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fotografo italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ercole Massaglia (Torino, 2 luglio 1890[1] – Asti, 29 settembre 1941[1]) è stato un fotografo italiano. Fu tra i principali ritrattisti della sua epoca e, in particolare, delle celebrità del cinema muto. Oltre all'uso del timbro o del marchio dello studio, era uso, a guisa pittorica, firmare alcune delle sue opere.
Nato a Torino nel 1890, nel 1902 si trasferì giovanissimo con la famiglia a Corfù, in Grecia, ma tornò in Italia poco dopo l'inizio della prima guerra mondiale.[1] Nel 1915 fondò quindi il proprio laboratorio fotografico a Torino, lo Studio Massaglia in via Cernaia 34, che si distinse presto per la modernità della strumentazione, divenendo uno di quelli tecnologicamente più avanzati nel paese.[2][3]
Fra il 1923 e il 1931 collaborò con la rivista fotografica Luci ed Ombre. Fra gli esponenti del pittorialismo, dotato di uno stile personale e moderno, nel 1923 fu premiato con la medaglia d'oro e un diploma di merito alla prima Mostra Internazionale di Fotografia, Ottica e Cinematografia, tenutasi a Torino, presso cui aveva presentato alcuni ritratti dell'attrice Paola Borboni.[1][4][5]
Fra le personalità fotografate nel suo studio figurano i principali nomi della politica, della cultura e dell'imprenditoria dell'epoca, ma anche del neonato cinematografo e del teatro. Fu fotografo ufficiale per la casa Savoia, immortalando fra gli altri Elena del Montenegro, Umberto II di Savoia e la regina Iolanda Margherita di Savoia, ma ritrasse anche il barone Giorgio Carlo Calvi di Bergolo, la contessa Maria Ludovica Calvi, e in particolare molti celebri attori del nascente cinematografo come Lydia Quaranta, Paola Borboni, Vera Vergani, Dina Galli, Giulietta De Riso, Gianfranco Giachetti e Annibale Betrone, Tat'jana Pavlovna Pavlova, Maria Jacobini, Alda Merighi, Blanda Giachetti, Giulietta De Riso, Maria Melato,[1][6] oltre a personalità della cultura fra cui Giacomo Grosso, Henri Manguin,[7] Giacomo Bosso, Vitige Tirelli,[8] Giacomo Grosso,[9] Vincenzo Gemito e Leonardo Bistolfi.[10][1][11] Sue foto sono conservate nell'archivio Galvani, nell'archivio Aylmer, nell'archivio Borrelli, nell'archivio Borione,[12][13] e presso l'archivio della Fondazione CDEC,[14] e nell'Archivio di Stato di Torino.[8]
Nel 1924 fu nominato motu proprio dal re cavaliere della Corona d'Italia[15] e poi ufficiale.[1] In carriera vinse anche una medaglia d'oro al Concorso Gevaert e una medaglia Callegari.[1]
Interessato al progresso stilistico ma anche meccanico e tecnologico, nel 1928 brevettò un originale "piede di supporto per apparecchi fotografici" (n. 275182).[16]
Seguendo il filone stilistico del pittorialismo, nel 1927 fece un tour in Inghilterra con lo scopo di consolidare le relazioni internazionali coi colleghi britannici invitandoli a inviare le loro collezioni in Italia. L'obiettivo era avviare un salone internazionale per il pubblico italiano in cui promuovere l'arte della fotografia pittorica.[17] Coinvolto nei successivi sviluppi artistici del modernismo e del futurismo,[18][19][20] nel 1931 partecipò alla Prima Mostra Sperimentale di Fotografia Futurista, tenutasi a Torino.[4][3] A Torino fu anche vicepresidente dell'Unione professionisti fotografi.[3][21]
Morì ad Asti il 29 settembre del 1941.[1]
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