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storico dell'arte, funzionario e politico italiano (1936-2023) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Eugenio Riccomini (Nuoro, 5 maggio 1936[1] – Bologna, 25 dicembre 2023) è stato uno storico dell'arte, funzionario e politico italiano.
Poco dopo la sua nascita, la famiglia si trasferì a Viterbo, dove il padre Generoso, ingegnere navale, esercitava la professione di direttore d'ufficio nel settore agricolo. La mamma Anna Volpi, di origini piacentine, morì in giovane età. In seguito il padre si trasferì al nord, lasciando i due figli a parenti di Bologna.
Subito dopo la guerra, si trasferì a Parma, dove completò gli studi elementari. In disaccordo con la seconda moglie del padre, proseguì gli studi in diversi collegi religiosi.
Si laureò in lettere moderne presso l'università di Bologna nel 1958, avendo studiato con Stefano Bottari e Carlo Volpe; ottenne il diploma di perfezionamento nella primavera del 1961 e si specializzò presso l'archivio di Stato di Parma in paleografia, archivistica e diplomatica. A Parma inoltre apprese a disegnare e a dipingere dall'antico sotto la guida di Nando Negri.
Superò il concorso per ispettore di antichità e belle arti e iniziò la carriera a Venezia. Intrattenne rapporti di amicizia con studiosi, antiquari e artisti. In occasione della Biennale di Venezia del 1966 ospitò nelle Gallerie dell'Accademia una mostra di sculture di Luciano Minguzzi e di incisioni di Luciano De Vita.
Nel 1967 ottenne il trasferimento alla soprintendenza alle gallerie di Bologna e collaborò con Cesare Gnudi al catalogo scientifico della sezione italiana della grande mostra L'Europe gotique al Louvre. Incaricato della sorveglianza del territorio ferrarese, si occupò della ricerca e catalogazione dei dipinti d'età barocca, perlopiù inediti, che produssero nella pubblicazione di due volumi (1968 e 1970) e in due mostre a Palazzo dei Diamanti, sul Seicento e sul Settecento a Ferrara. Nel 1971 fece acquistare diverse opere presso collezionisti e antiquari per arricchire le raccolte statali di Bologna e Ferrara, che furono esposte in una mostra allestita a Bologna[2]. Nello stesso anno ottenne la libera docenza in storia dell'arte medievale e moderna.
Si preoccupò del degrado delle sculture esposte all'aperto: il Centro per la conservazione delle sculture all'aperto, di cui fu segretario, intitolato in seguito a Cesare Gnudi, organizzò sul tema convegni di esperti e furono condotti restauri sulla facciata del duomo di Ferrara e sulla basilica di San Petronio a Bologna.
Nel 1973-1974 fu incaricato dai ministri della pubblica istruzione e degli affari esteri di organizzare un'esposizione della pittura italiana del Settecento: la mostra fu esposta all'Ermitage di Leningrado, alla Galleria Tret'jakov di Mosca e al Museum Narodowe di Varsavia.
I suoi studi sulla scultura e sulla decorazione plastica seicentesca in Emilia Romagna sfociarono in due pubblicazioni (Ordine e vaghezza del 1972, e Vaghezza e furore del 1976).
Nel 1977 divenne soprintendente ai beni artistici e storici per le province di Parma e Piacenza. Studiò la pittura settecentesca di Parma, sulla quale pubblicò una monografia nel 1978 (I fasti, i lumi, le grazie. Pittori del Settecento parmense).
Nel 1980 completò i restauri della cupola del duomo di Parma, mantenendo i ponteggi per un mese dopo la fine dei lavori per permettere al pubblico di ammirare da vicino gli affreschi, e completò la nuova sede della Galleria nazionale di Parma, progettata da Guido Canali.
L'Ente bolognese manifestazioni artistiche lo incaricò di progettare e realizzare una grande mostra sul tema dell'arte settecentesca in Emilia, con 3300 opere suddivise in cinque sezioni, di cui tre a Bologna, una a Parma (dal titolo L'arte a Parma dai Farnese ai Borbone) e una, di carattere neoclassico, nel palazzo Milzetti di Faenza, da poco divenuto di proprietà statale.
Passò dalla soprintendenza all'insegnamento universitario, dal 1989 all'università di Messina e dal 1993 presso l'l'università statale di Milano.
Dal 1970 al 1995 fu consigliere comunale di Bologna, dove fu inoltre assessore alla cultura e due volte vicesindaco (nel 1985-1986 e nel 1989-1990).
Negli anni tra il 1983 e il 1984 iniziò a tenere, grazie ad un'idea di Mauro Felicori, una serie di conferenze d'arte nell'ambito del "Progetto giovani" del comune di Bologna, dedicato in primo luogo ai giovani, un nuovo settore di intervento del comune di Bologna che avrebbe dovuto rivolgersi ai ragazzi dai 17 ai 25 anni. Altre conferenze furono tenute tra il 1993 e il 2008.
Tra il 1995 e il 2001 è stato direttore dei Musei civici d'arte antica di Bologna, curando alcune mostre, tra le quali una dedicata a Donato Creti al Metropolitan Museum di New York e al County Museum of Art di Los Angeles (1998-99). Attuò inoltre nei musei l'iniziativa chiamata "Ospiti", accogliendo periodicamente opere in possesso di privati o comunque difficilmente visibili, che venivano illustrate in particolare al pubblico.
Dal 2004 è stato presidente della "Fondazione Dozza Città d'arte", che ha organizzato una serie di mostre a Bologna (mostre di Renzo Vespignani e di Nino Migliori nel 2004, di Sandro Luporini nel 2005 e di Zoran Mušič nel 2007).
Nel 2006 ha organizzato con Daniele Benati una grande mostra monografica su Annibale Carracci, esposta a Bologna e a Roma ed ha scritto sui cataloghi di altre esposizioni (Duecento, nel 2000, sui Bibiena nel 2001 e su Amico Aspertini nel 2008).
Sposò una donna parmense ed ebbe due figli: Marco Nicolò e Anna Maria.
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