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principio giuridico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La gerarchia delle fonti, nel diritto, sancisce che una norma contenuta in una fonte di grado inferiore non può contrastare una norma contenuta in una fonte di grado superiore. Nell'ordinamento giuridico italiano, si ha una pluralità di fonti di produzione, e queste sono disposte secondo una scala gerarchica, secondo la quale la norma di fonte inferiore non può porsi in contrasto con la norma di fonte superiore (gerarchia delle fonti del diritto). Nel caso in cui avvenga un contrasto del genere si dichiara l'invalidità della fonte inferiore dopo un accertamento giudiziario.
All'ultimo livello della scala gerarchica, si pongono gli usi e le consuetudini. Questa è prodotta dalla ripetizione costante nel tempo di una determinata condotta, sono ammesse solo consuetudini secundum legem e praeter legem, non dunque quelle contra legem. Un cenno a parte meritano le consuetudini costituzionali, che talvolta regolano i rapporti tra gli organi supremi dello Stato poiché consistono in comportamenti ripetuti nel tempo per ovviare a determinate norme costituzionali lacunose.
L'antinomia è il contrasto tra due o più norme. Per risolvere l'antinomia tra norme si applicano i seguenti criteri:
Il presupposto è che l'antinomia sorga tra due fonti di pari livello. La norma legiferata successivamente abroga quella precedente. L'abrogazione produce effetti ex nunc, quindi da quel momento. La norma abrogata, perciò, rimane nell'ordinamento, ma produce effetti solo per le fattispecie verificatesi nel passato. Comporta l’abrogazione della norma anteriore ad opera della successiva di pari grado.
Nelle disposizioni sulla legge in generale, nella premessa del Codice civile, è previsto che «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo» (art. 14).
La norma di rango più alto annulla quella di rango inferiore. A differenza dell'abrogazione, l'annullamento produce effetti ex tunc, cioè retroattivi. La norma annullata, quindi, viene esclusa dall'ordinamento, come se non fosse mai esistita e perde qualsiasi effetto prodotto da essa.
La riserva di legge viene preferita sulla riserva assoluta. In questo caso, la riserva assoluta viene semplicemente disapplicata per quella fattispecie. In sostanza, il criterio di specialità, espresso dal brocardo "lex specialis derogat generali", secondo il quale prevale la norma più specifica, ossia quella la cui fattispecie è contenuta nella fattispecie dell'altra: opera il principio della deroga.
Il criterio della competenza non è un criterio prescrittivo, ma esplicativo: serve cioè a spiegare come è organizzato attualmente il sistema delle fonti, e non a indicare all'interprete come risolvere le antinomie. Al contrario del criterio cronologico e il criterio gerarchico (che per esprimere la prevalenza usano rispettivamente l'abrogazione e l'annullamento), la prevalenza del criterio della competenza si esprime attraverso un ragionamento: distinguere gli ambiti di applicazione delle due norme; scegliere la norma competente "per ambito"; la non applicazione della norma incompetente.
Il diritto dell'Unione europea prevale sul diritto interno dei suoi Stati membri, in base al principio di preferenza.
Il confine fra fonti primarie altri tipi di atti amministrativi è sfumato dal fatto che la Costituzione stessa prevede che il legislatore possa delegare parte della potestà legislativa, tipizzando una serie di fonti secondarie come regolamenti e statuti di enti pubblici, ospedali e università, ovvero la potestà regolamentare delle autorità amministrative indipendenti.
Questa strutturazione delle fonti del diritto espone la sovranità popolare e la rappresentatività del Parlamento ad alcune criticità in tema di organizzazione tutela giurisdizionale delle posizioni soggettive.
Sussiste un insieme di elementi costitutivi delle fonti del diritto:
Le leggi-provvedimento derogano i requisiti di generalità e di astrattezza, collocandosi a metà strada con i provvedimenti amministrativi che non sono una fonte del diritto, ma sono all'origine di diritti e obblighi per i destinatari. Il provvedimento è un esercizio della potestà amministrativa e l'atto di scelta dell'autorità amministrativa che dispone il modo di curare un bene pubblico primario individuato dalla legge. Il modo è normalmente procedimentale in quanto incide su situazioni giuridiche soggettive del destinatario ed è il risultato di sequenze di atti di più uffici o organi. Non è possibile rivolgersi al giudice in mancanza di un provvedimento.
La gerarchia delle fonti è esposta sia nel primo articolo delle disposizioni sulla legge in generale, che agli artt. 70 e ss. della Costituzione, oltreché al 116 e ss. per le autonomie regionali. Sebbene la Carta Fondamentale informi tutte le leggi dello Stato, nel caso italiano essa è entrata in vigore sei anni dopo il codice civile del 1942. Pertanto, i due articolati necessitano di essere interpretati congiuntamente.[4]
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