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L'Euripe, o Euripo, (in greco: Εύριπος) è quel tratto di mar Egeo che in Grecia separa l'isola dell'Eubea dalla Beozia e dall'Attica.
Presso la città di Calcide, in un punto largo 160 metri, è scavalcato da un ponte sospeso della lunghezza di circa 215 metri. Ma è all'altezza di Calcide che lo stretto raggiunge la sua minima larghezza, restringendosi a tal punto da essere superato da un breve ponte mobile di circa 40 metri.
Lo stretto è attraversato circa cinque volte al giorno ed in entrambi i versi da correnti di marea che ne rendono arduo l'attraversamento, soprattutto ad imbarcazioni leggere. Lo studioso svizzero François-Alphonse Forel ha contribuito a una comprensione del fenomeno con i suoi studi di limnologia e la scoperta della onda di sessa, dove gli strati di acqua di temperatura diversa oscillano di spessore in un corpo ristretto di acqua. Ma il problema è stato risolto completamente solo da Demetrios Eginitis, direttore dell'Osservatorio Nazionale di Atene, che ha pubblicato le sue conclusioni nel 1929[1].
L'opinione degli studiosi è che l'Euripe fosse sbarrato da una diga naturale di sedimenti grossolani fino a circa 6000 anni fa,[2] quando a seguito di un terremoto (non registrato) è rimasto aperto fino al 411 a.C.,[3] quando secondo Diodoro Siculo gli Euboici decisero di rinunciare al loro status di isola soggetta all'egemonia ateniese e di far parte della Beozia,[4] anche se non vi è traccia di questo né in Tucidide né in Senofonte. Diodoro menziona specificamente che nella diga dovevano essere lasciate delle aperture per consentire alle maree di fluire attraverso e che un solo passaggio era stato lasciato largo abbastanza per consentire il passaggio ad una sola nave. Strabone[5] descrive un ponte lungo due pletra (circa 50 m, probabilmente un'esagerazione).
Al tempo dell'imperatore Giustiniano I Procopio descrive due canali sull'Euripe: il grande canale originale e una nuova, stretta apertura ad est di esso, così stretta da poter essere attraversata su una tavola di legno[6]. Questo canale più tardi è stato ampliato ed è quello usata per la navigazione nel presente.
Nel momento in cui Procopio scrisse, il nome della fortezza sulla Euripe era probabilmente Euripus, diventato Egripos prima del 1204, e leggermente modificato in Nigriponte dopo la conquista dei Latini nel 1205.
Nel 1395 Nicola di Martoni passa per Negroponte di ritorno dal suo pellegrinaggio in Egitto e in Palestina[7]. Dalla sua descrizione è chiaro che il principale canale di trasporto nel periodo veneziano era sul lato della terraferma beota e cita i mulini sul canale, che talvolta venivano rotti dalla velocità e dalla turbolenza del flusso.
Ulteriori informazioni sul canale di navigazione e sul suo unico ponte di legno provengono da vari documenti conservati negli archivi della repubblica veneziana. Nel 1408 la formazione di scogli al di sotto del ponte creava gravi problemi alla navigazione[8] e nel 1439 vi era preoccupazione per la tendenza della corrente a erodere i dintorni dei piloni che sostenevano il ponte.[9][10]
Evliya Çelebi nel suo diario di viaggio (SN VIII250a27, ss.) dice che il canale stretto è stato allargato abbastanza per il passaggio di una galea nel tardo XVI secolo ed era ancora appena largo al tempo della sua visita nel 1668 per una galea, anche se il vecchio canale di navigazione era stato abbandonato. Alla fine del XVIII secolo la larghezza del canale si avviava a diventare simile a quella moderna.
È proprio nel suo punto più angusto che l'Euripe offre alla vista un singolare fenomeno su cui ancora oggi scienziati e marinai non smettono di interrogarsi: la corrente, fortissima nel punto di strozzatura, s'inverte sette volte al giorno, con brevi periodi di tregua in cui la navigazione può svolgersi senza rischi.
«La questione dei flussi e riflussi del mare è stata a lungo trattata da Posidonio e Atenodoro. Per ciò che riguarda l'alternarsi delle correnti nello stretto, altra questione che richiede una trattazione più scientifica di quanto si possa fare in quest'opera, ci basterà dire che non vi è nulla di uniforme nel modo in cui le correnti si comportano nei diversi stretti, almeno a giudicare dall'apparenza: come spiegare altrimenti che le correnti dello stretto di Sicilia, come riporta Eratostene, cambiano due volte il verso nello spazio di un giorno, quelle dell'Euripe di Calcide sette volte, mentre lo stretto di Bisanzio non cambia mai il suo fluire dal Ponto verso la Propontide, salvo qualche periodo di stasi durante i quali, a sentire Ipparco, rimane completamente stagnante?»
Già Aristotele si interrogava su questo curioso fenomeno che non sembra potersi mettere in relazione, almeno diretta, con il comune ciclo delle maree. Una leggenda dura a morire vorrebbe che il filosofo, disperando di giungere a una spiegazione, si sarebbe gettato nelle acque tumultuose dell'Euripe.[12]
Un'apposita e imperativa segnaletica posta all'altezza di Calcide fornisce le informazioni necessarie alla navigazione: verso della corrente e permesso di passaggio.
Per antonomasia viene indicato con il nome di euripo il canale che, nell'orchestra del teatro greco, dal IV secolo a.C., aveva il compito di far defluire le acque di scolo.
«E a questo proposito quelli che sogliono disputare con discorsi antinomici sai che finiscono per credere di esser diventati i più sapienti di tutti e di aver capito, essi soli, che non vi è niente di vero né di saldo né nelle cose né nei ragionamenti, e che tutte le cose esistenti, proprio come nell'Euripo, vanno su e giù senza fermarsi, neppure un istante.»
«[...], io ti dirò le leggi del mare che molto risuona,
sia pure di navigazione inesperto, ed anche di navi;
mai infatti, finora, su nave l'ampio mare percorsi
se non verso l'Eubea da Aulide, dove una volta gli Achei
aspettando la fine della tempesta, una vasta armata raccolsero,
dall'Ellade sacra contro Troia dalle belle donne;
là io per le gare in onore del forte Anfidamante
per Calcide m'imbarcai; in bando molti premi avevano posto di quel magnanimo i figli; là, io ti dico,
vincendo con un inno conquistai un tripode orecchiuto.
[...]
solo questa esperienza ho di navi molto chiodate;»
«Si m'acollant me disoit: chere Amie,
Contentons nous l'un l'autre, s'asseurant
Que ja tempeste, Euripe, ne Courant
Ne nous pourra desjoindre en notre vie...»
«Se egli, cingendomi il collo, mi dicesse:«Cara Amica,
rendiamoci l'un l'altro felici», assicurandosi
che mai tempesta né Euripe né corrente
potrà separare le nostre vite...»
«Il faisait nuit; le ciel sinistre était sublime;
La terre offrait sa brume et la mer son abîme.
Voici la question qui se posait devant
Des hommes secoués par l'onde et par le vent
Faut-il fuir le détroit d'Euripe ? Y faut-il faire
Un front terrible à ceux que le destin préfère,
Et qui sont les affreux conquérants sans pitié ?
Ils ont une moitié, veulent l'autre moitié,
Et ne s'arrêteront qu'ayant toute la terre.
Demeurer, ou partir ? Choix grave. Angoisse austère.
Les chefs délibéraient sur un grand vaisseau noir...»
«Si faceva notte; il cielo sinistro era sublime;
la terra offriva la sua bruma e il mare l'abisso.
Ecco la domanda che si poneva
a quegli uomini scossi dall'onda e dal vento
Fuggire lo stretto di Euripe? Farvi
un fronte terribile a quelli che sceglie il destino,
agli atroci e spietati invasori?
Hanno ora una metà, vogliono l'altra,
e non si fermeranno fin quando tutto sarà loro.
Fermarsi o partire? Grave la scelta. Mortificante l'angoscia.
I capi deliberavano su un grande vascello nero...»
«Ouvrez-moi cette porte où je frappe en pleurant
La vie est variable aussi bien que l'Euripe»
«Aprite questa porta a cui busso piangente
La vita è volubile come l'Euripe»
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