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film del 1977 diretto da Luigi Magni Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
In nome del Papa Re è un film italiano del 1977 diretto da Luigi Magni.
In nome del Papa Re | |
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Paese di produzione | Italia |
Anno | 1977 |
Durata | 103 min |
Rapporto | 1,85:1 |
Genere | storico, drammatico |
Regia | Luigi Magni |
Soggetto | Gaetano Sanvittore (romanzo I misteri del processo Monti e Tognetti) |
Sceneggiatura | Luigi Magni |
Produttore | Franco Committeri |
Casa di produzione | Jupiter Generale Cinematografica |
Distribuzione in italiano | Cineriz |
Fotografia | Danilo Desideri |
Montaggio | Ruggero Mastroianni |
Musiche | Armando Trovajoli |
Scenografia | Lucia Mirisola |
Costumi | Lucia Mirisola |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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È il secondo della trilogia iniziata con Nell'anno del Signore (1969) e proseguita con In nome del popolo sovrano (1990); film nei quali ricorre il tema del rapporto tra il popolo e l'aristocrazia romana con il potere pontificio, tra gli sconvolgimenti accaduti nel periodo risorgimentale.
Il film, liberamente ispirato a I misteri del processo Monti e Tognetti (di Gaetano Sanvittore, Milano, 1869)[1], rappresenta una rilettura romanzata dell'ultima condanna a morte decretata dall'autorità papale, il 22 ottobre 1867[2]: Magni venne accusato di anticlericalismo ma il regista rispose di essere semplicemente contrario al potere temporale dei pontefici e ai processi fatti senza ragioni[3].
A questo film si è ispirata la miniserie televisiva L'ultimo papa re, andata in onda su Rai 1 l'8 e 9 aprile 2013.
Nell'ottobre del 1867, la Roma papalina guidata da Pio IX viene sconvolta da un attentato dinamitardo nelle fogne della caserma Serristori, dove perdono la vita venticinque zuavi pontifici francesi. La contessa Flaminia, madre segreta del rivoluzionario Cesare Costa, accusato insieme agli amici Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti di aver compiuto tale strage, si rivolge a un giudice della Sacra Consulta, monsignor Colombo da Priverno, giudice del tribunale pontificio, affinché la aiuti.
Per vincere la resistenza del monsignore gli rivela che è il padre dell'arrestato, nato da una fugace relazione nel 1849. Il prelato riuscirà a liberarlo e nasconderlo in casa sua insieme alla fidanzata, ma non a intervenire in favore degli altri due arrestati, che verranno condannati a morte dal tribunale ecclesiastico, nonostante l'arringa di monsignor Colombo, il quale sarà redarguito dal padre generale dei gesuiti.
Il giovane verrà però ucciso in un'imboscata tesa dal marito della contessa ritenendolo l'amante della moglie. Infine, Colombo vorrebbe scrivere una lettera piena di amarezza e risentimento al Papa, senza riuscirci, perché il suo perpetuo piange per il dispiacere, e rompe con il generale della Compagnia di Gesù, a cui durante la Messa non concede la santa comunione.
Il film descrive con accenti grotteschi la decrepitezza del potere temporale e delle sue leggi nella Roma papalina dove, dopo la citata arringa di monsignor Colombo, uno degli anziani vescovi viene risvegliato dal sonno per il tempo necessario a votare la condanna a morte dei due patrioti. Tale potere cadrà tre anni dopo con la breccia di porta Pia.
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