Eliotropio
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L'eliotropio, o elitropia (in latino, heliotropium; in greco, ἡλιοτρόπιον[1]), è una forma di calcedonio[2] (che è una miscela criptocristallina di quarzo e del suo polimorfo monoclino mogánite). Il "classico" eliotropio è calcedonio verde scuro con macchie rosso-arancio dovute a inclusioni di ossido di ferro o diaspro. A volte, le inclusioni sono di colore giallo (actinolite), nel qual caso al minerale viene dato l'antico nome di plasma[3].
Eliotropio | |
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Formula chimica | SiO2 (silice) |
Proprietà cristallografiche | |
Sistema cristallino | trigonale |
Si invita a seguire lo schema di Modello di voce – Minerale |
Le inclusioni rosse dovrebbero assomigliare a macchie di sangue, per questo viene erroneamente chiamato anche diaspro sanguigno e, in inglese, bloodstone.
Il nome eliotropio (dal greco ήλιος helios, sole e τρέπειν trepein, girare) deriva da varie antiche nozioni circa il modo in cui il minerale riflette la luce; queste sono descritte, per esempio, da Plinio il Vecchio (Naturalis historia XXXVII.165).
L'eliotropio è l'oggetto di una delle novelle del Decameron di Boccaccio (Calandrino e l'elitropia/Calandrino lapidato, ottava giornata, novella terza), con il nome di elitropia; è la pietra legata al segno zodiacale dell'Ariete[senza fonte].
Giacimenti
I giacimenti principali sono in India; si trova anche in Brasile, Cina, Australia e negli Stati Uniti d'America. Nell'isola di Rum, in Scozia, c'è un affioramento di "diaspro sanguigno".
In letteratura
Riepilogo
Prospettiva
Come pietra preziosa verde, si attribuiva all'elitropia la virtù di guarire le morsicature dei serpenti[4] e anche di rendere invisibile chi la portava indosso[5][6].
Ne parla Boccaccio, nella Novella di Calandrino e l'elitropia (VIII, 3), nel Decameron:
«pietra di troppa gran virtù, perciocché qualunque la porta sopra di sé non è da alcun'altra persona veduto.»
Dante ne parla nel XXIV canto dell'Inferno:
«Tra questa cruda, e tristissima copia / Correvan genti nude, e spaventate, / Senza sperar pertugio, o elitropia.»
Il commentatore Francesco da Buti[7] spiega:
«Elitropia; questa è una pietra, che, secondoché dice il lapidario, vale contr'a' veleni.»
Elitropia come erba
Sempre incentrata sul leggendario potere di rendere invisibili chi la portava, esisteva un'altra tradizione che considerava l'elitropia come erba: esiste infatti anche la pianta dell'Heliotropium.
Francesco Sacchetti oscilla tra le due interpretazioni magiche,[8]
«Elitropia è cara margherita, la qual si cria in Cipri, e in Affrica ec...»
ma dopo dice:
«Op. div. 93. E chi l'ha addosso coll'erba elitropia, non è veduto da altrui.»
Anche Franco Sacchetti riporta, oltre il valore di pietra quello di vegetale:[9][10]
«Elitropia, diciamo anche a quell'Erba, il cui fiore sempre si volge inverso 'l sole; onde è detta anche Girasole; ed è anche chiamata Clizia. Lat. heliotropium. Gr. ἡλιοτρόπιον.»
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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