Forese Donati (Firenze, 1250 circa – Firenze, luglio 1296) è stato un poeta italiano. Amico di Dante Alighieri, è con costui protagonista della celebre tenzone e dei canti XXIII e XXIV del Purgatorio.
Biografia
Famiglia
Forese Donati (soprannominato Bicci novello per distinguerlo dal nonno paterno che portava lo stesso nome e forse anche lo stesso soprannome[1]) era figlio di Simone di Forese e di Contessa, detta "Tessa", di cui si ignora la provenienza familiare[2]. Ebbe come fratelli Corso Donati, capo dei guelfi neri a Firenze, Piccarda Donati, che Dante Alighieri collocò nel Cielo della Luna[3], e tali Ravenna e Sinibaldo, i cui nomi ci sono pervenuti soltanto attraverso documenti storici[2]. Era inoltre imparentato con Dante Alighieri, in quanto Forese era cugino di terzo grado[4] di Gemma Donati, moglie del Sommo Poeta.[2]
Il matrimonio e la morte
Della vita di Forese, oltre all'ascendenza magnatizia, si sa molto poco: in un anno imprecisato si sposò con una tale Nella[5], da cui ebbe una figlia, Ghita, andata in sposa a Mozzino di Andrea de' Mozzi[2]; a causa dei provvedimenti antimagnatizi instaurati da Giano della Bella (gli Ordinamenti di giustizia), Forese non poté partecipare attivamente alla vita politica cittadina[2]. Morì relativamente giovane (se si suppone che nacque intorno alla metà del XIII secolo[3]) nel luglio 1296, venendo poi sepolto il 28 di quel mese[1] nella chiesa di Santa Reparata[2].
Citazioni nella letteratura
La dantesca Tenzone con Forese Donati
Se del Forese "storico" conosciamo poco, di quello "letterario" invece ricaviamo un'immagine molto più nitida grazie soprattutto all'opera letteraria dell'amico e parente Dante Alighieri. Il primo testo in cui Forese compare è la celebre Tenzone, composta da sei sonetti (tre per ciascuno dei due disputanti) e composti presumibilmente tra il 1293 e il 1296[6]. In questa tenzone, costruita secondo la convenzione ed i moduli stilistici della poesia comico-realistica del tempo[6], i due poeti si rinfacciano a vicenda difetti e bassezze di ogni tipo, utilizzando espressioni gergali, se non addirittura scurrili: Dante rinfaccia a Forese la scarsa prestanza sessuale, i debiti, l'ingordigia alimentare, le abitudini violente e la nascita incerta; Forese rimprovera a Dante uno stato di povertà e di accattonaggio, le sue origini e il mestiere di usuraio del padre Alighiero[1][7]. Riguardo alla veridicità della Tenzone, citata per la prima volta dall'Anonimo Fiorentino, si schierò contro Domenico Guerri, che la considerava un falso[2]. A favore dell'autenticità della tenzone si schierarono invece Michele Barbi e Gianfranco Contini[1][2].
I Canti XXIII e XXIV del Purgatorio
L'amicizia tra i due poeti è confermata dal loro incontro narrato da Dante nei canti XXIII e XXIV del Purgatorio[8], dove Forese sconta il peccato di gola. In questi due canti i toni scurrili e il linguaggio ostile della Tenzone (citata dal poeta implicitamente ai vv. 115-117[6]) lasciano il posto alla felicità e alla commozione tra i due uomini[9][10], spingendo Dante a rivalutare positivamente la figura di Nella la quale, grazie alle sue preghiere, accorciò la permanenza di Forese nell'Antipurgatorio[11]. Nel canto XXIV Forese predice a Dante lo stato di beatitudine della sorella Piccarda[12] e si farà portavoce della morte violenta del fratello Corso[13].
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
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