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critico d'arte e collezionista d'arte italiano (1920-2009) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Giovanni Carandente (Napoli, 30 agosto 1920 – Roma, 7 giugno 2009) è stato un critico d'arte, collezionista d'arte e storico dell'arte, docente, dirigente e giornalista italiano.
«Se un critico è un sorriso, se un critico è umanità e dolcezza, e anche ironia, Giovanni Carandente (…) è stato tutto questo. Se un critico significa conoscere la storia dell'arte a livello internazionale allora Carandente è stato uno dei pochi in grado di narrare l'arte dell'intero secolo scorso in Occidente. (…) Ci ha insegnato a guardare e, grazie alla sua generosità, la sua raccolta, fra cui bellissime sculture di Calder, le vedono tutti: le ha donate alla Galleria Civica di Spoleto. Sapeva scrivere come pochi, e aveva senso sublime della forma, come Lionello Venturi, il suo Maestro, e pochissimi altri allora.»
Di origini modeste, nasce a Napoli da padre cuoco e madre portinaia; rimane orfano di padre a soli otto mesi. Dopo la maturità classica si iscrive all'Università Federico II di Napoli dove segue le lezioni di Giuseppe Toffanin, Ernesto Pontieri, Costanza Lorenzetti e Salvatore Battaglia. Si laurea nel 1944 con una tesi su Mattia Preti a San Pietro a Majella, pubblicata poi sulla rivista Brutium di Alfonso Frangipane. Quindi si trasferisce a Roma per seguire il Corso di perfezionamento in Storia dell'Arte.
Gli inizi della sua carriera si situano nella Roma del primo dopoguerra, alla scuola di eccelsi maestri quali Lionello Venturi, Pietro Toesca, Cesare Brandi, Mario Salmi, Erwin Panofsky e Giulio Carlo Argan.
Carandente si pone al servizio della tutela artistica presso alcune Soprintendenze:
Nel 1954 a Roma è nominato ispettore del settore mostre presso la Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea dove rimarrà fino al 1960.
All'attività scientifica affianca numerose collaborazioni; nel 1957 partecipa al Primo Congresso in Italia dell'Associazione internazionale dei critici d'arte (AICA) per cui svolge funzioni di Segretario generale. Nel 1961 lascia la Galleria Nazionale per passare alla Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d'arte medievali e moderne per il Lazio. Diviene direttore della Galleria nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini, poi direttore del Museo nazionale di Palazzo Venezia. Contemporaneamente svolge attività di conservazione e divulgazione e dirige i restauri di complessi pittorici di Roma e del Lazio.
Alterna attività critica, espositiva e scientifica. Di questo periodo è la pubblicazione del Dizionario della Scultura moderna (1967), preceduta dai volumi sullo scultore statunitense David Smith (1964) e su Marino Marini (1966). Si dedica nel 1968 all'insegnamento universitario, diventando docente all'Istituto di Architettura di Reggio Calabria, dove rimane fino al 1975. Nel 1974 viene nominato Soprintendente del Veneto: divide la sede in istituzionale, a Venezia, e organizzativa per il territorio, a Verona, dove crea un laboratorio di restauro. Dal 1978 al 1980 è direttore dell'Università Internazionale dell'Arte a Venezia. Dal 1988 al 1992 direttore delle Arti visive della Biennale di Venezia per la quale organizza una mostra all'aperto dal titolo Le Sculture ai giardini (1988). Alcuni degli artisti presenti: Eduardo Chillida, Willem de Kooning, Mimmo Paladino, Lynn Chadwick, Antonio Ievolella, Louise Nevelson.
Cura l'organizzazione, l'allestimento e i cataloghi di numerose mostre tra cui:
Promuove i movimenti e gli autori stranieri più significativi, concentrando l'attenzione anche alla collocazione ed esposizione delle opere, scelte insieme con gli artisti stessi.
Come giornalista è collaboratore fisso del quotidiano Il Tempo con l'incarico di critico di argomenti artistici e teatrali. Nel 1973 scrive per Il Giorno e nel 1983 per La Stampa. Dal 1984 al 1988 collabora con Il Giornale di Indro Montanelli e dal 2002 con il Corriere della Sera.
Grazie a numerose borse di studio, fin da giovane può viaggiare e abitare per periodi più o meno lunghi all'estero: a Parigi, a Bruxelles, nei Paesi Bassi, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove, nel 1963, grazie al premio Leader's Grant, rimarrà quattro mesi, avendo così modo di visitare musei, gallerie, università e le maggiori collezioni private.
Il lavoro gli consente di diventare amico dei massimi scultori e pittori del secolo come Marini, Henry Moore, Chagall, Joan Miró, Max Ernst, Calder, Balthus, Lynn Chadwick, Andy Warhol, Alicia Penalba, Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Pietro Consagra, i fratelli Basaldella Mirko, Dino e Afro, i fratelli Arnaldo e Giò Pomodoro, Gino Severini, Giuseppe Capogrossi, Carla Accardi, Mario Ceroli così come di grandi architetti, mercanti, direttori di Musei e collezionisti, fra loro: Carlo Scarpa, Renzo Piano, Ieoh Ming Pei, Henry McHilhenny e Peggy Guggenheim.
Carandente diviene noto negli ambienti artistici di Parigi, Berlino, New York e anche in Unione Sovietica, dove conduce tre anni di ricerche nei musei e negli archivi sovietici per una ricostruzione storica delle avanguardie russe; il lavoro culmina nella mostra dell'Arte Russa e sovietica dal 1870 al 1930, organizzata nel 1989 a Torino per conto della FIAT. Sua anche la cura del catalogo.
Durante il periodo di Presidenza di Giuseppe Saragat dal 1964 al 1971 svolge l'incarico di funzionario-accompagnatore ufficiale di Capi di Stato stranieri, per il Cerimoniale diplomatico della Repubblica. In questa veste fa da guida e da interprete a numerosi sovrani e presidenti di tutto il mondo: da Michail Gorbaciov a Nicolae Ceaușescu, dal Maresciallo Tito a François Mitterrand, dalla Regina Elisabetta II al Negus Hailé Selassié, al re Olav V di Norvegia, ai presidenti dell'Austria, Germania, Polonia. Alla fine del 1988 la Regina Elisabetta lo nomina Commander of the Order of the British Empire per premiare il suo contributo nelle relazioni artistiche fra la Gran Bretagna e l'Italia.
Lo stretto rapporto con Spoleto dura circa cinquant'anni. Nel 1961, dopo alcune mostre organizzate a Roma nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Jackson Pollock, Kandinskij, Malevič, Mondrian, Amedeo Modigliani, Gino Rossi e dei capolavori del Museo Guggenheim (New York), il Museum of Modern Art di New York lo incarica di organizzare e allestire la mostra Disegni americani moderni nell'ambito del IV Festival dei Due Mondi.
Nel 1962 progetta e cura la mostra Sculture nella città, a cui partecipano 53 scultori di tutto il mondo, tra questi: Arnaldo Pomodoro, Henry Moore, Alexander Calder, Hans Arp, Pietro Consagra, Giacomo Manzù, Marino Marini, Nino Franchina, Kengiro Azuma, Ettore Colla, Leoncillo Leonardi, Franco Garelli, Quinto Ghermandi, Carlo Lorenzetti, Umberto Mastroianni, Luciano Minguzzi, Augusto Perez, Beverly Pepper, Lynn Chadwick, Mirko Basaldella, Ossip Zadkine, Francesco Somaini, Alberto Viani, David Smith e altri. Alcuni di loro realizzano e donano alla città opere di grande mole, come il Teodelapio di Calder collocato davanti alla stazione ferroviaria di Spoleto, con i suoi 18 metri d'altezza la prima scultura monumentale stabile del mondo. 104 sculture appaiono ovunque, nelle strade e le piazze di Spoleto, durante la V edizione del Festival dei Due Mondi. L'evento, definito leggendario dalla stampa internazionale[2], si configura come pietra miliare nella Storia della scultura del XX secolo. Per l'occasione Carandente invita il fotografo Ugo Mulas a ritrarre gli artisti durante la realizzazione delle loro opere; l'avvenimento gode quindi di un'ampia documentazione fotografica, che sarà utilizzata trent'anni dopo dallo stesso Carandente nel volume Una città piena di Sculture (1992).
Pietro Consagra scrisse:
«A Giovanni Carandente gli scultori del mondo saranno sempre grati e Spoleto resterà unica. Come mai un accordo così possibile e meraviglioso può restare irripetibile?»
Altre collaborazioni con il Festival dei Due Mondi sono le mostre: Disegni italiani, Undici artisti italiani, Arte canadese, Moore a Spoleto, Balthus: disegni e acquerelli. Ultima collaborazione nel 2008 una mostra su Pino Pascali e Leoncillo Leonardi.
Collabora fino ai suoi ultimi giorni con l'amministrazione comunale di Spoleto in occasione di mostre, convegni e incarichi istituzionali come la presidenza dell'Ente Rocca tenuta dal 1982 al 2001. Nel 2000 la collaborazione viene suggellata con l'ordinamento e l'allestimento del museo che sarà a lui dedicato, Museo Carandente, Palazzo Collicola - Arti visive. In tale occasione dona alla città la propria collezione di opere d'arte, (esposte al piano terra di Palazzo Collicola). Il lascito comprende anche la biblioteca d'arte moderna: circa 30.000 volumi d'arte contemporanea conservati nella biblioteca a lui intitolata[3].
Nonostante la sopraggiunta vecchiaia continua a lavorare alacremente: per Il Corriere della Sera tiene conferenze all'estero; cura il n. 184 di Art e Dossier su Manzù, cui seguirà nel 2004 il fascicolo n. 201 dedicato a Moore. Ritorna ancora su Eduardo Chillida, Alexander Calder, Giuseppe Gallo, David Smith e il fotografo Milton Gendel. Ricorda i quarant'anni di amicizia con Alberto Burri, scrive su Pomodoro, Mark Rothko, Pietro Consagra. Nel 2008 è la volta di Afranio Metelli e subito dopo di Pino Pascali e Leoncillo nel rinnovato Museo Carandente, Palazzo Collicola - Arti visive. Nel 2009 cura la mostra antologica di Maurizio Mochetti, prepara l'introduzione al catalogo, ma non potrà essere presente all'inaugurazione il 27 giugno. Due giorni prima di morire lavora alla stesura del testo Calder e l'Italia per il catalogo della mostra romana dedicata all'amico scultore.
Muore a Roma il 7 giugno 2009; viene sepolto al Cimitero monumentale di Spoleto accanto alla sorella Laura, a poca distanza dalla paleocristiana Basilica di San Salvatore[1]. Viene ricordato non soltanto come storico, critico d'arte e amministratore delle Belle arti, ma anche come promotore e scopritore di talenti.
Tanti sono i contributi pubblicati sul Bollettino d'Arte (1949, 1953, 1955), sul Bollettino dell'Istituto Centrale del Restauro (1953), nei cataloghi delle Attività della Soprintendenza alle Gallerie del Lazio (1965, 1969, 1972) e nei Quaderni della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Venezia (1982).
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