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ingresso e sviluppo o moltiplicazione di un agente infettivo nel corpo di un organismo vivente Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'infezione è un processo caratterizzato dalla penetrazione e moltiplicazione nei tessuti viventi di microrganismi patogeni (batteri, miceti, protozoi), di elminti o di virus. Poiché esistono casi di infezione senza alcun processo morboso, essa non si identifica con il concetto di malattia infettiva.[1]
Infezione | |
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Classificazione clinica delle infezioni | |
Specialità | infettivologia |
Eziologia | microrganismo patogeno e pathogen transmission |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
MeSH | D007239 |
L'evoluzione di un'infezione dipende da vari fattori:
Un'infezione si evolve in diversi modi:
Solo l'ultima delle tre elencate è chiamata malattia infettiva.
Le infezioni si classificano clinicamente secondo:
Gli effetti di una risposta immunitaria sono molto diversi se un'infezione con un determinato germe:
Di solito dopo una prima fase manifesta, in un'infezione primaria, si sviluppa un certo grado di immunità nei confronti del germe responsabile. Pertanto generalmente, in seguito a infezioni ripetute causate dallo stesso tipo di germe non si sviluppa più una malattia infettiva, ma l'infezione resta allo stato latente e non si manifesta più.
Se un determinato microrganismo invade per la prima volta un macrorganismo, il sistema immunitario si trova ad affrontare un nuovo problema. Pertanto l'organismo aziona:
Malauguratamente questo processo richiede tempo (da giorni a settimane). Se il microrganismo è molto contagioso e patogeno l'individuo può persino perdere la vita. Se, invece, resiste finché si sono formati anticorpi specifici, il sistema immunitario ha la meglio e consente all'individuo di guarire.
Un'infezione susseguente (ripetuta), causata dallo stesso germe, potrebbe persino non notarsi: gli anticorpi ancora in circolazione e le cellule di memoria (stoccati nei linfonodi), essendo prodotti rapidamente, identificano e marcano i microrganismi entro poche ore. Così possono essere distrutti e smaltiti dalle cellule specializzate prima che possano danneggiare l'organismo. Questo fenomeno può essere definito nel suo complesso "immunità".
In una vaccinazione attiva si "infetta" un macrorganismo con un determinato microrganismo (o pezzetti di questo) resi (per intervento umano) incapaci di moltiplicarsi. Il sistema immunitario ignora questo fatto e mette in moto tutti i processi specifici per identificare e marcare questo germe "eunuco".
Il paziente sentirà probabilmente leggeri sintomi della reazione immunitaria (mal di testa, sovratemperatura, leggero disagio generale) ma, visto che il germe non si propaga, non avrà altri sintomi. In breve: la vaccinazione attiva è una sorta di simulazione d'infezione.
In una "vaccinazione passiva" si iniettano a scopo terapeutico (non preventivo) degli anticorpi specifici in un organismo. Marcano il tipo di microrganismi per il quale sono destinati (p.es. tetano) e facilitano così la sua neutralizzazione. Per certi germi si può eseguire contemporaneamente una vaccinazione attiva (come prevenzione) e una vaccinazione passiva in caso di una sospettata infezione (p.es. tetano).
Il latte materno contiene anticorpi delle infezioni e vaccinazioni che la madre ha subito. Pertanto durante il periodo di allattamento esso è un'ottima protezione contro tante infezioni. Il latte materno contiene, quindi, un largo spettro di "vaccini passivi".
Malauguratamente l'effetto di vaccinazioni passive (con anticorpi) garantisce immunità per poco tempo (settimane). Visto che non si formano cellule memoria, l'immunità sparisce con la disintegrazione degli anticorpi in circolazione.
La prevenzione e cura delle infezioni è stato per migliaia di anni il nodo cruciale ed irrisolto della medicina. Solo poche generazioni fa si è cominciato a comprendere l'eziologia e il meccanismo di diffusione di quelle malattie che fino ad allora erano state considerate incurabili e che avevano causato milioni di morti come la peste bubbonica, il vaiolo, il tetano, la malaria ed altre. L'importanza anzitutto delle condizioni igieniche venne riconosciuta in tutta la sua portata dal medico ungherese Ignaz Philipp Semmelweis (1818-1865).
Il miglioramento duraturo delle condizioni sanitarie di una popolazione, oggi come un tempo non avviene solamente grazie alla medicina (condizione indispensabile, ma di per sé non sufficiente), ma soprattutto grazie ad interventi su larga scala (e quindi per lo più alla volontà politica) in grado di modificare le abitudini igieniche e dare gli strumenti adeguati al maggior numero di persone.
Fra le misure di prevenzione efficaci su larga scala si ricordano:
Più avanti si riconobbe come misura medica l'importanza della battaglia contro i vari parassiti come artropodi, pulci, pidocchi, vermi intestinali (elminti).
Rimanevano (alle nostre latitudini) le problematiche (e l'alta mortalità) delle malattie infettive infantili e di diverse malattie come ad esempio la tubercolosi e il vaiolo per quanto riguardava gli adulti. In questo settore, la medicina accademica fece un grande progresso con lo sviluppo e l'introduzione delle vaccinazioni non solo degli uomini ma anche del bestiame (e recentemente anche degli animali domestici); questo riduceva notevolmente anche le zoonosi (infezioni tramite gli animali come "vettori").
La comprensione, la pratica medica negli esseri umani, e l'avvio della ricerca scientifica nel campo delle vaccinazioni (da vaccino, ovvero di vacca) si devono al medico inglese Edward Jenner (1749-1823) il quale per questa scoperta venne nominato membro della Royal Society (si ricorda per inciso che il premio Nobel viene assegnato solamente dal 1901).
L'efficacia di muffe e piante pare fosse nota già agli albori della civiltà, ma la storia vera e propria degli antibiotici e della loro comprensione inizia con la scoperta della penicillina (1928), l'uso di questa muffa permise ad Alexander Fleming (1881-1955) e poi a tutti noi di salvare milioni di vite umane e naturalmente di avviare il filone di ricerca relativo. Lo scienziato scozzese riceve per questo il Premio Nobel per la medicina nel 1945.
I primi antibiotici sintetici erano dei sulfonamidici e il noto SALVARSAN contro la sifilide. Più tardi (intorno agli anni 1940) furono scoperti gli "antibiotici" a base di miceti che riuscivano (e riescono) a combattere efficacemente le infezioni batteriche.
Malauguratamente mancano ancora farmaci altrettanto potenti per le infezioni virali (p.es. epatite), protozoiche (p.es. malaria) e micetiche (p.es. tinea pes). Sono state individuate alcune sostanze con attività farmacologica di merito (virostatici, antiprotozoiche, fungicidi), ma con campi d'impiego clinico, allo stato, relativamente ridotti.
Tramite la sempre migliore comprensione degli aspetti fisiologici del sistema immunitario, sono in corso anche progressi clinici rispetto alla sua stimolazione funzionale (immunomodulazione), ad esempio tramite gli interferoni.
Anche le capacità cliniche per interventi sintomatici e palliativi sono notevolmente migliorate e non sono da trascurare: possono spesso prolungare il tempo di resistenza dell'organismo contro una prima infezione e danno così il tempo necessario al sistema immunitario per organizzare delle difese efficaci.
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