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L’F 14 è stato un sommergibile della Regia Marina.
F 14 | |
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Descrizione generale | |
Tipo | sommergibile di piccola crociera |
Classe | F |
Proprietà | Regia Marina |
Cantiere | Odero, Sestri Ponente |
Impostazione | 2 ottobre 1915 |
Varo | 23 gennaio 1917 |
Entrata in servizio | 18 marzo 1917 |
Destino finale | affondato per collisione il 6 agosto 1928, recuperato e demolito |
Caratteristiche generali | |
Dislocamento in immersione | 319 t |
Dislocamento in emersione | 262 t |
Lunghezza | 46,5 m |
Larghezza | 4,22 m |
Pescaggio | 3,1 m |
Profondità operativa | 40 m |
Propulsione | 2 motori Diesel FIAT da 700 CV 2 motori elettrici Savigliano da 500 cv complessivi 2 eliche |
Velocità in immersione | 8 nodi |
Velocità in emersione | 12,5 nodi |
Autonomia | in emersione 1300 miglia nautiche a 9,3 nodi o 912 mn a 12,5 nodi in immersione 139 mn a 1,5 nodi o 8 mn a 8 nodi |
Equipaggio | 2 ufficiali, 24 sottufficiali e marinai |
Armamento | |
Armamento |
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dati tratti da www.betasom.it e www.xmasgrupsom.com | |
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Una volta operativo fu impiegato, al comando del tenente di vascello Amilcare Casarano e sotto il controllo del Comando Marittimo di La Spezia, in pattugliamenti antisommergibile nel Tirreno settentrionale[1].
Trasferito poi nelle basi adriatiche, operò in funzione offensiva sulle rotte mercantili austro-ungariche e lungo le coste dalmate[1].
In seguito ad una missione dal 25 al 27 luglio 1917 ricevette un encomio[1].
Nel 1918 ne assunse il comando il tenente di vascello Giuseppe Curci[1].
Ad inizio marzo di quell'anno fu inviato in agguato nel canale di Faresina, in previsione di un'uscita della flotta austro-ungarica (poi sfociata nell'azione di Premuda), ma non avvistò alcuna nave[2].
Nel luglio 1918 attraversò i campi minati avversari della zona dello scoglio Porer per disporsi in agguato all'imboccatura del porto di Pola[1].
Nel corso del primo conflitto mondiale l’F 14 effettuò complessivamente 35 missioni belliche, senza ottenere risultati[1].
Dopo la firma dell'armistizio di Villa Giusti fu inviato a Sebenico e impiegato nello sminamento delle acque prospicienti tale porto; l'equipaggio fu impiegato anche con mansioni di polizia militare[1].
Tornato a Venezia, fu impiegato nell'addestramento nell'Alto Adriatico con lo svolgimento di varie crociere[1].
Nel 1925 fu assegnato alla Divisione Sommergibili basata a Brindisi[1].
Nel mattino del 6 agosto 1928 l’F 14, al comando del capitano di corvetta Isidoro Wiel, salpò da Pola insieme al gemello F 15 per un'esercitazione d'attacco all'incrociatore leggero Brindisi, in navigazione, insieme all'esploratore leggero Aquila e con la scorta della V Flottiglia Cacciatorpediniere, da Parenzo a Pola[3][4].
A bordo dei due sommergibili erano imbarcati, oltre agli equipaggi, 14 allievi motoristi delle scuole CREM di Pola, 7 sull’F 14 e altrettanti sull’F 15[3][4].
Alle 8.40 – con cielo sereno, mare mosso e vento montante – il cacciatorpediniere Giuseppe Cesare Abba avvistò l’F 14 a dritta, al traverso, e lo segnalò alle altre unità; l'individuazione del periscopio rivelò però che il sommergibile si trovava solo a pochi metri di distanza[3][4]. Da bordo del cacciatorpediniere Giuseppe Missori, che seguiva l’Abba, l’F 14 fu avvistato solo quando era a 180-160 metri di distanza; a nulla valsero le manovre del Missori (timone a dritta e macchine indietro tutta) e del sommergibile (accostata a dritta), che si trovava pressoché immobile, quasi in affioramento: il cacciatorpediniere speronò l’F 14 a poppavia del portello di poppa, aprendo nello scafo una falla di 60 centimetri per 25, il sommergibile sbandò a dritta, si appoppò, impennò la prua spingendola fuor d'acqua e affondò 7 miglia ad ovest di San Giovanni in Pelago (Pola)[3][4].
Sul punto dell'affondamento, dove erano emerse bolle d'aria e chiazze di carburante, furono gettati segnali; giunsero sul posto dapprima imbarcazioni delle varie navi, poi il Brindisi, l’F 15, l’Aquila e il cacciatorpediniere Fratelli Cairoli[3].
Poco dopo l'affondamento, dall’F 14 si cercò di mettersi in contatto con le altre unità, ma solo alle 10.35 l’F 15 riuscì a captare il messaggio «perché non mi rispondete?»[3][4]. Fu possibile apprendere che il sommergibile giaceva, appoppato e sbandato di 70°, su un fondale di 40 metri, e che dei 27 uomini dell'equipaggio 4 motoristi erano annegati, intrappolati in due locali poppieri, mentre il resto dell'equipaggio era incolume negli altri compartimenti, rimasti asciutti[3][4].
Non era però stata individuata l'esatta posizione dell’F 14; per diverse ore palombari, imbarcazioni e idrovolanti cercarono, ostacolati dal mare grosso, di localizzare il sommergibile (questi ultimi riuscirono a vederlo, ma diedero informazioni vaghe e imprecise)[3][4]. Intanto da Pola, alle 10.30, si iniziò a preparare il grosso pontone a gru GA 141, da 240 tonnellate, comandato dal capitano di corvetta Tullio Vian[3][4]. Solo alle 19.45, però, il GA 141 lasciò Pola: tale ritardo, si disse, era stato determinato dalla mancanza di rimorchiatori di potenza adeguata, e dalle avverse condizioni del mare[3].
Dall'F 14 fu segnalato lo strisciamento di una catena (quella dell'àncora dell'Aquila) e fu finalmente possibile circoscrivere le ricerche: alle 18 una piccola barca per palombari dell’F 15 poté essere portata sulla verticale del relitto, ma proprio in quel momento dal sommergibile affondato giunse un drammatico messaggio: «vi siete molto avvicinati fate presto qui si muore»[3][4]. Fu collegata una manichetta e alle 20.22 iniziò il pompaggio dell'aria nei locali non allagati dell'F 14, ma questa fu una manovra fatale: l'aumento della pressione, non correttamente compensato, rese l'aria ancora più irrespirabile (la letalità dell'anidride carbonica nell'aria aumenta di pari passo con la pressione)[3][4].
Intanto si susseguivano gli ultimi messaggi dell’F 14: alle 19.34 «siete qui… fate presto…», alle 19.45 «…pa…lomb…bari su…noi…», poi solo messaggi privi di parole: alle 21.17 lunghe linee, alle 21.40 ancora lunghe linee con trasmissione sempre più debole, alle 21.50 due linee[4]. Poi non giunsero più segnali dal sommergibile affondato[4].
Solo all'una di notte del 7 agosto il GA 141 arrivò sul punto dell'affondamento, ormeggiandosi tra mille difficoltà[3]. Alle sei del mattino il palombaro De Vescovi batté colpi sullo scafo, ma non giunse risposta[3][4].
Entro le 8.30 il relitto del sommergibile era stato agganciato ad un cavo tirato da un rimorchiatore, e alle 10.15 ebbe inizio la fase di sollevamento; operazione ostacolata però dalla catena dell'ancora dell’Aquila, che fece sbandare il sommergibile[3][4]. Il cavo fu agganciato al pontone GA 145, da 30 tonnellate, inviato da Pola, mentre l’F 14 veniva liberato dalla catena dell'ancora[3].
Alle 18 del 7 agosto il ponte e la torretta dell’F 14 vennero a galla, ma ormai le speranze di salvare gli uomini intrappolati erano venute meno: quando, alle 18.40, furono aperti i portelli, dai locali del sommergibile fuoriuscì una nube di cloro[3][4]. Era perito l'intero equipaggio: il comandante Wiel, l'unico altro ufficiale – il guardiamarina Sergio Fasulo –, 5 sottufficiali, 4 sottocapi e 16 tra marinai e allievi[5].
Il capitano medico Guerriero Guerrieri si offrì per entrare nel sommergibile[3]. Rischiando il soffocamento, recuperò il corpo del sottocapo torpediniere Bruno Uicich e accertò la mancanza di sopravvissuti; i portelli furono chiusi e l’F 14, agganciato dai pontoni, fu trainato a Pola e portato in bacino di carenaggio, il mattino dell'8 agosto[3].
Alle ore 10 furono recuperati i corpi dei quattro uomini annegati a poppa, poi, a partire dalle 10.30, avvenne l'estrazione delle altre vittime, la cui morte risultò essere stata causata – a una dozzina di ore dall'affondamento – dall'anidride carbonica e dal cloro presenti nell'aria[3].
Il 9 agosto 1928 ai corpi dei 27 morti furono tributate le esequie solenni, alla presenza di numerose autorità[3]. I funerali furono molto seguiti dai giornali italiani dell'epoca, dato che il disastro aveva colpito notevolmente l'opinione pubblica[3].
Il relitto dell’F 14 fu demolito poco tempo dopo.
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