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Le forme di allevamento della vite sono schemi di potatura e geometrie dei filari adottati dal viticoltore per ridurre e condizionare la crescita vegetativa della pianta a favore della resa produttiva e della qualità dell'uva.
Varie e diverse forme di allevamento sono state selezionate e migliorate nel corso della storia della viticoltura al fine di ottenere maggiori quantità e migliore qualità dell'uva, anche in considerazione dell'utilizzo previsto (vino, uva da tavola ecc.).
La vite fruttifica esclusivamente sui tralci dell'anno, preferibilmente emessi dalle gemme dell'anno precedente: a titolo di esempio, l'uva raccolta nella vendemmia 2007, è maturata su un tralcio germogliato nella primavera dello stesso anno (2007) da una gemma portata sul tralcio formato nel 2006.
Il principio su cui si basa il Guyot è quello di ottenere il capo a frutto, da cui si svilupperanno i tralci fruttiferi, e lo sperone, da cui si svilupperanno due o tre tralci da cui, nella potatura successiva, si selezionerà il nuovo capo a frutto. Dopo la fruttificazione di settembre-ottobre si attende la completa caduta delle foglie quindi, a metà inverno, si comincia ad effettuare la potatura che può essere distinta in tre fasi che per convenzione prendono il nome di:
In questo metodo di allevamento si tende ad eliminare tutta la vegetazione ad eccezione di un tralcio vecchio di un anno (capo a frutto) e un piccolo sperone, ovvero una porzione di tralcio di dimensioni ridotte, portante due o tre gemme. Il Guyot, come tutti i sistemi di potatura mista, si presta per i vitigni altamente produttivi che fruttificano principalmente sui tralci emessi dalle gemme intermedie del capo a frutto: in questi vitigni la potatura corta ("a sperone") non garantirebbe un'adeguata produzione a causa della scarsa produttività delle gemme basali. Il numero di gemme di cui si compone il capo a frutto del Guyot varia secondo le condizioni ambientali (fertilità del terreno e disponibilità irrigua) e le potenzialità produttive del vitigno.
Schema di allevamento a Guyot semplice prima della potatura (a sinistra) e dopo la potatura (a destra). |
Il doppio Guyot è una forma di allevamento della vite che si differenzia dal più usato Guyot semplice per la presenza di due tralci a frutto anziché uno solo. È una tecnica di potatura utilizzata per varietà dotate di scarsa fertilità basale. È costituito da un ceppo relativamente basso sul quale sono inseriti uno sperone di 1-2 gemme ed un capo a frutto di lunghezza variabile (6-12 gemme). La forma definitiva si ottiene in 2-4 anni, a seconda degli ambienti e delle abitudini dei potatori. Il mantenimento si ottiene con i tre classici tagli che consistono nel recidere il capo a frutto dell'anno precedente che ha originato tralci produttivi (taglio del passato), raccorciare al numero di gemme voluto il tralcio posizionato più in alto sullo sperone ovvero quello che andrà a produrre dopo la ripresa vegetativa (taglio del presente) e speronare a due gemme il più basso per ottenere, l'anno dopo, tralci da piegare (taglio del futuro).
In questa forma di allevamento, qualche mese dopo l'inizio del riposo invernale si esegue la potatura lasciando uno o due branche che resteranno sulla pianta per almeno quattro o cinque anni. Su di essi si lasceranno quattro speroni equidistanziati fra loro. La potatura degli anni a venire consisterà nel rinnovare lo sperone anno per anno.
Questo sistema di allevamento è adatto ai vitigni che fruttificano sui tralci emessi dalle gemme basali, che richiedono una potatura corta.
Il sistema di allevamento a tendone è utilizzato per la produzione dell'uva da tavola, ma anche per quella da vino, specie quanto si vogliono ottenere enormi quantità e si deve meccanizzare.[1] È un sistema espanso utilizzato nell'Italia meridionale, maggiormente in Puglia e Sicilia, adatto a climi caldo aridi e a forte insolazione, dove i rischi di marciumi sono ridotti. Questa forma di allevamento permette di avere una distinzione tra vegetazione e produzione, che in questi casi è molto elevata; le rese possono arrivare facilmente a 160-200 quintali ad ettaro. Il sesto di impianto non è inferiore a 2,50x2,50 m (con una densità di 1600 piante ad ettaro), ma non si escludono sesti più ampi, ad esempio 3x3 m (1111 ceppi ad ettaro; nei paesi locali, come Rutigliano, viene coniato il termine vignale, che deriva dalla parola antica vite) e un'altezza di 2-2,20 m. La maggior parte dei tendoni sono dotati di impianti di irrigazione a goccia.
Per consentire la meccanizzazione si è pensato di allontanare la zona di produzione dal tronco e dirigerla secondo due direzioni parallele, orientando i quattro capi a frutto in senso opposto; in tal modo si alternano filari ed interfilari a somiglianza delle pergole.
L'alberello è un sistema di allevamento diffuso nell'Italia meridionale e insulare e largamente diffuso anche in altre regioni a clima caldo-arido o a clima freddo. È concepito per sviluppare una vegetazione di taglia ridotta allo scopo di adattare la produttività del vigneto alle condizioni sfavorevoli dei suoli poveri e siccitosi o alle basse temperature.
In generale, la pianta è impalcata ad una altezza variabile da venti a cento centimetri e terminante con un sistema di tre o quattro branche brevi, portanti speroni tagliati a uno o tre gemme e, talvolta, capi a frutto. Questo sistema di allevamento non necessita di impalcatura di sostegno oppure si presta per l'impiego di tutori semplici e individuali.[2][3][4]
È un sistema espanso, con vegetazione che si estende su un piano obliquo inclinato rispetto all'orizzontale, adatto per l'allevamento della vite in zone collinari delle regioni settentrionali. Esistono diverse varianti.[1]
Questa forma di allevamento è molto diffusa nelle regioni settentrionali come il Trentino. Si presenta con due ali produttive, inclinate di 120-130°, atte a formare due tetti. La potatura non si diversifica dalla precedente.
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