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film di Woody Allen del 1977 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Io e Annie (Annie Hall) è un film del 1977 diretto e interpretato da Woody Allen.
Io e Annie | |
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Diane Keaton e Woody Allen in una scena del film | |
Titolo originale | Annie Hall |
Paese di produzione | Stati Uniti d'America |
Anno | 1977 |
Durata | 93 min e 91 min |
Genere | commedia, sentimentale |
Regia | Woody Allen |
Sceneggiatura | Woody Allen, Marshall Brickman |
Produttore | Charles H. Joffe |
Produttore esecutivo | Robert Greenhut |
Casa di produzione | United Artists, Rollins-Joffe Productions |
Fotografia | Gordon Willis |
Montaggio | Wendy Greene Bricmont, Ralph Rosenblum |
Scenografia | Mel Bourne, Robert Drumheller, Justin Scoppa Jr. |
Costumi | Ruth Morley |
Trucco | Fern Buchner |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Logo ufficiale del film |
Inizialmente distribuito in Italia con il titolo di Io e le donne[1], Io e Annie è il film che consacrò Allen tra i maggiori registi americani. Il film, scritto dallo stesso Allen con Marshall Brickman, si è aggiudicato quattro Premi Oscar: miglior film, miglior regista, migliore sceneggiatura originale e miglior attrice protagonista a Diane Keaton.
Nel 1992 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.[2] Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al trentunesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi,[3] mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è sceso al trentacinquesimo posto.[4] Io e Annie si trova inoltre al quarto posto nella classifica delle migliori cento commedie statunitensi,[5] e un'espressione pronunciata in esso dalla Keaton è stata inserita al cinquantacinquesimo posto della classifica delle migliori cento battute del cinema statunitense.[6]
Il comico Alvy Singer si è lasciato con Annie Hall dopo un anno circa di relazione e si ritrova ora a raccontare la storia del loro rapporto, cercando di capire quali suoi problemi sviluppati durante l'infanzia (depressione, nevrosi) possano essere stati complici della fine della storia.
Partendo dal loro primo incontro, Alvy spiega l'evoluzione del loro amore, dalle prime fasi di felicità al deterioramento, fino alla definitiva rottura.
Originariamente il film doveva chiamarsi Anedonia[1] (termine usato in psicologia e psichiatria per indicare l'incapacità di un paziente a provare piacere, anche in circostanze e attività normalmente piacevoli come dormire, nutrirsi, copulare e avere contatti sociali), ma tale titolo fu giudicato inappropriato[7] e venne cambiato solo qualche settimana prima dell'uscita del film nelle sale.
Il primo montaggio del film durava quattro ore ed era incentrato sulla figura di Alvy, ma Allen lo modificò profondamente concentrandolo sulle parti che riguardavano la storia d'amore tra Alvy e Annie, facendolo divenire una "commedia romantica nevrotica"[1].
Nel film Allen utilizza diverse tecniche cinematografiche, dallo split screen, ai sottotitoli che svelano agli spettatori i pensieri dei personaggi (ben diversi da ciò che stanno dicendo ad alta voce). Inoltre, qui per la prima volta Allen fa parlare i personaggi fuori campo, espediente che utilizzerà spesso nei suoi successivi film.
Nella pellicola si segnala, in un piccolo ruolo, l'esordio sul grande schermo di un'ancora sconosciuta Sigourney Weaver, nei panni di una delle ragazze di Alvy Singer[8]; fanno piccole apparizioni anche dei giovani Jeff Goldblum[8] e John Glover, rispettivamente nei ruoli di un ragazzo al telefono, inquadrato per pochi secondi, e di uno dei precedenti spasimanti di Annie. Un emergente Christopher Walken interpreta infine il fratello di Annie.
È inoltre presente nel film un breve cameo del celebre sociologo canadese Marshall McLuhan, nei panni di se stesso[9] e di Truman Capote che interpreta «un uomo che sembra Truman Capote» — quest'ultima frase non presente nel doppiaggio italiano.
Allen ha ammesso d'essere stato avvicinato più volte dalle case cinematografiche per realizzare un sequel di Io e Annie, ma dato il suo disinteresse verso il profitto tipico dello show-business di Hollywood, non volle svendere la sua opera e per questo continuò a rifiutare le proposte[10].
Nel 1995 ha parlato per la prima volta delle sue idee riguardanti un seguito, approfondendo i motivi dell'abbandono[11]:
«I did think once – I'm not going to do it – but I did think once that it would be interesting to see Annie Hall and the guy I played years later. Diane Keaton and I could meet now that we're about twenty years older, and it could be interesting, because we parted, to meet one day and see what our lives have become. But it smacks to me of exploitation....Sequelism has become an annoying thing. I don't think Francis Coppola should have done Godfather III because Godfather II was quite great. When they make a sequel, it's just a thirst for more money, so I don't like that idea so much.»
«Una volta ci ho pensato [riferito al seguito] – non ho intenzione di farlo – ma una volta ho pensato a quanto sarebbe stato interessante vedere Annie Hall e il personaggio da me interpretato alcuni anni più tardi. Diane Keaton e io ci incontriamo ora che siamo più vecchi di circa vent'anni, e potrebbe essere interessante, dal momento che ci siamo lasciati, incontrarci un giorno e vedere come sono diventate le nostre vite. Però a me sapeva di sfruttamento... Il sequelismo è diventato una cosa fastidiosa. Non credo che Francis Coppola dovesse fare Il padrino - Parte III dal momento che Il padrino - Parte II era molto buono. Quando si fa un seguito è solo per sete di altri soldi, e così l'idea non mi è più piaciuta tanto.»
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