. L'opera è suddivisa in tre volumi.
Nella sua opera, Hevelius aggiunse 11 nuove costellazioni alle 48 già elencate da Tolomeo nel suo Almagesto. Attualmente, 7 costellazioni delle 11 introdotte da Hevelius sono ancora in uso:
Per consultare la raccolta delle immagini, riferirsi a Wikimedia Commons, nella categoria Prodromus Astronomiae e nelle sottocategorie Catalogus Stellarum Fixarum e Firmamentum Sobiescianum, Sive Uranographia. |
Un globo celeste basato sulla Uranografia di Johannes Hevelius, risalente al 1690 circa. Il globo, in oro ed argento, raffigura Pegaso con uno speciale messaggio facente riferimento ad Acrisius ed un leone sedente-rampante quale polena della costellazione dell’Arca di Noè, in luogo dell’orso. Si tratta del ciborio (pisside) personale di Giacomo II, re d’Inghilterra, risalente al 1695 circa, durante il periodo del suo esilio in Francia.[11]
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