Loading AI tools
filosofo tedesco (1724-1804) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804) è stato un filosofo tedesco.
Considerato uno dei filosofi più importanti del pensiero occidentale, fu il più significativo esponente dell'Illuminismo tedesco, anticipatore degli elementi basilari della filosofia idealistica e di gran parte di quella successiva. Kant concepì la propria filosofia come una rivoluzione filosofica (o "rivoluzione copernicana"), volta a superare il dogmatismo metafisico, che per Kant caratterizzava il pensiero precedente, e ad assumere i caratteri di una ricerca critica sulle condizioni del conoscere.
Benché molti elementi propri dell'idealismo trascendentale kantiano siano stati nel tempo oggetto di notevoli critiche, soprattutto di natura logica (Brentano, Boole, Frege, Russell, Wittgenstein, Kripke)[1][2] e nonostante uno dei pilastri della sua filosofia critica, vale a dire l'idealismo dei concetti di spazio e tempo, sia stato rigettato in toto da parecchi esponenti della fisica contemporanea (Einstein e i suoi allievi)[3], Kant rimane un pensatore fondamentale per la comprensione della filosofia moderna, di cui è considerato dai critici una delle figure fondanti; è stato altresì evidenziato l'importante rapporto tra la filosofia kantiana e il Romanticismo[4].
«Kant non ha altra biografia che la storia del proprio filosofare.»
La maggior parte della sua biografia è conosciuta grazie a un epistolario, ovvero un resoconto asciutto dei rapporti con gli studenti, i colleghi, gli amici e i parenti, ricco di interessanti dettagli sui rapporti intercorsi con alcune importanti personalità del secolo e sulle prime reazioni ottenute dal pensiero kantiano[6]. Importanti sono anche le prime biografie a lui dedicate, quali quelle di Ludwig Ernst Borowski[7], di Reinhold Bernhard Jachmann[8], di Ehregott Andreas Wasianski[9], di Johann Gottfried Hasse[10] del 1804 e di Friedrich Theodor Rink[11] e a opera di persone che ebbero modo di conoscerlo e di frequentarlo anche in qualità di collaboratori.[6] L'edizione italiana dell'epistolario di Kant non contiene lettere precedenti il 1761[12], mentre le biografie menzionate lo ritraggono soprattutto a partire dalle esperienze che gli autori ebbero di Kant quando egli era sul finire della vita, per cui questo repertorio biografico rischia di produrre un ritratto sbilanciato verso la rigidità tipica dell'età senile, quando invece in generale Kant fu personaggio "socievole e, nel suo stile di vita, addirittura galante".[13][14]
Kant nacque nel 1724 nella periferia di Königsberg, allora capitale della Prussia Orientale e oggi, con il nome di Kaliningrad, capoluogo dell'omonima Oblast, exclave russa tra Polonia e Lituania. Era quarto di nove figli[13], dei quali solo cinque raggiunsero l'età adulta.[15]
Nello stesso anno in cui nacque Kant, la città venne unificata a partire dai conglomerati di Altstadt, Löbenicht e Kneiphof. A Königsberg si affacciavano numerosi commercianti inglesi, che scambiavano articoli russi (cereali e bestiame) con vino e spezie. Era alto un metro e cinquanta, tanto che sua madre lo aveva soprannominato manelchen ("ometto"), e condusse una vita casta.[16]
Kant riteneva che il nonno paterno fosse un immigrato scozzese, supposizione che non è possibile confermare: il bisnonno Richard era natio della Curlandia, anche se due delle sue figlie erano effettivamente sposate con scozzesi.[13] Il padre di Immanuel, Johann Georg Kant (1682-1746), era un sellaio originario di Memel, al tempo la città prussiana più settentrionale (oggi Klaipėda, in Lituania); la madre, Anna Regina Reuter (1697-1737), proveniente da una famiglia originaria di Norimberga e Tubinga, era una seguace del pietismo. Kant condivise dunque con molti illuministi tedeschi origini povere.[13]
L'educazione religiosa impartitagli dalla madre continuò anche al Collegium Fridericianum,[17] che Kant frequentò dalla Pasqua del 1732 all'8 maggio 1740 e il cui direttore era da poco diventato Franz Albert Schultz (1692-1763). Costui era allievo di Christian Wolff e importante esponente del pietismo, nonché professore di teologia: soccorse finanziariamente, così come fecero altri amici di Kant, gli studi dell'indigente ragazzo.[18]
Al Collegio, indicato dalla gente di Königsberg come un "rifugio di Pietisti", aveva larghissimo spazio un rigoroso catechismo: Kant vi studiò molto il latino, l'ebraico (dall'Antico Testamento), poco il greco antico (limitato al Nuovo Testamento) e quasi per nulla le materie scientifiche.[19][20] Kant ricorderà il Fridericianum come una "schiavitù giovanile", e anche avanti negli anni vi penserà con "paura e angoscia"[20]. In particolare per l’educazione religiosa, ricevuta nel Collegium così come per quella impartitagli nell’ambito familiare, Kant, ormai in tarda età, così commentava:
«Si dica del pietismo ciò che si vuole, le persone che lo vivevano veramente possedevano ciò che di più alto può possedere l’uomo: quella quieta serenità e pace interiore che nessuna passione potrebbe turbare. Nessuna privazione, nessuna persecuzione le addolorava, nessun contrasto le induceva all’ira o all’inimicizia. [...] I miei genitori, modelli di onestà, di probità e di ordine, senza lasciarmi un patrimonio (ma nemmeno debiti), mi hanno dato un’educazione che non potrebbe essere migliore dal punto di vista morale e per la quale nutro sentimenti di vivissima gratitudine ogni volta che penso a loro[21].»
Il 23 dicembre 1737 muore la madre: Kant è tredicenne. Il 24 settembre 1740, Kant, secondo miglior allievo della classe, si immatricolò all'Università di Königsberg, la cosiddetta Albertina, per intraprendere studi filosofici, di teologia, di letteratura latina e di matematica, completati nel semestre estivo 1746, dove fu allievo di Martin Knutzen (1713-1751),[22] docente di logica e metafisica. L'interesse per Newton, scomparso nel 1727, ma anche per le scienze in generale, si manifestò proprio in questo periodo, probabilmente anche grazie al maestro Knutzen.[23]
Kant ebbe contatti con studenti, colleghi, amici e commensali -tutti di sesso maschile, essendo le donne all'epoca escluse dall'università[24]- che frequentavano la loggia massonica locale la quale aveva un orientamento non kantiano.[25]
Kant si confrontò fin da subito con la fisica di Newton e con le obiezioni mosse da Leibniz nei riguardi dell'impianto newtoniano[20]. Infatti, ancor più che dall'illuminismo wolffiano, Kant si sentì attratto dalla fisica newtoniana. Già nel 1747 egli pubblicò uno scritto sul problema allora assai dibattuto delle forze vive, tentando la conciliazione fra il punto di vista cartesiano e quello leibniziano. Nel 1755 pubblicò Storia universale della natura e teoria del cielo (Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels); nonostante tale titolo, Kant si distacca da Newton su un punto fondamentale, in quanto sostiene che l'universo è spiegabile con il semplice ricorso alle leggi della natura, senza fare appello al divino architetto, come fa appunto Newton.[26]
Nel 1746 morì il padre; Kant lasciò l'Albertina molto probabilmente all'inizio dell'estate del 1748, procurandosi da vivere come precettore presso la casa del pastore protestante Daniel Andresch, nella cittadina di Judtschen (odierna Veselovka[27]), poi presso il maggiore von Hülsen all'incirca fino al 1753, infine presso il conte Keyserling.[28]
È del 1746, pubblicato però solo nel 1749, il primo scritto sulle forze vive, dal titolo Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive e critica delle dimostrazioni delle quali il Signor Leibniz e altri studiosi di Meccanica si sono avvalsi in questa controversia, insieme ad alcune considerazioni preliminari riguardanti la forza dei corpi in generale[29]. In esso è affrontata la celebre querelle delle forze vive,[30] occasionata a sua volta da Leibniz nel 1686 sul tema cartesiano della conservazione della quantità di moto (rhopé, momentum), tema, questo, di chiara matrice aristotelica (vedi le Meccaniche) e ripreso da Galileo Galilei nelle sue Mecaniche (1593 ca.), tradotte a loro volta in francese da Marin Mersenne nel 1634 e analizzate quindi da Descartes – su invito dello stesso Mersenne e di Constatin Huygens – nel 1637 e nel 1638.
È questo il primo momento sintetico della speculazione kantiana, in cui è affrontato il duplice tema della natura e della misura della forza, e della sua conservazione nelle variazioni fisiche dell'Universo. La riflessione ivi condotta analizza quelle tematiche esposte in numerosi scritti successivi di natura scientifica, quali per esempio la natura dello spazio e del tempo; il rapporto tra forza, sostanza e la conseguente costituzione dello spazio; la costituzione della materia; il rapporto foronomico[31] e dinamico tra spazio, tempo, materia, velocità e forza; la possibilità dell'esistenza simultanea di più mondi e la natura dell'Universo; l'introduzione del concetto di quantità negative in Fisica; e questioni di natura epistemologica, come il problema della fondazione della Meccanica e il suo rapporto con la Dinamica, o ancora la questione epistemologica "classica" circa il rapporto tra osservazione empirica discreta e deduzione della legge nel continuum.
Oltre ad anticipare numerosi temi che saranno affrontati analiticamente in opere successive, tale opera dimostra già inequivocabilmente l'indirizzo programmatico della ricerca scientifica di Kant, volta, fin dal suo primo scritto, al perseguimento di una descrizione 'sistematica' dell'Universo, antecedentemente determinata (a priori), secondo l'indirizzo programmatico della Scienza 'classica', vale a dire in assoluta conformità rispetto alla legge di causalità (nel continuum) e al principio di ragion sufficiente, secondo cui: posita ratione ponitur rationatum.[32]
Nel 1755 con la tesi di laurea Principiorum Primorum cognitionis metaphysicae nova delucidatio ottenne la licenza di magister, mansione che esercitò per quindici anni. Non aveva però ancora uno stipendio fisso, in quanto pagato direttamente dagli studenti, e ciò lo obbligava a lavorare molto; preparava meticolosamente le lezioni, dimostrandosi un buon insegnante, piacevole da ascoltare.[33]
L'ipotesi cosmogonica della nebulosa solare primitiva, esposta nel 1755 nella Storia universale della natura e teoria del cielo (che egli desunse da Buffon e da altre fonti, in particolare dal materialismo antico di Democrito, Epicuro e Leucippo), ebbe molta fortuna e gli diede fama anche nel campo dell'astronomia. Essa fu enunciata proprio da Laplace che la rielaborò e la rilanciò nel 1796 nella Exposition du système du monde (Esposizione del sistema del mondo).
Un altro suo curioso contributo alla scienza fu costituito da una sua ipotesi circa, come diremmo oggi, una sorta di buco nero - singolarità, ante litteram, laddove Kant afferma: "Se l'attrazione agisce sola, tutte le parti della materia dovrebbero avvicinarsi sempre più, e diminuirebbe lo spazio che occupano le parti unite, di modo che si riunirebbero finalmente in un solo punto matematico".[34]
Nel 1770 lavorò come vice-bibliotecario presso la Reale Biblioteca, stesso anno in cui pubblicò la Dissertazione (De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis), testo grazie al quale riuscì a ottenere la cattedra di metafisica e logica all'Università di Königsberg. Da questo anno iniziò a lavorare a quel progetto che si concluderà nel 1781 con la pubblicazione della Critica della Ragion pura. Nel 1771 scriveva al suo allievo Marcus Herz: «sono attualmente occupato a comporre, con una certa cura e ampiezza di dettagli, un’opera dal titolo I limiti della sensibilità e della ragione.[35]». Kant quindi pensava di scrivere una sola grande opera, che avrebbe voluto intitolare Die Grenzen der Sinnlichkeit und der Vernunft (I limiti della sensibilità e della ragione), che poi invece dividerà nelle tre Critiche: la Critica della ragion pura, la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio. All'università Kant inizia a sviluppare un pensiero originale, come poi accadrà per gli idealisti Fichte, Schelling e Hegel. Kant continuò a insegnare sino al 1796 (l'ultima lezione, sulla logica, è del 23 luglio), compiendo con scrupolosità i suoi obblighi accademici anche quando, per debolezza senile, gli divennero estremamente gravosi.
Herder, che fu suo allievo negli anni 1762-67, ha lasciato questa immagine di lui:
«Io ho avuto la felicità di conoscere un filosofo, che fu mio maestro. Nei suoi anni giovanili, egli aveva la gaia vivacità di un giovane, e questa, credo, non lo abbandonò neppure nella tarda vecchiaia. La sua fronte aperta, costruita per il pensiero, era la sede di una imperturbabile serenità e gioia; il discorso più ricco di pensiero fluiva dalle sue labbra; aveva sempre pronto lo scherzo, l'arguzia e l'umorismo, e la sua lezione erudita aveva l'andamento più divertente. Con lo stesso spirito con il quale esaminava Leibniz, Wolff, Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le leggi naturali scoperte da Newton, da Keplero e dai fisici, accoglieva anche gli scritti allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa, come ogni altra scoperta naturale che venisse a conoscere: valorizzava tutto e tutto riconduceva a una conoscenza della natura e al valore morale degli uomini priva di pregiudizi. La storia degli uomini, dei popoli e della natura, la dottrina della natura, la matematica e l'esperienza, erano le sorgenti che ravvivavano la sua lezione e la sua conversazione. Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala, nessuna setta, nessun pregiudizio, nessun nome superbo, aveva per lui il minimo pregio di fronte all'incremento e al chiarimento della verità. Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo spirito. Quest'uomo, che io nomino con la massima gratitudine e venerazione, è Immanuel Kant: la sua immagine mi sta sempre dinanzi.[36]»
La vita di Kant, priva di avvenimenti notevoli, fu dedicata interamente alle attività intellettuali, a cui fece da cornice uno stile di vita regolare e abitudinario. La sua giornata cominciava alle cinque, subito dedicata al lavoro, e continuava con la colazione, poi una passeggiata, il riposo alle dieci. Sviluppò una notevole competenza in geografia, pur non avendo mai lasciato la città natale[6], neanche dopo la chiamata dell'Università di Halle che gli offriva uno stipendio più alto, un maggior numero di studenti e di conseguenza anche maggior prestigio. Era convinto che Königsberg fosse il posto ideale per i suoi studi.
Il rigorismo della sua dottrina morale e suo celebre ritiro dalla vita mondana ha favorito il fiorire di leggende sulla sua condotta di vita: si dice che egli stesso si imponesse rigide regole per le quali tutte le sere andava a dormire alle dieci in punto, per alzarsi alle cinque meno cinque del mattino seguente, senza mai anticipare o ritardare l'ora. Altresì, si racconta che i suoi concittadini regolassero gli orologi basandosi sulla sua routine quotidiana.[37] La costanza richiesta dagli studi unita al contenuto della sua etica si sono fuse nella celebre leggenda del suo abitudinario e regolare stile di vita.[38]
L'unico fatto che uscì davvero fuori dai canoni di una vita completamente dedicata allo studio fu lo screzio che ebbe con il governo prussiano a seguito della seconda edizione, pubblicata nel 1794, dell'opera La religione entro i limiti della semplice ragione, ma con l'incoronazione di Federico Guglielmo III la libertà di stampa venne ripristinata e Kant rivendicò la libertà di pensiero nel Conflitto delle facoltà, del 1798.
Morì nel 1804, dopo essere stato colpito, a partire dal 1798,[39] da un decadimento delle funzioni cognitive e altri disturbi che permettono di ipotizzare che fosse affetto da Alzheimer o comunque da un'altra malattia neurodegenerativa[40]. Le sue ultime parole furono: "Es ist gut" ("Va bene").
È stato sepolto in un piccolo mausoleo, nell'angolo nord-est della cattedrale di Königsberg, odierna Kaliningrad. Sulla sua tomba vi è un epitaffio che recita l'explicit della Critica della ragion pratica:
«Zwei Dinge erfüllen das Gemüt mit immer neuer und zunehmender Bewunderung und Ehrfurcht, je öfter und anhaltender sich das Nachdenken damit beschäftigt: Der bestirnte Himmel über mir und das moralische Gesetz in mir.»
«Due cose riempiono la mente con sempre nuova e crescente ammirazione e rispetto, tanto più spesso e con costanza la riflessione si sofferma su di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.»
«Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Muthes liegt, sich seiner ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Sapere aude! Habe Muth, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! ist also der Wahlspruch der Aufklärung.»
«L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da un difetto d'intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di fare uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo.»
Kant concepì la propria filosofia come una rivoluzione filosofica (o "rivoluzione copernicana"), volta a superare quella che per Kant era la precedente metafisica dogmatica, determinando le condizioni e i limiti delle capacità conoscitive dell'uomo nell'ambito teoretico, pratico ed estetico. Questi ambiti non sono scelti casualmente, ma sono per Kant corrispondenti alle tre principali questioni cui la filosofia deve provare a rispondere, ovvero "Che cosa posso sapere?; Che cosa devo fare?; Che cosa ho diritto di sperare?"[42] Kant fu un cultore di diverse scienze, ma soprattutto della fisica. Egli conosceva assai bene questa scienza, alla luce della svolta impressa da Galileo Galilei e da Isaac Newton. Anche sull'origine dell'universo formulò un'ipotesi importante, nota come Nebulosa primitiva, che in seguito fu perfezionata da Laplace. A dispetto del carattere ampio e ben articolato della sua epistemologia, Kant privilegia la matematica pura e la fisica pura come le sole scienze fondate su giudizi sintetici a priori e in grado di fornire una conoscenza universale e necessaria. Da un punto di vista logico, infatti, ambedue si basano sulla deduzione, che sola può fornire alle proposizioni l'universalità e la necessità. Kant infatti pensa che l'induzione (come "inferenza del giudizio") pervenga soltanto a proposizioni generali, non universali: in ciò è ben presente in lui la lezione di Hume, un tratto che tuttavia distanzia l'approccio kantiano alla scienza da quello contemporaneo, che è di tipo probabilistico.
Va inoltre notato che, sebbene Kant abbia riconosciuto il valore delle scienze empiriche (egli ammette una fisica empirica accanto alla fisica pura e una psicologia empirica per esempio), ovvero fondate sull'induzione, queste non possono a suo avviso pretendere di essere considerate alla pari delle scienze pure. Questo lo porta a escludere addirittura (nei Princìpi metafisici della scienza della natura),[43] discipline come la chimica o la cosmologia dal dominio delle scienze naturali (metafisica della natura corporea nel lessico kantiano). Quasi assente dal panorama kantiano fu del resto anche uno studio sistematico della biologia, le cui proposizioni (fondate sul "principio di finalità della natura"), Kant riteneva generali e contingenti e quindi non suscettibili di trattamento scientifico. Nella "Critica del Giudizio"(1790) Kant mostra di conoscere il lavoro del naturalista Linneo, che tuttavia critica come superficiale ed empirico.[44]
Anche in questo senso, dunque, Kant non può dirsi un anticipatore del pensiero scientifico contemporaneo. Nonostante ciò, alla luce della "Critica del Giudizio" (ma anche e soprattutto della "Prima introduzione alla Critica del giudizio" ritrovata da Dilthey nel 1889), che non è solamente un trattato di estetica (come il Romanticismo aveva creduto), Kant con il "principio di finalità della natura" (proprio del giudizio riflettente) si distanzia notevolmente da una concezione meccanicistica della natura, comune a gran parte della filosofia dell'800. Anticipa infatti soluzioni che saranno proprie addirittura della epistemologia del tardo '900. In modo particolare, definito il giudizio come "la facoltà di sussumere il particolare sotto l'universale", Kant distingue il giudizio in determinante e riflettente. Se nella matematica pura e nella fisica pura il giudizio è determinante, in quanto l'universale è dato, nelle scienze empiriche (fisica empirica "in primis") fondate invece sul giudizio riflettente, l'universale è cercato e trovato, partendo da rappresentazioni empiriche.
È da rilevare poi come in Kant il libero accordo tra immaginazione e intelletto sia alla base della scoperta scientifica, come "trovata" del giudizio riflettente. Gli studi più recenti del tardo Novecento, condotti da Silvestro Marcucci e da Antonio Schiavo (quest'ultimo allievo del filosofo teoretico Teodorico Moretti-Costanzi) mettono in luce peraltro come il vero scienziato nel momento della scoperta scientifica (nella "trovata" del giudizio nel lessico kantiano), sia un genio artistico. Chiaramente in seguito, a differenza dell'artista, lo scienziato formalizzerà in linguaggio matematico la sua scoperta secondo l'insegnamento di Galilei, per il quale il "libro della natura è scritto in caratteri matematici", che Kant medesimo fece suo. Dal punto di vista strettamente logico Kant ci ha anche offerto una giustificazione trascendentale dell'induzione come inferenza del giudizio, che sempre alla fine del '900 ha ricevuto grande attenzione dall'epistemologia contemporanea. Kant, pur lavorando soprattutto con l'armamentario terminologico della tarda scolastica tedesca, ha introdotto nuovi importanti termini filosofici, che saranno alla base di tutta la "filosofia classica tedesca" successiva. Infine Kant non riconobbe le proposizioni "necessarie a posteriori" e quelle "contingenti a priori" ovvero fondate su una conoscenza oggettiva ma non formale del mondo, oppure universale ma non necessaria, di cui Kant escluse l'esistenza, peraltro precedentemente ammessa da Aristotele e Leibniz, e in seguito ribadita dal logico americano Saul Kripke nel 1970[45][46][47]. Per tutte queste ragioni il rapporto di Kant con le scienze naturali del proprio tempo rimase sempre piuttosto controverso.
La Critica della ragion pura, pubblicata in prima edizione nel 1781, e in una seconda edizione (molto rielaborata in alcune parti) nel 1787, produsse un'importante critica della metafisica classica e razionalistica. Anche se Kant, con la sua critica, volle colpire soprattutto la metafisica razionalistica leibniziano-wollfiana (da lui definita dogmatica), ai filosofi neo-scolastici (in particolare ai filosofi neo-tomisti) parve colpire la metafisica di stampo aristotelico-tomistica. In particolare Kant forniva in realtà una contro-argomentazione delle famose Cinque Vie di san Tommaso d'Aquino: la ragione che pretende di parlare dell'incondizionato (Dio), cade in contraddizione.[48] Tuttavia Kant muove le proprie argomentazioni in modo contrario all'avviso dell'intera tradizione tomistica: egli infatti sembra considerare la prova cosmologica e teologica come argomenti che si ridurrebbero alla prova ontologica, che è una prova "a priori"; quindi dimostra che esse non possono guidare a una conoscenza razionale di Dio.
In realtà le dimostrazioni tomistiche dell'esistenza di Dio non sono riducibili a nessuna prova a priori, ma sono prove a posteriori che possono mostrare l'esigenza di un principio assoluto, date alcune pre-condizioni nel contingente.[49] In questo senso, come ha sottolineato Louise Burchill nell'Introduzione alla traduzione di Alain Badiou, Deleuze. The Clamour of Being, "L'imputazione di Kant alla metafisica classica è priva di significato o nulla".[50]
Come si desume dalle Prefazioni, Kant voleva fondare una critica, la cui funzione dichiarata avrebbe dovuto essere quella di gettare le fondamenta (come "propedeutica") di un nuovo edificio della metafisica (come "dottrina"). Questa metafisica (intesa da Kant come "conoscenza razionale per concetti") fu elaborata dal filosofo tedesco nelle due opere dottrinarie: La metafisica dei costumi (1797) e Primi principi metafisici della scienza della natura (1786). Questi ultimi, in particolare, furono ripresi e approfonditi nell'Opus postumum. In quest'opera rimasta incompiuta, Kant tenta il passaggio dalla metafisica della natura corporea alla fisica propriamente detta, cercando di andare oltre la prospettiva di Newton. Il risultato è un importante contributo speculativo di fisica 'teorica'. Nella Prefazione alla seconda edizione della Critica della ragion pura, Kant prospetta la novità della propria opera, paragonando la sua rivoluzione filosofica alla rivoluzione nell'astronomia, compiuta da Copernico, Galilei, Keplero e Newton. Nella definizione del metodo del filosofare, introduce l'importante concetto del "trascendentale", a cui si atterrà, con notevoli ampliamenti e modifiche, anche nella Critica della ragion pratica e Critica del giudizio, come pure in altre opere posteriori. Come filosofo, Kant si interessò prevalentemente di gnoseologia, di etica di estetica e di teologia: soprattutto nell'etica il suo contributo è fondamentale, in quanto pose le fondamenta dell'etica laica, che il dibattito del tardo '900 ha molto valorizzato. Kant si interessò anche di logica, antropologia, metafisica, geografia fisica, e di pedagogia; molti furono quindi i suoi interessi, che coltivò durante tutta la sua attività filosofica, come documenta l'edizione dei suoi scritti editi e postumi pubblicata a cura dell'Accademia delle Scienze di Berlino a partire dal 1901[51].
Ai tempi di Kant il dibattito filosofico era caratterizzato dal confronto tra empiristi e razionalisti, i primi diffusi soprattutto in Inghilterra (come per esempio Hobbes, Locke e Hume), i secondi soprattutto nell'Europa continentale (con Cartesio, Spinoza e Leibniz). Queste due correnti di pensiero sono definite da Kant sia cieche che vuote, poiché erano ceduti i fondamenti basilari che tenevano eretta tutta la loro complessa struttura; da qui la citazione “le intuizioni senza concetto sono cieche, i concetti senza intuizioni sono vuoti”. È dunque strettamente necessario analizzare prima queste due filosofie per capire dove si colloca Kant.
I razionalisti potevano vantarsi di avere come fondamento il razionalismo cartesiano e il suo dualismo ontologico, che però, pur essendo una invenzione concettuale di estrema rilevanza, costituiva una contraddizione di uguale importanza. Tra i suoi seguaci si presenta Leibniz, che si era impegnato a conciliare la filosofia moderna e quella scolastica attraverso l’introduzione dell'ars combinatoria: la conoscenza universale si aveva per mezzo della semplice composizione dei concetti e che il mondo reale era eventuale e probabilistico.
Dall’altra parte, la conoscenza si basava sui dati di senso, quindi i concetti erano una scorciatoia, spesso ingannevole, per codificare la realtà, e la metafisica non era consistente e solamente una schematizzazione concettuale superflua dell'universo: questo tutto non favoriva la credibilità dei loro assiomi, il rapporto sensazioni-idee generali e idee-cose.
In questa visione tragica, la filosofia tradizionale veniva distrutta da fisici, che si erano distaccati dalla figura di filosofo, ma vennero affiancati da Kant in questa opera di rivoluzione, ponendosi a metà tra i due pensieri dell’epoca, ribaltando la metafisica, che oramai un “castello in aria” e, anche se comportava uno ostacolo non trascurabile, ponendo l’ontologia praticamente con significato uguale alla metafisica, per ricostruirla da capo attraverso la fisica, poiché la fisica matematica offriva via d’accesso a nozioni sicure come le operazioni matematiche e dense come quelle sensiste: nessuno prima di lui, pur volendo, era riuscito a fare questo passo avanti. A questo rinnovamento era già stato favorito da Cartesio, che fece l’azzardo di andare contro la filosofia tradizionale della scolastica, basata sull'aristotelismo, inventando il suo metodo introducendo il concetto del “cogito ergo sum” e il famoso dualismo onto-gnoseologico. Ancora più indietro nel tempo, entrambi questi filosofi, Kant e Cartesio, possono essere comparati con Socrate, che per primo si pose contro coloro che lo precedevano, i quali erano i presocratici naturalisti, i sofisti e il senso comune: si può quindi parlare di “risocrastizzazione” in ognuno dei due casi. Dato che sia Socrate che Cartesio hanno avuto un ruolo di spartiacque, se esiste un prima e dopo Socrate, un prima e dopo Cartesio, allora sicuramente ci sarà un prima e dopo Kant. Dal punto di vista storico, può essere paragonata alla Great Revolution inglese scoppiata nel 1688, dato che tutti sapevano che stava accadendo, ma non fu condotta attraverso le armi.
Questo sicuramente non rinnegava e non disprezzava la filosofia che lo aveva preceduto, assimilava tutta la tradizione che si porta alle spalle e che aveva studiato senza l’attaccamento al nome degli autori, quindi un apprendimento disinteressato dal pregiudizio, ma riconosceva comunque i filosofi precedenti e a lui contemporanei. Ad esempio Hume venne identificato da Kant (chiamato anche “Hume Prussiano”) come colui che lo aveva “svegliato”, quasi come faceva Socrate con l’uso della maieutica. Si faceva quindi padrone delle conoscenze che gli sembravano più vere e non contraddittorie, le metteva insieme come dei mattoncini e la sua combinazione tra empirismo e razionalismo era stabile e indistruttibile, non c’era nessun dubbio che potesse crollare questa nuova visione della metafisica (utilizzando quindi un metodo del tutto conciliabile a quello Cartesiano, o Galileiano dal punto di vista scientifico).
Non può dunque essere definito né empirista né razionalista, ed è questo il motivo per cui viene definita la sua rivoluzione copernicana: come Copernico, svolge un rivolgimento di prospettiva, ma dal punto di vista filosofico, e non astronomico, passando da un lato dalla teoria geocentrica, per la quale la terra era al centro dell'universo, alla teoria eliocentrica, dove il Sole era motore centrale di esso; dall’altro lato “spostando l’attenzione dall’oggetto al soggetto, Kant dà un taglio netto alla tradizione precedente e inaugura una concezione della filosofia”.
Questa opera grandiosa fu condotta come una rivolta silenziosa, a cui dedicò quasi totalmente la sua vita per compierla, con la stesura delle sue tre maggiori opere: la Critica della ragion pura, prima opera e la più influente, con cui si spiega al meglio il concetto di rivoluzione copernicana e il metodo conoscitivo; la Critica della ragion pratica, con cui definisce la facoltà di fare o non fare qualcosa, di desiderare; e infine la Critica del giudizio, da dove nasce l'estetica filosofica.
Più in particolare nella prima critica si presentano le vere e proprie invenzioni e novità di Kant quali sono:
Alla base del suo lavoro si erano poste queste ultime cinque tesi ontologiche fondamentali:
Le prime due miravano alla convinzione empiristica di Leibniz e George Berkeley, che vedevano nello spazio e nel tempo il risultato del rapporto tra gli oggetti; la sostanza a Locke, poiché la definiva solo un costrutto mentale generato dall’abitudine; e le ultime due a Hume, ma allo stesso tempo erano ereditate direttamente da quella tradizione andata a rotoli, come per esempio l’io penso cartesiano, padre supremo di tutti i principi e dei giudizi sintetici, basamento della rivoluzione copernicana, intessuto dalla stoffa del tempo, che contiene lo spazio: descrivendolo in questo modo, sembra che si sia descrivendo la perfezione, in realtà con esso si può inciampare nel problema di dimenticarsi che il mondo non è una rappresentazione, già iniziato al tempo dall’inventore stesso Cartesio.
Dopo tutto il lavoro che aveva fatto Kant alla fine ha ottenuto ciò che ha sempre voluto: divenne il filosofo maggiormente influente, sia direttamente che indirettamente, per quasi due secoli a seguire (80% delle filosofie di questi anni sono derivate da lui), fino a influenzare i nostri giorni. Per primo aveva completato la repressione del realismo aristotelico iniziata da Cartesio. Come la filosofia antica doveva quasi tutto a Platone, lo stesso farà la filosofia moderna con Kant: l’idealismo e l’anti-idealismo non si spiegherebbero senza di lui, poiché dipendono dal peso trasferito ai soggetti dagli oggetti. Costituisce pure una sorta di scuola, il kantismo, che influenzò linguisticamente la progenie per l’importanza trascendentale che aveva attribuito al linguaggio. Tutte le scienze umanistiche, come l’antropologia e la psicologia, e le scienze cognitive furono influenzate, poiché, grazie alla rivoluzione, si inizia a studiare sempre in primo luogo l’uomo e le sue qualità e capacità, per poi il funzionamento del mondo. Inventa l’estetica, o almeno ne attribuisce il significato attuale, e stigmatizza anche l’idea e il concetto di sublime, tema ripreso dal romanticismo, soprattutto nell’ambito della natura. Vivendo in quest’epoca e in un regime basato su questo principio, attraverso la scrittura di un altro saggio “Risposta alla domanda: cosa è l’illuminismo?”, definisce e fa considerazioni su di esso, aprendo così ampie discussioni su di esso e ne dà la definizione: come Hume, che era considerato l’inventore dell’illuminismo scozzese, Kant lo è per quello prussiano ed europeo. Un’ulteriore opera “Per la pace perpetua” pone le basi del federalismo, della filantropia e alla filosofia del diritto. Tutti i motivi di fondo che hanno rinnovato la filosofia degli ultimi 200 anni derivano da Kant.
Un uomo e una filosofia indispensabile e fondamentale per la Storia, la filosofia, le scienze e la vita in generale, ma tutti hanno dei difetti. Le rivoluzioni portano sì all'innovazione e al miglioramento, ma non si possono definire tali se non fanno spargimento di sangue, e quella Kantiana non è da meno. In primo luogo se conosciamo solo ciò che sta nello spazio e nel tempo, di conseguenza la metafisica divenne una sotto scienza della fisica e si crea così facendo un grande territorio di cose che non si vedono e non si toccano: si costituisce “un’enorme ontologia invisibile” di cui Kant non si era mai preoccupato. Secondariamente, se conosciamo solo quello che dipende da noi uomini, allora la filosofia diventa una propaggine della psicologia. Per ultimo sorge il problema che essere e conoscere sono indistinguibili tra loro, quindi neanche la distinzione tra soggettivo e oggettivo non è più così rilevante.
L'edizione di riferimento degli scritti di Kant comunemente utilizzata nelle citazioni, è quella a cura dell'Accademia di Berlino, conosciuta come “Akademie-Ausgabe” (= AA): Kant's Gesammelte Schriften, von der Königlich-Preußische Akademie der Wissenschaften zu Berlin, Berlino 1902 ss.; i testi dei primi 23 volumi sono consultabili sul sito: Akademieausgabe von Immanuel Kants Gesammelten Werken.
Il progetto di un'edizione critica degli scritti kantiani era stato avanzato nel 1894-95 da Wilhelm Dilthey,[52] che aveva proposto di suddividere gli scritti in quattro sezioni:
Per una descrizione del contenuto dei volumi consultare Kant in the Classroom. Materials to aid the study of Kant’s lectures di Steve Naragon.
L'edizione comprende anche i manuali usati da Kant (Bezugstexte) Archiviato il 19 giugno 2019 in Internet Archive.[53], nelle lezioni di diritto (Gottfried Achenwall), teologia (Johann Augustus Eberhard), logica (Georg Friedrich Meier), metafisica e psicologia (Alexander Gottlieb Baumgarten) che Kant ha ampiamente annotato e a cui è rimasto fedele durante tutta la sua carriera. Tra i manoscritti pubblicati in questi volumi, il ‘'Duisburger Nachlass'’ (Reflexionen 4674–84, vol. 17, pp. 643–673)[54] è di particolare interesse. Si tratta di un manoscritto databile al 1775, il cui nome non deriva dalla città di Duisburg, ma dall'essere appartenuto alla famiglia della nobildonna Luise von Duisburg (1811-1862);[55] pubblicato per la prima volta nel 1889 è un contributo importante per lo studio della genesi della Critica della ragion pura, durante il ‘decennio silenzioso’ (1771-1780).
I volumi XIV-XIX contengono le note manoscritte (Reflexionen) non destinate alla pubblicazione; il curatore dell'edizione, Erich Adickes, le ha suddivise per argomento e ha stabilito l'ordine cronologico.
Alcune note manoscritte di Kant erano già state pubblicate a cura di Benno Erdmann, Reflexionen Kants zur kritischen Philosophie, Leipzig, Fues, 1882-1884:
Nuova edizione riveduta in un volume a cura di Norbert Hinske, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann-Holzboog, 1992.
Le lezioni contenute nei volumi XXVI - XXIX non sono basate su manoscritti di Kant, ma sugli appunti dei suoi studenti[56] e sono indicate con il nome dell'estensore (‘'Metaphysik Herder'’ indica gli appunti di Johann Gottfried Herder, che seguì le lezioni di Kant dal 1762 al 1764), oppure con il luogo del ritrovamento (‘'Wiener Logik'’ è un corso di lezioni ritrovato a Vienna).
Un'edizione più recente delle opere contenute nella prima sezione, con un testo in parte migliorato, è stata curata da Wilhelm Weischedel, Immanuel Kant Werke in sechs Bänden, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1983 ss.
Le opere sono ordinate secondo l'edizione dell'Accademia di Berlino (Akademie Ausgabe = AA); nelle note sono indicate le principali traduzioni in italiano.
Alcune lezioni sono state pubblicate in edizioni separate:
Kant fu in corrispondenza con filosofi e scienziati famosi (gli anni si riferiscono alle lettere pubblicate):
Tra le lettere sono da citare almeno:
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.