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condizione patologica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Per ileo (dal greco eiléin, torcere, serrare), si intende una grave condizione patologica, conosciuta altrimenti come occlusione intestinale, legata all'arresto della progressione della digestione del contenuto intestinale, liquido, solido o gassoso[1].
In base alla causa si possono distinguere[1]:
Viene definita invece subocclusione intestinale una condizione particolare di ileo meccanico, in cui l'ostruzione sia solo parziale, manifestandosi con episodi subacuti e/o ricorrenti[1].
Ileo meccanico
Nel caso dell'ileo meccanico il lume intestinale può essere ostruito per una:
In ogni caso l'occlusione può essere incompleta, caratterizzata da episodi sfumati detti sub-occlusivi che regrediscono e si ripetono nel tempo fino alla fase di occlusione critica, o completa, che esordisce con un quadro clinico acuto. La terapia è sostanzialmente chirurgica e consiste nella rimozione della causa occlusiva, con conseguente normalizzazione delle alterazioni fisiopatologiche tipiche della malattia.
L'ileo meccanico è caratterizzato dalla sofferenza di un segmento circoscritto dell'intestino mentre il resto del viscere viene coinvolto solo in un secondo momento. Dal punto di vista anatomopatologico si possono osservare quadri diversi legati alla evoluzione della malattia:
Ileo adinamico o paralitico
In questo caso l'intestino viene coinvolto globalmente fin dall'inizio in quanto l'evento scatenante, ossia la paralisi, interessa non un particolare segmento, ma tutto il viscere. Il quadro anatomo-patologico inizialmente evidenzia una modesta dilatazione dei primi tratti intestinali (che possono essere adeguatamente decompressi con l'introduzione di un sondino naso-gastrico) e qualche volta di quelli distali (per i quali, allo stesso scopo è utilizzata una sonda rettale). Raramente l'occlusione paralitica raggiunge livelli preoccupanti, in quanto la paralisi abitualmente regredisce nell'arco di poche ore; quindi questa forma presenta un decorso clinico meno grave rispetto a quella meccanica. Tipico esempio è l'ileo paralitico post-operatorio. Diverso è il caso in cui l'adinamia rappresenti la fase terminale di un ileo meccanico, sia dovuta a peritonite o a insufficienza vascolare mesenterica. In questi casi costituisce un segno prognostico e diagnostico molto importante.
Per comprendere la gravità del quadro occlusivo è necessario ricordare alcuni aspetti della fisiologia e della fisiopatologia del canale alimentare.
Uno stato di occlusione intestinale in assenza di una evidente causa di ostruzione viene definita ileo paralitico. Esso è caratterizzato:
È legato alla atonia della muscolatura intestinale per inibizione della sua innervazione da parte di varie sostanze, locali o esterne, che agiscono su recettori specifici peritoneali. Tra le tante cause ne ricordiamo le più frequenti:
Gli interventi di chirurgia, particolarmente addominale, costituiscono la causa più frequente di ileo paralitico. Esso si presenta sistematicamente ma in tempi e modi diversi legati a vari fattori:
Nel caso dell'ileo meccanico si riconoscono diversi meccanismi di occlusione:
Il paziente presenta un quadro caratterizzato da nausea, vomito e distensione addominale con dolore poco intenso e mal localizzabile. In generale l'entità poco rilevante dei sintomi ed i dati anamnestici (intervento subìto, trauma pregresso, colica in atto) servono a differenziarlo agevolmente dall'occlusione meccanica. L'ileo paralitico (adinamico) si divide in peritonitico e da appendicite oppure infarto intestinale e post-operatorio con cessamento di funzione dell'intestino dopo chirurgia. Ci sono due sistemi che controllano l'attività intestinale: il sistema parasimpatico che controlla l'innalzamento dell'attività intestinale e il sistema simpatico che controlla l'abbassamento dell'attività intestinale. La diagnosi che si esegue è la diretta radiografia addominale oppure il TX durante un intervento chirurgico.
I sintomi della occlusione meccanica sono costituiti da:
La diagnosi di occlusione intestinale non è particolarmente difficile così come non lo è la distinzione tra forme meccaniche e forme paralitiche. Nell'ileo meccanico risulta invece più problematico individuare la causa che l'ha determinato, il livello della ostruzione, così come stabilire il momento più opportuno nel quale intervenire.
La diagnosi eziologica, e quindi l'individuazione della causa che ha determinato la patologia, è indubbiamente più difficile. Spesso è possibile solo al campo operatorio. Tranne che in alcuni casi evidenti, quale può essere uno strozzamento di un'ernia, o l'occlusione secondaria ad ingestione di un corpo estraneo (dato anamnestico) in molti casi è una diagnosi di presunzione. Riveste un ruolo importante una raccolta accurata dell'anamnesi che deve riguardare in particolare le patologie pregresse o concomitanti.
Anche l'età può risultare utile alla diagnosi etiologica.
La transitorietà di questa condizione e la sua reversibilità limita il ricorso a terapie particolari. L'entità e la durata dell'ileo post-operatorio varia con il tipo di intervento subito e nel caso di interventi minori in cui esso si risolve in poche ore (appendicectomia, ernioplastica, colecistectomia per via laparoscopica) non è prevista terapia specifica. Nel caso di interventi maggiori è invece opportuna, a scopo decompressivo, la derivazione esterna dei succhi gastrici e intestinali con il posizionamento di un sondino naso-gastrico o naso-intestinale e una terapia integrativa idro-elettrolitica mediante infusione di soluzioni idricosaline. Nel caso di stato occlusivo paralitico indotto da eventi morbosi è sufficiente la terapia causale.
Nel caso di ileo meccanico è sempre opportuna una adeguata terapia infusionale volta a evitare gli squilibri idro elettrolitici ed una copertura antibiotica a largo spettro per controllare il rischio di infezioni. Farmacologicamente si riesce a bilanciare gli effetti fisiopatologici negativi indotti dallo stato occlusivo, ma per breve tempo e quindi nei casi in cui esso regredisce spontaneamente o viene comunque risolto in modo incruento. Negli altri casi, quelli in cui la malattia evolve, la terapia medica comunque si mostra utile, perché consente di preparare adeguatamente il paziente all'intervento. Per lo stesso scopo è necessario ricorrere anche al posizionamento dei drenaggi evacuativi: sondino naso-gastrico e/o una sonda rettale.
Dal punto di vista chirurgico l'intervento si pone alcuni obiettivi:
L'aggravamento del quadro clinico costituisce in genere l'indicazione alla terapia chirurgica ma occorre tener presente che se il ricorso ad un intervento troppo precoce può costituire un errore (un intervento praticato in urgenza comporta molti rischi ed inoltre alcune occlusioni si risolvono spontaneamente) intervenire tardivamente può rappresentare un dramma (paziente in condizioni generali molto compromesse). Queste considerazioni trovano riscontro nei dati statistici riferiti a questa tipologia di operazioni. I casi clinici operati precocemente hanno una prognosi più favorevole, ma i casi operati in urgenza hanno una più alta percentuale di mortalità. Appare quindi razionale, nei casi in cui non vi siano urgenze indifferibili (stato peritonitico) intervenire precocemente dopo aver stabilizzato il paziente.
Spesso, soprattutto se lo si fa in urgenza, si interviene ignorando il livello e la natura della occlusione. Pertanto è buona norma eseguire una laparatomia che consenta un accesso ampio alla cavità addominale con una buona esposizione di tutti i visceri.
Nel caso in cui la occlusione sia particolarmente grave e la distensione delle anse impedisca ogni tipo di manovra, a volte anche la semplice esplorazione, sono previste varie opzioni per detendere i segmenti coinvolti, anche se aumentano il rischio di contaminazione peritoneale per spandimento del liquido enterico o del materiale fecale. Allo scopo si può ricorrere ad una enterotomia decompressiva o meglio ad una puntura aspirativa mediante un grosso punteruolo collegato ad un aspiratore.
Se la situazione è tanto critica da rendere alto il rischio di deiscenza delle suture anastomotiche, è opportuno proteggerle esteriorizzando i segmenti occlusi con ileo o colostomie (gr. stoma = bocca) decompressive esterne in cui il tratto di ileo o di colon a monte della anastomosi viene abboccato alla parete addominale. Un tipo particolare di stomia è quella che si praticava abitualmente, ma che ancora oggi viene eseguita per alcune patologie del sigma quali i diverticoli complicati o il volvolo, e che prende il nome di esteriorizzazione alla Mikulicz. Queste stomie verranno chiuse a distanza di tempo con un reintervento. Nei casi più gravi per l'entità dei fenomeni occlusivi o per la presenza di peritonite in atto o per la difficoltà tecnica di procedere alla ricostruzione o per la gravità del quadro generale che richiede un intervento rapido, è prudente limitarsi ad una derivazione esterna rimandando ad un secondo tempo la ricostruzione anastomotica allorché il miglioramento del quadro generale e locale renderà più sicura la tenuta delle suture.
A ogni laparatomia è legata la possibilità che si formino aderenze o briglie cicatriziali, a maggior ragione a quelle praticate per risolvere i quadri occlusivi (interventi effettuati in urgenza, ampiezza del taglio, manipolazione dell'intestino, infiammazione dei visceri e del peritoneo). Così, non di rado, può accadere che un paziente operato per occlusione intestinale vada incontro ad uno o più ulteriori fatti occlusivi per i quali è necessario un nuovo intervento. Negli ultimi decenni la chirurgia mini-invasiva ha soppiantato in molti settori quella aperta tradizionale. In relazione alla patologia occlusiva questa tecnica si presta a considerazioni importanti:
Quadri radiografici:
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