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L'elezione incondizionata è una dottrina della teologia cristiana che precisa un aspetto della soteriologia calvinista. Sostenendo il principio della predestinazione, cioè che Dio, dall'eternità, ha già prestabilito, secondo il Suo insindacabile e sovrano giudizio, chi, nell'ambito della storia umana, avrebbe ricevuto la grazia della salvezza e chi avrebbe lasciato, invece, seguire la via del peccato e delle sue conseguenze, questa dottrina afferma su quale base Egli abbia operato la scelta di salvare un certo numero di creature umane.
La base che il Calvinismo scorge nel messaggio della Bibbia per la scelta di Dio di salvare delle creature umane è esclusivamente la libera espressione Sua misericordia, ad esclusione di qualunque merito o titolo che esse stesse possano avere.
È uno del Cinque punti del Calvinismo. La dottrina dell'elezione incondizionata è stata codificata la prima volta dalla Confessione di fede belga del 1561 e riaffermata nei Canoni di Dordrecht (1619) e caratterizza storicamente la fede riformata com'è espressa dalle varie confessioni di fede riformata.
L'elezione incondizionata è la dottrina che afferma che Dio ha scelto coloro che si è compiaciuto di portare alla conoscenza di Sé stesso, non sulla base di un qualsiasi merito mostrato dall'oggetto della Sua grazia e non sulla base della fede prevista (specialmente una decisione di fede). Dio ha eletto sulla sola base del consiglio della Sua volontà. Egli ha fatto questa scelta prima della fondazione stessa del mondo.
Questa dottrina non esclude, però, la responsabilità umana di credere nell'opera redentiva di Cristo (Giovanni 3:16-18). La Scrittura presenta una tensione fra la Sovranità di Dio nella salvezza e la responsabilità umana di credere. Essa, però, non cerca di risolvere questa "contraddizione". Entrambe sono verità. Negare la responsabilità umana significa cadere nell'ipercalvinismo, negare la Sovranità di Dio significa cadere nell'Arminianesimo.
Gli eletti sono salvati perché compiano buone opere (Efesini 2:10). Le buone opere, quindi, non possono essere un ponte sull'abisso (formatosi alla Caduta), che separa l'essere umano a Dio. Le buone opere sono il risultato della grazia salvifica di Dio. Ecco perché l'apostolo Pietro afferma: "Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai" (2 Pietro 1:10). Produrre un buon frutto nella vita è indicazione che Dio ha seminato il seme della grazia nel terreno che Egli ha dissodato e reso fertile.
Loraine Boettner, uno storico e teologo calvinista, nel suo libro "The Reformed Doctrine of Predestination" ammette che i primi Padri della Chiesa prima di Sant'Agostino insegnavano l'assoluta libertà della volontà umana ed una sorta di sinergismo dove c'era una cooperazione tra la grazia ed il libero arbitrio. Egli scrive inoltre che Sant'Agostino fu il primo ad andare oltre i primi teologi, insegnando un'elezione incondizionata della grazia divina, restringendo la redenzione ad un cerchio definito di eletti.[1]
Inoltre numerosi studiosi, apologeti ed autori cristiani, tra cui A.W. Tozer[2], N.T. Wright[3], William Lane Craig[4] e C.S. Lewis[5], non condividono la dottrina calvinista dell'elezione incondizionata, affermando allo stesso tempo il libero arbitrio dell'uomo e la sovranità di Dio, rigettando perciò la comprensione calvinista della predestinazione e dell'elezione.
Infine la posizione opposta all'elezione incondizionata, cioè l'elezione condizionata, afferma riguardo alla salvezza che l'elezione parla del piano eterno, misericordioso e certo di Dio in Cristo di avere un popolo da chiamare Suo tramite il ravvedimento e la fede. Inoltre nega che l'elezione significhi che da prima della creazione, Dio abbia predestinato alcune persone alla salvezza ed altre alla condanna. Questa dottrina è così formulata nella dichiarazione di fede "tradizionale" o "tradizionalista" della Southern Baptist Convention, rifiutando così la soteriologia calvinista.[6]
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