Timeline
Chat
Prospettiva
Galleria degli Specchi (palazzo Medici Riccardi)
galleria di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, affrescata negli anni 1684-1686 da Luca Giordano con una "Apoteosi della dinastia de' Medici" e varie allegorie Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Remove ads
Remove ads
La Galleria degli Specchi (anche detta di Luca Giordano), è una sala monumentale del palazzo Medici Riccardi di Firenze, nota sotto il profilo artistico per il ciclo di affreschi nella volta compiuti da Luca Giordano tra il 1682 e il 1685, inneggianti l'Apoteosi della dinastia Medici.[1]

Si tratta di uno dei più importanti cicli di affreschi barocchi, nonché uno dei massimi lavori eseguiti dal pittore napoletano durante la sua carriera.[2]
Remove ads
Storia
Riepilogo
Prospettiva
Il palazzo Medici Riccardi fu interessato durante la permanenza della famiglia Riccardi da ingenti lavori di ampliamento e rifacimento, che consentirono al medesimo l'aggiunta di un'ala e quindi di ambienti decorati in linea coi gusti del tempo.[1] Francesco Riccardi, nipote del marchese Gabriello Riccardi (a cui il granduca Ferdinando II aveva venduto il palazzo nel 1659) commissionò tra il 1670 e il 1677, dapprima all'architetto Pier Maria Baldi e poi a Giovanni Battista Foggini, il prolungamento del braccio occidentale dell'edificio, con la conseguente realizzazione di nuovi ambienti, tra cui i due massimi spazi di rappresentanza: la Galleria degli Specchi e la biblioteca Riccardiana.[1]
Per le volte delle due sale Francesco Riccardi desiderava la realizzazione di due opere luminose e spettacolari, degne della funzione che avrebbero avuto quei due ambienti.[2] Il Riccardi chiamò in un primo momento a compiere l'impresa decorativa il pittore Ciro Ferri, allievo di Pietro da Cortona.[2] Questi, tuttavia, per via dei troppi impegni a Roma dovette declinare l'invito, pertanto le attenzioni si rivolsero a Luca Giordano, che in quel periodo (1681) era a Firenze, intento a lavorare per i Corsini nella loro cappella gentilizia nella basilica di Santa Maria del Carmine.[2]
Constatato il successo delle pitture compiute dal Giordano, il Riccardi contattò il pittore per perfezionare la commessa, che sarebbe consistita nella rappresentazione di scene mitologiche e virtù esaltanti la dinastia Medici. Il disegno iconografico fu steso dal senatore Alessandro Segni, segretario dell'Accademia della Crusca, di concerto con il marchese Francesco Riccardi.[1] Le scene sono state concepite traendo spunto dal ponderoso volume L'iconologia di Cesare Ripa (1593).[3]
A causa della cospicua mole di commesse che il Giordano aveva in quel periodo, il lavoro fu eseguito, anche con sconcerto da parte dei committenti, a più riprese in due momenti ben distinti: una prima parte fu realizzata intorno al 1682, sostanzialmente vennero predisposti i disegni e bozzetti preparatori (oggi per lo più alla National Gallery di Londra o sparsi per collezioni private del mondo)[2] per cercare di dare corpo al programma iconografico e le figure al centro della volta, mentre l'ultimazione del cantiere avvenne solo nel 1685, dopo un lungo periodo di permanenza nella città natale.[4] Da una lettera che il segretario scrisse il 21 aprile 1685 al marchese Francesco Riccardi si evince lo sconcerto del Segni verso i ritardi nel compimento dell'opera, a causa dei quali si pensò persino di sostituire il pittore napoletano con Federico Bianchi:[5]
«(...) sarebbe bene il pregarlo a cominciare a mettere in carta la descrizione della Galleria, perché essendo suo il pensiero non so se riuscisse così facilmente lo spiegarlo poi ad un altro, ed è bene che lo faccia ora lui medesimo, mentre ha fresca la memoria dell'invenzione (...)»

Gli affreschi del palazzo furono completati nella primavera del 1685 con la raffigurazione dell'Apoteosi della dinastia Medici, l'esaltazione di quella dei Riccardi, scene mitologiche, vizi e virtù; il 1º settembre Francesco Riccardi elargì il compenso pattuito, pari a 2957 scudi.[2] Un anno più tardi il marchese fu talmente entusiasta per il ciclo di affreschi compiuto che, in cambio di altri 1000 scudi, chiese al pittore il compimento di un'altra opera nell'adiacente biblioteca Riccardiana, dove fu eseguita l'Allegoria della Divina Sapienza.[6]
Completata la Galleria, questa fu utilizzata più volte per i grandi eventi di famiglia e di rappresentanza della città: già nel 1689 ospitò il ricevimento per le nozze di Ferdinando de' Medici con Violante di Baviera; nel 1709 vi ospitò il re di Danimarca e Norvegia, Federigo IV; nel 1780, invece, l'arciduca Ferdinando d'Asburgo e la moglie Maria Beatrice d'Este.[6]
Remove ads
Descrizione
Riepilogo
Prospettiva
La sala, ampia e di forma rettangolare, è decorata interamente con gusto barocco. Un lato della parete lunga, affaccia sul cortile interno del palazzo, mentre l'altro è adiacente alla biblioteca Riccardiana.[6] Sul cornicione lungo le pareti sono collocati diversi cartigli nei quali sono scolpiti motti antichi; uno riporta la frase «SAPIENS DOMINATUR / ET ASTRIS» (il sapiente domina anche gli astri), a testimonianza che l'intero programma iconografico contemplava sia l'aspetto religioso, che mitologico che scientifico.[1]
La volta è decorata dal ciclo di affreschi di Luca Giordano (1682 e 1685). Lungo le pareti sono invece collocati elementi decorativi in stucco (eseguiti da Agnolo Tortoli, Giovan Battista e Marco Andrea Ciceri, Anton Francesco Andreozzi e Domenico Gori) armadi intarsiati, otto porte-finestre sul lato sinistro e, alternate in successione, quattro porte e quattro specchi dipinti.[6] Questi ultimi costituiscono un elemento di particolare pregio della sala: composti da vetro veneziano, presentano uno decorazioni con motivi floreali e frutti di Bartolomeo Bimbi, uno con motivi animali ed erbe palustri, di Pandolfo Reschi, e putti compiuti da Anton Domenico Gabbiani.[6]
Il ciclo di affreschi vede ritratti ai lati (lunghi e corti) della volta otto episodi mitologici che rimandano ai quattro elementi, alle scansioni del tempo e all'età dell'uomo.[1] Ai quattro angoli sono poste alcune figure allegoriche rappresentanti le Virtù cardinali e i Vizi, mentre nella parte centrale del soffitto sono inscenate quattro storie che vedono come fulcro Giove e l'Apoteosi dei Medici.[1]
Tutto il racconto si snoda mediante il succedersi delle scene a ciclo continuo, secondo lo stile che Pietro da Cortona adottò già anni prima nei cicli delle stanze dei Pianeti di palazzo Pitti a Firenze e che diverrà l'elemento distintivo e peculiare della pittura del Giordano da questo momento in poi.[2]
L'intera lettura narrativa prende il via dal centro della parete lunga sul lato occidentale della Galleria, e prosegue in senso antiorario.[2]
Remove ads
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Wikiwand - on
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Remove ads