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medico, ornitologo, storico e naturalista italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Elio Augusto Di Carlo (Amatrice, 2 settembre 1918 – Cantalupo in Sabina, 27 luglio 1998) è stato un medico, ornitologo, storico e naturalista italiano.
Fondatore, nel 1975 insieme a Ferrante Foschi, Gino Fantin e Gianfranco Geronzi, della Società Ornitologica Italiana (comunemente abbreviata SOI), un'associazione avente il fine di promuovere gli studi ornitologici: ricerca sistematica, comportamentale, sul campo e gli studi di osservazione diretta[1][2].
Fondatore, nel 1976, della rivista scientifica di ornitologia Gli Uccelli d'Italia della quale conservò la carica di direttore fino alla sua scomparsa[1][2].
Nacque a Retrosi, frazione di Amatrice, un piccolo villaggio posto a 1000 metri s.l.m. alle pendici dei Monti della Laga.[1][2]
«Retrosi: qui vissero gli avi miei, qui vidi la luce io stesso, mi sia consentito di parlarne, anche se non ha gloria né avvenimenti importanti.»
Laureato in medicina e chirurgia, presso l'Università di Roma "La Sapienza", esercitò per oltre quarant'anni la professione di medico, dei quali, trentacinque nel piccolo centro di Cantalupo in Sabina (dove prese servizio il 10 giugno 1954), in provincia di Rieti. Specialista in pediatria, diresse per oltre trent'anni i Consultori dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia[4] in vari comuni della provincia. Dopo la Riforma Sanitaria fu Caposervizio del Materno Infantile dell'USL/RI/02 di Poggio Mirteto[5]. Nel 1998 morì a Cantalupo in Sabina e fu sepolto a Rivodutri, il paese della moglie Barbara, ai piedi del monte Rosato[6].
Si dedicò già da giovane alle scienze naturali e in particolar modo all'ornitologia. Le zone dell'Appennino centrale furono i luoghi delle sue prime ricerche.[7]
Fu uno dei pochi ornitologi della scuola di Edgardo Moltoni[8] [2].
«Lessi un nome: Edgardo Moltoni, l'uomo che tutto sapeva o doveva sapere sugli uccelli, quell'uomo senza anni che con la sua passione per gli studi ornitologici è da sempre animatore instancabile.»
Moltoni, direttore del museo Civico di Storia Naturale di Milano, fu l'ornitologo di indiscussa fama che nel 1931 riprese la pubblicazione di quella Rivista Italiana di Ornitologia (comunemente abbreviata RIO)[9], già fondata da Alessandro Ghigi, Ettore Arrigoni degli Oddi, Filippo Cavazza, Francesco Ghigi, Giacinto Martorelli, Tommaso Salvadori e stampata per la prima volta a Bologna nel 1911, che Moltoni dirigerà per circa cinquant'anni (1922-1951)[10][1]. Il primo incontro tra i due si ebbe in occasione di un congresso a Genova nel 1950, da lì scaturì una collaborazione di circa quarant'anni, di stima e amicizia reciproca e di intensi scambi epistolari[8]. Gli incontri nei molteplici congressi si alternarono talora a ricerche sul campo costituite da lunghe escursioni effettuate anche con passeggiate dopo cena, riservate agli uccelli notturni.
«Questa era una delle cose che non doveva mai mancare nel quadro delle nostre escursioni. Non abbiamo mai tralasciato nel cuore della notte persino la visita ai vari cimiteri dei paesi compresi nel nostro itinerario: in tal modo gufi e civette, barbagianni e allocchi e talora il gufo reale, dalla voce stentorea e (perché no) paurosa, entravano nel nostro taccuino.»
Le due personalità erano diverse, autonome: per Di Carlo, il direttore del Museo di Milano sarà sempre "il professore", il maestro di indiscussa autorità scientifica, l'ornitologo per antonomasia ed egli si considererà sempre un suo allievo[12][13]. Nel 1971, dopo Toschi, venne chiamato da Moltoni nella redazione della Rivista insieme ad Antonino Trischitta e Sergio Frugis[10]. Con Moltoni, Di Carlo fu uno dei decani dell'ornitologia moderna italiana, quella che dal primo dopoguerra ha iniziato il suo cammino su basi scientifiche, ecologiche e che affrancandosi dal mondo venatorio ha posto le basi in Italia per crescere come branca autonoma della zoologia[1].
Nel 1976, quale autorevole rappresentante della tradizione ornitologica italiana, verrà chiamato a dirigere Gli Uccelli d'Italia (comunemente abbreviata UDI), rivista e organo ufficiale della Società Ornitologica Italiana (S.O.I.)[14][15][16][17]:
«... sento la responsabilità e direi il peso del compito affidatomi, ma sono certo che la collaborazione di tutti gli Ornitologi di buona volontà... mi renderanno meno gravoso e deludente il lavoro. La necessità di una nuova Rivista Ornitologica e la validità di essa è ampiamente stata illustrata, negli intendimenti e nelle finalità... essa è aperta a tutti coloro che in un modo o nell’altro si sentono attratti dall’amore e dalla conoscenza del mondo degli uccelli... mi sia pertanto consentito di elevare un saluto al nostro Maestro di ornitologia, il Prof. Edgardo Moltoni... che ha tenuto in piedi, tra mille difficoltà... la gloriosa Rivista Italiana di Ornitologia. Mi sia consentito ancora rendere omaggio ad essa come ad una sorella maggiore che continueremo a venerare come cosa nostra e a coltivare con il contributo del nostro lavoro, paghi solo di affiancarci ad essa e di tentare di raggiungerne le mete, certi di poter contare ormai nel futuro non più su una sola ma su due Riviste che in Italia trattino con impegno la nostra passione ornitologica... ai Membri presenti e futuri della Nostra Associazione auguriamo Buon Lavoro!»
La rivista avrà sede presso il Museo Naturalistico di Ravenna, nello storico palazzo della Loggetta Lombardesca. Manterrà la carica di direttore fino all'anno della sua scomparsa nel 1998, quando gli succederà Giancarlo Moschetti[19][20][21].
Tra le singole specie maggiormente studiate ricordiamo l'Aquila[22][23], il Capovaccaio, il Piviere tortolino[24][25][26][27][28], il Fringuello alpino[29], il Venturone[30], il Canapino pallido[31], la Monachella, il Picchio dalmatino[32], il Picchio muratore[32][33], il Picchio nero[32][34], il Picchio di Lilford[32][34], il Cuculo dal ciuffo[35][36], la Casarca[37], la Cannaiola di Blyth[38], il Frosone[39], ecc.[40][41][42][43]
Data la moltitudine delle specie trattate, ad oggi, è difficile trovare un testo di ornitologia che, trattando di distribuzione avifaunistica, non citi il nome di Di Carlo o che non riporti in bibliografia uno dei suoi innumerevoli lavori[1][17][44].
La sua formazione professionale di medico lo portò ad interessarsi, nei suoi lavori di ricerca, anche di veterinaria e di patologia ornitica[45][46]. Fu sua abitudine raccogliere e riportare anche i nomi dialettali (principalmente del centro Italia) degli uccelli, come preziosa testimonianza della tradizione contadina italiana[13].
I suoi interessi nei vari campi delle scienze naturali sono testimoniati dall'appartenenza a numerose accademie e società scientifiche, tra le principali ricordiamo l'Accademia dei lincei, la Società Italiana di Biogeografia e l'Unione Zoologica Italiana.
Già dagli anni '60 si trova impegnato concretamente nella protezione della natura: nel 1970, insieme ad altri naturalisti fa parte della Commissione Protezione Natura della Regione Lazio per l'individuazione dei primi biotipi di interesse naturalistico.
Si impegnò per la protezione dei laghi Reatini (lago Lungo[48] e di Ripasottile) e del bacino idrografico della Piana Reatina dal progetto dell'Enel di creare un unico bacino per la produzione di energia idroelettrica[1]. Nel 1985 verrà istituita la Riserva parziale naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile nella conca reatina.[49] Nel 1983 effettua il censimento di tutta l'avifauna presente nella riserva.[50]
Con i suoi studi portò all'attenzione della comunità scientifica romana l'ambiente fluviale della zona Tevere-Farfa[51], quella che poi sarebbe diventata la prima Riserva Regionale del Lazio[52].
Negli interessi specifici in campo naturalistico è bene ricordare l'attenzione che riservava nei suoi studi agli alberi secolari e alla loro conservazione; così scrive riguardo all'abbattimento del famoso cerro della Cona[53] di Retrosi (sito presso il Santuario dell'Icona Passatora), Amatrice:
«Come età passava i cinquecento anni ed aveva una circonferenza ad altezza uomo di metri 8.50, con le grosse radici affioranti contorte e serpeggianti dominava il sentiero "Retrosi-La Cona". L'albero è ricordato da Tassi e Pratesi in una guida della natura del Lazio su mia indicazione. Abbattuto solo pochi anni fa (1960) dalla mano scellerata (dal latino scelus, delitto sacro) di un ignoto compratore immemore, forse inconscio, del valore rituale di quella quercia che la pietà dei fedeli pagani, poi continuata e riversata nella vicina chiesa campestre dai fedeli cristiani, aveva lasciato in vita.»
Nei suoi articoli ornitologici non mancò mai di riportare la descrizione botanica dell'habitat degli uccelli oggetto dello studio specifico.
Della flora erbacea destarono la sua attenzione le orchidee selvatiche e si deve a lui l'iniziativa della documentazione sulle orchidee della Sabina e più in generale della provincia di Rieti; frutto di questo lavoro di ricerca sul campo e di documentazione fu una mostra fotografica (1993).
Dalle scienze naturali alla storia locale. Amatrice, Retrosi, Cantalupo e tutta la Sabina[55] sono i principali terreni di studio.
L'interesse per questa disciplina gli venne trasmesso dallo zio paterno Don Augusto Di Carlo[6][56][57][58][59], curato di Retrosi[60] e appassionato storico.
Tra il 1989 e il 1998, completa la pubblicazione della trilogia de "I Castelli": collana di libri costituita da Il Castello di Cantalupo in Sabina, edito nel 1989; I Castelli di Forano e di Gavignano, del 1995 e per finire I Castelli della Sabina del 1998.
Nel 1992, pubblica Alle pendici della Laga[61][62] rivolto alle terre che gli furono natie.
«Dall'uomo qui cecidit ex arbore cerasae o perito sotto la caduta di un masso nel fosso di S.Martino; dal pastore di Retrosi in transumanza verso l'Agro romano, ucciso da un colpo di archibugio nelle gole del Velino presso Antrodoco, al prete di ritorno dalla Cona a Capricchia, assalito dai briganti ai piedi del Castellone; dalla vedova inconsolabile quae decipit post mortem viri sui, alla nubile quae peperit a quodam deflorata.
Poi le procelle, gli uragani e i colpiti dal fulmine, le carestie con uomini e bambini morti ob ingentem famem, i terremoti ricordati con un triste tempore magni terremoti (1703).»
Questo piccolo estratto, dall'introduzione al suo libro del 1992, ci mostra in maniera sintetica ma efficace il suo modo di raccontare la storia: non solo un freddo elenco di eventi cronologici ma piuttosto un intreccio di vite vissute.
Fu presidente della locale sezione di Cantalupo in Sabina dell'Archeoclub Sabino e dell'AICS[64] (Associazione Italiana Cultura e Sport). A partire dal 1985, promosse uno studio preliminare condotto dall'archeologo Eugenio Maria Beranger[65], che porterà alla stesura di una relazione finale consegnata all'Archeoclub locale. Il lavoro riguarderà, nel comune di Cantalupo in Sabina, le località di S.Adamo, S.Vito, Collicchi-S.Stefano e Tulliano (o Villa di Cicerone)[13][66].
Nel 1995, collaborò per la realizzazione della mostra intitolata "l'Opera pittorica di Vincenzo Camuccini" (in occasione del 150º anniversario dalla morte dell'artista), tenutasi presso il Palazzo Camuccini in Cantalupo[67]. Sempre riguardanti la pittura furono gli studi compiuti sull'artista Gerolamo Troppa di Rocchette[68].
Riportati in ordine cronologico:
Oltre centoventi lavori ornitologici furono pubblicati principalmente sulle riviste Rivista Italiana di Ornitologia e Gli Uccelli d'Italia[9][77][78].
Pubblicò inoltre:
Altri lavori riguardarono l'avifauna della Corsica, della Sardegna e delle Isole Tremiti[9].
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