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attore italiano (1902-1980) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Erminio Macario, noto anche con lo pseudonimo di Macario (Torino, 27 maggio 1902 – Torino, 26 marzo 1980), è stato un attore e comico italiano di teatro, cinema e televisione.
Considerato dai critici come l'inventore del cinema comico italiano[2][3][4], nella sua lunga carriera ha lavorato a oltre cinquanta spettacoli teatrali tra teatro di varietà, riviste, commedie musicali e spettacoli di prosa. Raggiunse presto il successo e lanciò numerose soubrette. Prestò la sua maschera oltre che al cinema anche alla televisione, adottando spesso il piemontese per i suoi personaggi e le sue macchiette.
Nato da una famiglia molto povera e numerosa, in via Botero 1 a Torino, quarto e ultimo figlio di Giovanni Macario e Albertina Berti,[5] iniziò a recitare fin da bambino nella filodrammatica della scuola, presto interrotta per lavorare e aiutare la famiglia. Fra un mestiere e l'altro, tra cui anche un anno di apprendistato nella fabbrica FIAT[6] (1918), nel 1920, a 18 anni, decise di entrare in una compagnia di "scavalcamontagne", termine con cui erano definite in Piemonte le formazioni di paese che rappresentavano drammi e farse nei giorni di fiera, e affrontò il suo primo vero pubblico, esordendo su un palco di paese presso Belgioioso, in provincia di Pavia. Nel 1921 esordì nel teatro di prosa e, nel 1924, in quello di varietà, all'interno della compagnia di "balli e pantomime" di Giovanni Molasso.[7] Il suo debutto con il ruolo di "secondo comico" fu al Teatro Romano di Torino con le riviste Sei solo stasera e Senza complimenti; dal settembre 1924 fu poi a Milano con Il pupo giallo e Vengo con questa mia di Piero Mazzuccato, seguite nel 1925 da Tam-Tam di Carlo Rota e Arcobaleno di Mazzuccato e Carlo Veneziani. Per Macario, oltre che un salto di professionalità, fu l'occasione per apprendere e sviluppare la sua naturale inclinazione all'arte mimica.
Nel 1925 viene notato dalla famosa soubrette Isa Bluette, che lo scrittura nella sua compagnia come "comico grottesco", permettendogli di esordire a Torino con Valigia delle Indie, di Ripp e Bel-Ami (pseudonimi di Luigi Miaglia e Anacleto Francini).[8] Gradatamente Macario costruisce una comicità personale, fatta di una maschera clownesca, le cui caratteristiche più appariscenti erano un ciuffo di capelli sulla fronte, gli occhi arrotondati e la camminata ciondolante. Ma intuisce anche che il successo di uno spettacolo dipendeva soprattutto dalla presenza sulla scena di donne avvenenti. Macario rimase con Isa Bluette per quattro anni, acquistando via via sempre maggior notorietà e guadagnandosi prima il titolo di "comico" e finalmente il nome "in ditta" (1929). Sempre nel 1929 firmò la sua prima rivista come autore, Paese che vai, in collaborazione con Enrico M. Chiappo.
Nel 1930 fondò una sua compagnia teatrale, con la quale avrebbe girato l'Italia dal 1930 al 1965 e, tranne qualche escursione nell'avanspettacolo, sarebbe rimasta una delle compagnie di rivista più longeve del teatro italiano. Nel 1936 fu insieme a Hilda Springher ed Enzo Turco in una serie di riviste di Bel-Ami ed andò in scena anche al Teatro Reinach di Parma. Nel 1937 scritturò Wanda Osiris, con cui fece coppia negli spettacoli di genere mettendo in scena la rivista Piroscafo giallo di Macario, Ripp e Bel-Ami.[9]
A partire dal 1937, ogni anno presentò una nuova rivista con sempre nuove attrici bellissime e brillanti (che scritturava in sostituzione delle ballerine, nel tentativo di innovare il genere). Tra le tante attrici lanciate da Macario si ricordano Tina De Mola, Olga Villi, Isa Barzizza, le sorelle Nava (Pinuccia, Diana, Lisetta e Tonini), Elena Giusti, Lily Granado, Marisa Maresca, Lauretta Masiero, Dorian Gray, Flora Lillo, Marisa Del Frate, Lucy D'Albert, Valeria Fabrizi, Sandra Mondaini e Lea Padovani, apprezzate in seguito come attrici cinematografiche.[10]
Nel 1938 nacque il grande amore per la bellissima Giulia Dardanelli, allora sedicenne, che ben presto divenne quel che lui definì la sua seconda moglie, non ottenendo l'annullamento del precedente matrimonio (il divorzio non esisteva) con la coreografa Maria Giuliano. Nel 1951, a Parigi, i due si sposarono in occasione della rappresentazione della rivista Votate per Venere. Intanto, dalla loro unione erano già nati due bambini, Alberto (1943) pittore, artista visivo, attore e scrittore, e Mauro (1947), divenuto poi regista, poeta, scrittore (nonché biografo del padre).
Grazie alle sue rilevanti doti sceniche e mimiche, a una comicità giocata sul clownesco e sul nonsense, e alla presenza di un sempre sostenuto numero di procaci e sfavillanti soubrette, in breve tempo Macario divenne il protagonista più famoso della rivista italiana, tanto da essere consacrato come il "Re della rivista".[11] I suoi spettacoli, a parte la sua comicità, restano esemplari per la ricchezza delle scene, i costumi sfarzosi, le musiche brillanti e per il corpo di ballo.
Parallelamente al teatro, nei primi anni trenta Macario iniziò a recitare anche per il cinema. Dopo un breve ruolo nel film muto Sole di Blasetti[12][13] esordì come protagonista nel 1933 con il film Aria di paese (di cui firmò anche la sceneggiatura), che si rivelerà una esperienza poco fortunata. Il secondo tentativo, Imputato, alzatevi! (1939, regia di Mario Mattoli e soggetto di Vittorio Metz e Marcello Marchesi),[14] invece avrà molto più successo. Forse proprio con questo film, per la prima volta nella storia del cinema italiano, si può parlare di comicità surreale. Seguirono poi i film Lo vedi come sei... lo vedi come sei? (1939), Il pirata sono io! (1940) e Non me lo dire! (1940). In questi ultimi quattro film Federico Fellini collaborò come gagman alle sceneggiature.[15]
Per tutti gli anni quaranta Macario proseguì la sua attività in teatro, sfornando un successo dietro l'altro[16] come le riviste Amleto, che ne dici? (1944), Febbre azzurra (1944-1945), Follie d'Amleto (1946), Le educande di San Babila (1948), Oklabama (1949) e La bisbetica sognata (1950). Nel 1951, una tournée trionfale in Francia con la sontuosa rivista Votate per Venere (protagonista interpretata da Nory Morgan) fu suggellata dalla presenza fra il pubblico parigino delle più note personalità francesi; si narra che il presidente francese avesse imposto che l'attore fosse scortato da guardie repubblicane in alta uniforme.[17]
Dalla metà degli anni cinquanta, tuttavia, le riviste cedono il posto alle nuove commedie musicali, mentre si affermano nuovi gusti e tendenze. Dopo il record di incassi raggiunto con Made in Italy (1953, che segnò anche il suo ritorno in coppia con Wanda Osiris)[18] e Tutte donne meno io (1955, in cui Macario era l'unico uomo circondato da ben quaranta donne), il comico piemontese si dedicò alla commedia musicale. Accanto a primedonne quali Sandra Mondaini e Marisa Del Frate, realizzò spettacoli come L'uomo si conquista la domenica (1955), Non sparate alla cicogna (1957) di Ruggero Maccari e Mario Amendola, E tu, biondina (1957) e Chiamate Arturo 777 (1958) di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi.
Il successo sul grande schermo continuò ad arridergli fino all'inizio degli anni cinquanta, prima con il campione di incassi Come persi la guerra (1947) e poi con L'eroe della strada (1948) e Come scopersi l'America (1949), tutti diretti da Carlo Borghesio e prodotti da Luigi Rovere.[19] La sua formula spettacolare, tuttavia, restava sempre più adatta al teatro di rivista e alla commedia musicale, che esaltavano la sua candida e innocente maschera attraverso le "prepotenze" sulla sua fedele spalla Carlo Rizzo e soprattutto attraverso il sottinteso erotico delle sue "donnine".
Tornato a Roma, Macario tentò di estendere le sue attività teatrali alla produzione cinematografica, realizzando il film Io, Amleto (1952). Il film si rivelerà essere un disastro, ma nonostante le forti perdite l'artista non si diede per vinto e con le sue riviste successive continuò a riscuotere un grande successo di pubblico e di botteghino. Successivamente Macario prese parte a molti altri film, senza esserne più però il protagonista assoluto, tranne in rari e sporadici tentativi che non sortirono il seguito sperato.
Nel 1957, il regista e scrittore Mario Soldati lo volle per il suo Italia piccola per un ruolo drammatico.[20] Seppure inconsueto, Macario offrì una prova eccellente e dimostrò ancora una volta notevole versatilità.
Dal 1959 al 1963 recitò in ben sei film con Totò: La cambiale (1959), Totò di notte n. 1 (1962), Lo smemorato di Collegno (1962), Totò contro i quattro (1963), Il monaco di Monza (1963) e Totò sexy (1963). In questi film Macario svolse un ruolo di spalla per Totò, ponendosi al suo servizio sul set. Fu proprio l'attore napoletano, che già cominciava a soffrire dei primi problemi alla vista, ad esprimere il desiderio di avere al suo fianco Macario, amico fidato con cui stabilire in tranquillità i tempi delle battute e delle gag. Il risultato ottenuto fu una serie di duetti, con un Totò ancora più irruente di fronte al tipico balbettìo di Macario.
Abbandonata la rivista, Macario si dedicò soprattutto al teatro di prosa, distinguendosi anche in ruoli drammatici e facendo qualche incursione nel teatro in lingua piemontese. Anche qui ottenne un grande successo con una rivisitazione del famoso testo piemontese Le miserie 'd Monsù Travet, messo in scena allo Stabile di Torino nel 1970.[21]
Gli anni settanta, in cui Macario si dedicò alla trasposizione televisiva di alcune sue commedie di successo, sono ricchi di impegno nel campo della prosa e della commedia musicale. Fra i numerosi lavori di quel periodo, sono da ricordare Achille Ciabotto medico condotto (1971-1972), Carlin Cerutti sarto per tutti (1974), il film Il piatto piange (1974) di Paolo Nuzzi e Due sul pianerottolo (1975-1976), grandissimo successo a teatro accanto a Rita Pavone (da cui nel 1976 fu ricavato l'omonimo film di Mario Amendola, prodotto sempre da Luigi Rovere, il produttore che lo lanciò al successo alla fine degli anni quaranta; il quarantesimo e ultimo interpretato da Macario).
Negli ultimi anni l'attore torinese si impegnò nella realizzazione di un proprio teatro, "La Bomboniera", in via Santa Teresa 10 a Torino, che inaugurò nel 1977 con la commedia tratta da Molière Sganarello medicosifaperdire, scritta da suo figlio Mauro e Carlo Maria Pensa. La scelta del titolo non fu del tutto casuale: Macario aveva infatti da tempo espresso il desiderio di poter recitare Molière in un teatro tutto suo,[22] tanto che fu spesso chiamato anche "Teatro Macario". Negli anni novanta il teatro fu poi diretto dall'attore Pier Giorgio Gili[23] e alla sua morte fu convertito in una discoteca col nome di "Theatrò".
In televisione fu tra i protagonisti di Carosello fino al suo congedo, che avvenne nel 1977. Da ricordare lo storico spot della Galup di cui fu testimonial.[24]
Nel 1974 fu protagonista della puntata di Milleluci, con Mina e Raffaella Carrà, dedicata al genere del varietà. Nel 1975 fu protagonista di un varietà in televisione, Macario uno e due. Nel 1978 la Rai gli tributò un altro varietà, Macario più, sei puntate tra prosa e rivista in cui l'attore ripercorse le tappe della sua lunga carriera all'insegna di un umorismo gentile, immediato e popolare. Nel 1979 fu il protagonista per un mese dello spettacolo televisivo (Rai 2) Buonasera con... Erminio Macario, per la regia del figlio Mauro.
Durante l'ultima replica della sua ultima fatica teatrale, Oplà, giochiamo insieme, Macario accusò un malessere che si scoprirà essere un sintomo di un tumore. Il 26 marzo 1980 Erminio Macario morì in una clinica torinese a 77 anni, assistito fino all'ultimo dalla moglie Giulia Dardanelli.[25] I funerali avvennero nella chiesa di San Dalmazzo di via Garibaldi, la mattina del 28 marzo 1980, e la salma venne trasportata al cimitero monumentale di Torino, dove ancora oggi riposa.[26]
Dopo la sua morte il comico non fu apprezzabilmente valutato come si sarebbe dovuto, soprattutto dalla sua città.[27] Non gli fu dedicata nessuna via, piazza o monumento se non, in recenti anni, soltanto dai vicini comuni periferici di Grugliasco e Trofarello e, in seguito, dai comuni di Roma, Ragusa e San Giovanni Rotondo. Nel 1993, poi, ne fu addirittura profanata la tomba.[28] La rivisitazione della sua vita e delle sue opere fu soprattutto ad opera di moglie, figli, parenti e amici che nel 2002, in occasione del centenario della sua nascita, fondarono l'Associazione Culturale Erminio Macario "MacarioCult".[29]
Sempre nel 2002, in occasione del centenario dalla nascita, viene intitolata a Erminio Macario la piazzetta del Teatro Superga di Nichelino (TO). In loco è presente una stele in pietra di Luserna con apposto un medaglione in bronzo con il suo volto. Alla manifestazione celebrativa, curata dal sindaco Pier Bartolo Piovano, parteciparono anche la moglie di Macario signora Giulia Dardanelli ed il figlio Alberto.
Nel 2022 il MiSE ne omaggia i centoventi anni della nascita curando l'emissione di un francobollo celebrativo.[30]
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