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composto chimico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'idroclorotiazide è un diuretico tiazidico appartenente alla classe delle benzotiazidi, che agisce a livello renale inibendo la capacità di quest'organo nel ritenere sodio ed acqua. L'aumentata diuresi riduce il volume di sangue, il ritorno plasmatico verso il cuore e l'output cardiaco.[2]
Idroclorotiazide | |
---|---|
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C7H8ClN3O4S2 |
Massa molecolare (u) | 297,74 |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 200-403-3 |
PubChem | 3639 |
DrugBank | DBDB00999 |
SMILES | C1NC2=CC(=C(C=C2S(=O)(=O)N1)S(=O)(=O)N)Cl |
Dati farmacologici | |
Categoria farmacoterapeutica | diuretico tiazidico |
Modalità di somministrazione | per os, parenterale |
Dati farmacocinetici | |
Metabolismo | epatico (ma scarso) |
Escrezione | renale (quasi totalmente come farmaco immodificato) |
Indicazioni di sicurezza | |
Simboli di rischio chimico | |
attenzione | |
Frasi H | 302 |
Consigli P | ---[1] |
Il composto esercita la sua attività diuretica tramite l'inibizione del simporto (cotrasportatore) Na+-Cl- a livello del tubulo contorto distale, competendo per il sito di trasporto del cloro. Il cotrasportatore Na+-Cl− svolge la funzione di facilitatore del riassorbimento di sodio dal tubulo distale in direzione dell'interstizio. Idroclorotiazide, riducendo il riassorbimento di sodio, determina un aumento di volume di fluidi che viene perso con le urine (ovvero una maggiore escrezione di sodio ed acqua), il che comporta una riduzione del volume extracellulare così come una contrazione del volume plasmatico.
La perdita di questo volume di fluidi a sua volta determina una riduzione del ritorno venoso, un incremento di rilascio di renina, una riduzione dell'output cardiaco ed una riduzione della pressione arteriosa.
Il composto, come altri tiazidi, aumenta il riassorbimento di calcio da parte del tubulo distale in modo non correlato al trasporto di sodio. Inoltre, attraverso altri meccanismi non completamente chiariti, si ritiene che la molecola, con l'uso cronico, possa comportare una riduzione della resistenza vascolare periferica.[2]
Dopo somministrazione per via orale idroclorotiazide viene ben assorbita dal tratto gastroenterico, sia pure con variabilità individuali. La contemporanea somministrazione di cibo riduce la quota assorbita. La biodisponibilità della molecola raggiunge il 70%. L'emivita di eliminazione è pari a circa 2,5 ore. Il farmaco si distribuisce nello spazio extracellulare, non oltrepassa la barriera ematoencefalica, ma attraversa la barriera placentare e viene secreto nel latte. L'eliminazione dall'organismo avviene attraverso l'emuntorio renale: circa il 60% del farmaco viene eliminato immodificato entro 24 ore.
La molecola è utilizzata nel trattamento degli stati edematosi in genere, sia associati a malattie cardiache (insufficienza cardiaca congestizia), sia epatiche (cirrosi epatica) sia renali (sindrome nefrosica, insufficienza renale cronica e glomerulonefrite acuta). Si usa anche per trattare l'ipercalciuria di varia origine.
A volte idroclorotiazide viene anche utilizzata per il trattamento dell'ipoparatiroidismo,[3]
della malattia di Dent[4][5]
e della malattia di Ménière.[6][7][8]
Nel diabete insipido, l'effetto dei diuretici tiazidici è presumibilmente legato ad un aumento del riassorbimento di sodio e acqua nel tubulo prossimale, indotto dall'ipovolemia. Viene così a diminuire l'acqua nei siti ADH-sensibili dei tubuli collettori ed in ultima analisi si assiste ad una diminuita diuresi.[9]
Gli effetti avversi potenzialmente più gravi dei tiazidici sono associati alle anomalie idroelettrolitiche da essi indotte ed in particolare alla riduzione del volume extracellulare, all'alcalosi metabolica, all'ipotensione arteriosa, nonché a ipokaliemia, ipomagnesiemia, ipercalcemia e iperuricemia. Va tenuto presente che molti soggetti in trattamento con diuretici tiazidici sono a rischio di sviluppare iponatriemia fatale.[10][11][12][13]
Idroclorotiazide può causare anche altri disturbi di tipo gastrointestinale (ad esempio perdita di appetito, secchezza delle fauci, dispepsia, nausea, vomito, dolori addominali crampiformi, diarrea o costipazione). Sono stati segnalati anche casi di colecistite[14][15][16]
e pancreatite.[17][18][19][20]
Alcuni pazienti in corso di trattamento possono sviluppare disturbi di tipo neurologico (generalmente cefalea, vertigini, parestesie e disturbi cutanei e da ipersensibilità (rash cutaneo, orticaria, fotosensibilità).
Altri effetti indesiderati segnalati comprendono affaticamento, gotta, impotenza.
Come già ricordato idroclorotiazide ed altri tiazidici possono comportare iperglicemia ed anche un aumento delle concentrazioni plasmatiche di colesterolo totale e LDL, così come dei trigliceridi totali.
Il farmaco è controindicato nei soggetti con ipersensibilità individuale nota al principio attivo, ai sulfamidici oppure ad uno qualsiasi degli eccipienti della formulazione farmacologica. Non deve essere utilizzato nei soggetti che presentano insufficienza renale o epatica, iperuricemia, anuria, ipokaliemia refrattaria, iponatriemia. Il farmaco è controindicato anche nelle donne in stato di gravidanza o che allattano al seno.
Va ricordato che un uso routinario di diuretici in una gravidanza a normale evoluzione è inappropriato ed espone la madre ed il nascituro a rischi evitabili. La tossiemia gravidica non è affatto prevenibile con l'uso di diuretici e pertanto questi ultimi non sono di alcuna utilità.
L'edema della gravida è correlato ad un minor ritorno venoso causato dalle aumentate dimensioni dell'utero, ed è trattato correttamente semplicemente tramite l'elevazione degli arti inferiori e l'utilizzo di calze elastiche.
La Food and Drug Administration (FDA) ha inserito l'idroclorotiazide in classe B per l'uso in gravidanza. Questa classe comprende i farmaci i cui studi riproduttivi sugli animali non hanno mostrato un rischio per il feto e per i quali non esistono studi controllati sull'uomo. Comprende inoltre farmaci i cui studi sugli animali hanno mostrato un effetto dannoso (oltre a un decremento della fertilità) che non è stato confermato con studi controllati in donne nel primo trimestre di gravidanza e per i quali non c'è evidenza di danno nelle fasi avanzate della gravidanza.[21]
I tiazidici sono escreti nel latte materno. A causa delle potenziali reazioni avverse nei lattanti, tenendo presente l'importanza del trattamento per la madre, si deve decidere se si intende interrompere l'assunzione del diuretico durante il periodo di allattamento al seno, oppure se si vuole rinunciare a quest'ultimo.
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