Eviternità

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Eviternità

Eviternità (o aevum)[1] è la realtà intermedia, o stato intermedio, tra il tempo e l'eternità. L'eviternità è un ossimoro teologico che coniuga due termini tra loro contraddittori: "evi" da evo o lungo tempo o temporalità "aetas"; "ternità" da eternità o tempo infinito "perpetuo".[2][3]

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Gerarchie angeliche nei mosaici del battistero di Firenze (XIII secolo)

Nell'escatologia cristiana è il tempo di attesa degli spiriti, veloce e leggero,[4] per l'ultima risurrezione. L'eviternità è anche riferita alla vita degli angeli,[5] che se pur perpetui non si avvicinano all'eternità divina.

Il termine in quanto tale appartiene all'escatologia cristiana, ma lo stato intermedio è contemplato in molte religioni.

Escatologia eviterna

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Il soffitto a mosaico del Battistero di San Giovanni in Firenze, rappresentazione con il diavolo.

Secondo l'escatologia cristiana ed islamica al momento della morte l'anima può scegliere tra due esistenze non terrene:

  • comunione con Dio, nella contemplazione dell'essenza divina, situazione in cui l'anima è completamente purificata, tradizionalmente definita come paradiso;
  • attaccamento all'orgoglio e atto di superbia[6] con il conseguente rifiuto della comunione con il divino, situazione in cui l'anima attua un rifiuto cosciente fissandosi sulla volontà di persistere in un'esistenza definita come inferno.

Implicazioni teologiche

L'eviternità sottolinea la possibilità dell'esistenza in una situazione intermedia che non è né tempo[7] né eternità. L'anima, abbandonato il tempo relativo, sceglie tra la liberazione verso il divino in un atto di amore incondizionato o la ferma decisione di vivere un'esistenza fatta di sofferenza. In questo caso la sofferenza è vista, in ambito cristiano, coma dannazione o pena eterna.[8] La scelta di restare attaccata a qualsiasi forma di esistenza è dovuta alla presenza nella coscienza del peccato capitale della superbia, che agisce e spinge alla falsa illusione di libertà.

Buddismo

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Rappresentazione del Bardo Thodol in una thankga tibetana.

Nel Buddismo il concetto di eviternità è definito come lo stato intermedio, stato dopo la morte ma prima della prossima reincarnazione. La coscienza in questo stato entra in contatto con le visioni generate dalle azioni compiute e che rientrano nella Legge del Karma[9]. Lo stadio intermedio nel Buddismo tibetano o Bardo Thodol[10] dura quarantanove giorni terrestri e si divide in sette settimane, ogni settimana corrisponde ad un preciso stato di coscienza che potrebbe influire sulla futura reincarnazione.[11]

Induismo

Come nel Buddismo il concetto centrale dello stato intermedio è la possibilità di una nuova reincarnazione per effetto del Karma. Nell'Induismo l'accento è posto sulla similitudine con lo stato di veglia e quello di sonno profondo. In questo stato il filo che lega la coscienza al corpo si spezza generando l'attrazione verso un nuovo corpo. Lo stato intermedio o eviternità è lo stato in cui lo yogi realizzato padroneggia le cause dell'ignoranza o avidyā[12] e genera il progetto come impressione o samskara, per la nuova reincarnazione.

Note

Bibliografia

Collegamenti esterni

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