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politica francese sul diritto d'asilo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La dottrina Mitterrand è stata una politica relativa al diritto di asilo in Francia enunciata dall'omonimo presidente socialista francese in un discorso al Palais des Sports di Rennes il 1º febbraio 1985.
La dottrina prende il nome del presidente socialista francese François Mitterrand ed era diretta a non concedere l'estradizione a persone imputate o condannate, in particolare italiani[1], ricercati per «atti di natura violenta ma d'ispirazione politica», contro qualunque Stato, purché non diretti contro lo Stato francese, qualora i loro autori avessero rinunciato a ogni forma di violenza politica, concedendo di fatto un diritto d'asilo a ricercati stranieri che in quel periodo si rifugiarono in Francia.
Sostanzialmente, il consiglio dei ministri francese il 10 novembre 1982, in tema di diritto di asilo, aveva già adottato un'analoga linea di prassi, ancor prima dell'enunciazione della dottrina Mitterrand del 1985: «Non sarà tenuto conto della natura politica dell'infrazione, l'estradizione sarà concessa in linea di principio nei casi in cui siano stati commessi [...] «atti criminali (rapimento di ostaggi, omicidi, violenze che abbiano provocato ferite gravi o la morte, ecc.) di natura tale che il fine politico addotto sia insufficiente a giustificare il ricorso a mezzi inaccettabili»[2].
Mitterrand ha definito la sua dottrina durante un discorso al Palais des Sports di Rennes il 1º febbraio 1985. Mitterrand tuttavia escludeva da questa tutela coloro che avevano commesso un "terrorismo sanguinario, attivo, reale". Nel suo discorso, Mitterrand dichiarava:
«Oui, j'ai décidé l'extradition, sans le moindre remords, d'un certain nombre d'hommes accusés d'avoir commis des crimes. Je n'en fais pas une politique. Le droit d'asile, dès lors qu'il est un contrat entre celui qui en bénéficie et la France qui l'accueille, sera toujours et a toujours été respecté; il n'était d'ailleurs pas demandé, dans la circonstance, en temps utile. Je refuse de considérer a priori comme terroristes actifs et dangereux des hommes qui sont venus, particulièrement d'Italie, longtemps avant que j'exerce les responsabilités qui sont miennes, et qui venaient de s'agréger ici et là, dans la banlieue parisienne, repentis... à moitié, tout à fait... je n'en sais rien, mais hors du jeu. Parmi eux, sans doute une trentaine de terroristes actifs et implacables. Ce sont justement ceux qu'on ne contrôle pas, c'est-à-dire qu'on ne sait pas où ils sont ! On dit qu'ils sont en France ? La France est quand même un pays – sans que je puisse préjuger en quoi que ce soit de ce qui se passera demain – dans lequel on a connu une trace moins sanglante qu'ailleurs, même si elle est encore trop sanglante. Mais je dis hautement: la France est et sera solidaire de ses partenaires européens, dans le respect de ses principes, de son droit: elle sera solidaire, elle refusera toute protection directe ou indirecte pour le terrorisme actif, réel, sanglant.[3]»
«Sì, ho deciso l'estradizione, senza il minimo rimorso, di un certo numero di uomini accusati d'aver commesso dei crimini. Non ne faccio una politica. Il diritto d'asilo, essendo un contratto tra chi ne gode e la Francia che l'accoglie, è sempre stato e sempre sarà rispettato; del resto non era stato, in questa circostanza, richiesto in tempo utile. Mi rifiuto di considerare a priori come terroristi attivi e pericolosi degli uomini che sono venuti, in particolare dall'Italia, molto tempo prima che esercitassi le prerogative che mi sono proprie, e che si erano appena ritrovati qui e là, nella banlieu parigina, pentiti... a metà, di fatto ... non saprei, ma fuori dai giochi. Tra di loro, senza dubbio, una trentina di terroristi attivi e implacabili. Sono quelli che non controlliamo, nel senso che non sappiamo dove siano! Si dice che siano in Francia? La Francia è comunque un paese - non potendo dire come sarà domani - dove c'è stata un'esperienza meno sanguinosa che altrove, anche se comunque troppo sanguinosa. Ma io dico chiaramente: la Francia è e sarà solidale coi suoi alleati europei, nel rispetto dei suoi principi, del suo diritto: sarà solidale, rifiuterà ogni protezione diretta o indiretta del terrorismo attivo, reale, sanguinario.»
Il 21 aprile 1985, al 65º congresso della Lega dei diritti umani (LDH), Mitterrand dichiarava che i criminali italiani che avevano rotto con il loro passato violento ed erano fuggiti in Francia sarebbero stati protetti dall'estradizione in Italia:
«Les réfugiés italiens (...) qui ont participé à l'action terroriste avant 1981 (...) ont rompu avec la machine infernale dans laquelle ils s'étaient engagés, ont abordé une deuxième phase de leur propre vie, se sont inséré dans la société française (...). J'ai dit au gouvernement italien qu'ils étaient à l'abri de toute sanction par voie d'extradition (...)»
«I rifugiati italiani(...) che hanno preso parte in azioni terroristiche prima del 1981 (...) hanno rotto i legami con la macchina infernale a cui hanno partecipato, hanno iniziato una seconda fase della loro vita, si sono integrati nella società francese (...) Ho detto al governo italiano che erano al sicuro da qualsiasi sanzione di estradizione(...)»
La dottrina Mitterrand è stata de facto sconfessata nel 2002, sotto il governo di Jean-Pierre Raffarin, quando Paolo Persichetti è stato estradato dalla Francia. Il Consiglio di Stato francese l'ha poi dichiarata priva di effetti giuridici nel 2003, al momento di concedere l'estradizione di Cesare Battisti.
La dichiarazione politica del Presidente venne seguita dalla giustizia francese in varie occasioni, quando si è trattato di valutare l'estradizione dei terroristi italiani di estrema sinistra o attivisti. Secondo un articolo del 2007 del Corriere della Sera, Mitterrand era stato convinto dall'Abbé Pierre a proteggere queste persone.[4] Secondo gli avvocati di Cesare Battisti, Mitterrand aveva dato la sua parola, in consultazione con il premier italiano, Bettino Craxi.[5]
Gli oppositori della dottrina sostenevano che ciò che un Presidente può dire durante il suo incarico non è di per sé una fonte di diritto, e che questa dottrina non aveva quindi alcun valore giuridico. I suoi fautori, da parte loro, ricordano come essa è stata applicata fino al 2002, e ritengono che l'ex presidente avesse impegnato la Repubblica con le sue parole. I suoi sostenitori - intellettuali come Fred Vargas o Bernard-Henri Lévy, organizzazioni come Verdi, la Lega dei Diritti Umani, France Libertés, Attac-France, ecc., alcune personalità del Partito socialista (PS) - si opposero al mancato rispetto da parte della destra al potere della dottrina Mitterrand.[senza fonte]
Questo aspetto della politica francese è stato fortemente criticato dall'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo, che nel 2008 ha espresso il suo particolare "dolore di fronte alle conseguenze della dottrina Mitterrand e all'atteggiamento degli intellettuali francesi di sinistra".[6] Successivamente, il presidente Jacques Chirac dichiarò di non opporsi alla estradizione delle persone ricercate dalla giustizia italiana.
Nel 2002 la Francia estradò Paolo Persichetti, un ex-membro della Brigate Rosse (BR) che insegnava sociologia all'università, in "violazione" della dottrina Mitterrand (poiché sospettato a torto di legami con le Nuove Brigate Rosse). Tuttavia, nel 1998, la Corte d'appello di Bordeaux aveva giudicato che Sergio Tornaghi non poteva essere estradato in Italia, con la motivazione che secondo la procedura italiana non sarebbe stato organizzato un secondo processo dopo la prima condanna in contumacia.
Le estradizioni negli anni 2000 coinvolsero non solo membri delle Brigate Rosse, ma anche altri attivisti di sinistra che erano fuggiti in Francia e restavano ricercati dalla giustizia italiana. Tra questi, Toni Negri, che alla fine scelse di tornare in Italia e di consegnarsi alle autorità italiane.
Nel 2004 i funzionari giudiziari francesi hanno autorizzato l'estradizione di Cesare Battisti. Nel 2005 il Consiglio di Stato ha confermato l'estradizione, segnando la fine della dottrina Mitterrand. L'estradizione di Marina Petrella è stata invece negata, a causa di motivi di salute, con decisione del presidente Nicolas Sarkozy.
Dopo l'estradizione di Persichetti la dottrina fu dichiarata nulla; nonostante non fosse più in vigore, dal 2003 in poi è stata negata l'estradizione anche per altri ex terroristi e condannati (con la sola eccezione di Battisti, il quale però si rifugiò in Brasile), i quali risiedono tuttora in Francia. Come motivazioni però sono state addotte, di volta in volta, non più la dottrina Mitterrand - non più riconosciuta giuridicamente - ma vari motivi di ordine diverso, da quelli di salute (Petrella, Villimburgo, Pietrostefani) al matrimonio con cittadini francesi, dalla mancata pericolosità del soggetto (Scalzone, Pancino) fino all'acquisizione della cittadinanza francese (Filippi) e a motivi di ordine strettamente giurisdizionale (Carfora, Cappelli).[7] Alcuni hanno ottenuto poi la prescrizione del reato dai tribunali italiani (Scalzone).
Un ulteriore colpo alla dottrina è stato assestato il 28 aprile 2021, quando, nell’ambito dell’operazione "Ombre rosse", dopo il consenso dello stesso Presidente francese, su richiesta dell’Italia, si è proceduto contro 10 ex terroristi italiani, già condannati per atti di terrorismo commessi negli anni '70 ed '80. Di essi sette sono stati arrestati (Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, delle Brigate Rosse; Giorgio Pietrostefani, di Lotta Continua; Narciso Manenti, dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale); tre, invece, sono sfuggiti all'arresto (Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura, delle Brigate Rosse). Il giorno dopo i fermati sono stati posti in libertà vigilata.[8] Tuttavia, il 29 giugno 2022 la Corte d'Appello di Parigi ha negato l'estradizione richiamandosi agli articoli 6 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("Equo processo" e "Diritto al rispetto della vita privata e familiare").[9]
Nell'ambito del caso riguardante Cesare Battisti, il Consiglio di Stato, massimo organo giurisdizionale amministrativo e consultivo della Repubblica francese, ha negato nel 2004 ogni validità giuridica alla cosiddetta "dottrina Mitterrand":
«Considérant que, si le requérant invoque les déclarations faites par le Président de la République, le 20 avril 1985, lors du congrès d'un mouvement de défense des droits de l'homme, au sujet du traitement par les autorités françaises des demandes d'extradition de ressortissants italiens ayant participé à des actions terroristes en Italie et installés depuis de nombreuses années en France, ces propos, qui doivent, au demeurant, être rapprochés de ceux tenus à plusieurs reprises par la même autorité sur le même sujet, qui réservaient le cas des personnes reconnues coupables dans leur pays, comme le requérant, de crimes de sang, sont, en eux-mêmes, dépourvus d'effet juridique ; qu'il en va également ainsi de la lettre du Premier ministre adressée, le 4 mars 1998, aux défenseurs de ces ressortissants...[10]»
«Considerando che, se il ricorrente invoca le dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Repubblica il 20 aprile 1985, al congresso di un movimento di difesa dei diritti umani, in merito al trattamento da parte delle autorità francesi delle richieste di estradizione dei cittadini italiani coinvolti in attività terroristiche in Italia e residenti da molti anni in Francia, queste parole, che devono in realtà essere ravvicinati a quelle espresse più volte dalla stessa autorità in materia, che si riferivano alle persone condannate nel loro paese, come il ricorrente, per crimini violenti, sono di per sé prive di effetti giuridici; è pertanto tale anche la lettera del Primo Ministro inviata il 4 marzo 1998 ai difensori dei ricorrenti ...[10]»
Mentre, per quanto riguarda la normativa italiana, è interessante riportare un altro passaggio in lingua originale della sentenza della Corte di cassazione francese, il massimo organo giurisdizionale ordinario del paese, sempre riguardo all'estradizione di Battisti. In un preciso passo della decisione si chiarisce, definitivamente, che un giudice francese non può ergersi a censore della giustizia italiana, ma che soprattutto la procedura italiana era ed è conforme agli standard europei:
«qu'indépendamment du fait qu'il n'appartient pas au juge français de s'ériger en censeur de la procédure pratiquée devant les juridictions étrangères, il convient de souligner que le système procédural italien est voisin de celui appliqué en France, qu'il est soumis aux mêmes règles conventionnelles, et spécialement à celles de l'extradition et aux conditions requises pour le déroulement d'un procès équitable qui ont également valeur constitutionnelle en Italie.[11]»
«...indipendentemente dal fatto che non è di competenza del giudice francese ergersi a censore della procedura praticata davanti alle giurisdizioni straniere, si conviene sottolineare che il sistema procedurale italiano è vicino a quello applicato in Francia, che è sottoposto alle medesime regole convenzionali, e specialmente a quelle sull'estradizione e alle condizioni richieste per lo svolgimento d'un processo equo che hanno ugualmente valore costituzionale in Italia.»
La dottrina propriamente detta venne elaborata da un gruppo di lavoro (formato da alti ufficiali di polizia, avvocati, magistrati e da consiglieri dell'Eliseo e del governo francese) che nel 1984-85 esaminarono - tra gli altri - fascicoli processuali italiani relativi a latitanti italiani rifugiatisi in Francia[12], in particolare il processo 7 aprile: essa non venne mai trasposta in alcun provvedimento di natura giuridica perché - secondo vari giuristi - si poneva in contrasto con le obbligazioni internazionali della Francia derivanti dalla vigenza di svariati trattati di cooperazione internazionale in materia penale.
Nella ricerca delle motivazioni, la stampa dell'epoca valorizzò molto le dichiarazioni orali del circolo ristretto dei collaboratori del Presidente della Repubblica francese: solo dopo molti anni uno di essi, Jean-Pierre Mignard, ha sostenuto che nell'elaborazione della dottrina «non ci fu mai disprezzo nei confronti della vostra civiltà giuridica» e che «avevamo già un fronte aperto con il terrorismo mediorientale, non potevamo controllare anche 150 italiani. Abbiamo stretto un patto: voi rinunciate a compiere qualsiasi reato e noi vi regolarizziamo»[13].
Nel caso di rifugiati italiani, tale prassi veniva all'epoca giustificata con una presunta "non conformità" della legislazione italiana agli standard europei, soprattutto per quanto concerneva la disciplina del "concorso morale"[14], le leggi speciali, l'uso della carcerazione preventiva e il rapporto con i collaboratori di giustizia. Il presidente francese si opponeva a certi aspetti della legislazione anti-terrorismo approvata in Italia negli anni '70 ed '80, che creava lo status di "collaboratore di giustizia" (noto comunemente come pentito), simile alla legislazione crown witness nel Regno Unito o al Witness Protection Program negli Stati Uniti, in cui è consentito a persone accusate di crimini di diventare testimoni per lo Stato e, eventualmente, di ricevere una riduzione della pena e una protezione.
A commento di questa dottrina, Gilles Martinet, anziano intellettuale socialista ed ex ambasciatore in Italia, ha scritto: "Non potendo fare la rivoluzione nel proprio Paese, si continua a sognarla altrove. Continua a esistere il bisogno di provare a se stessi di essere sempre di sinistra e di non essersi allontanati da un ideale" (nella prefazione a un libro dedicato al caso Battisti)[15].
La pretesa superiorità della legislazione francese - con una sua presunta maggiore aderenza alle norme e ai principi europei in materia di tutela dei diritti umani - si appuntava anche sull'esistenza del processo contumaciale: la legislazione italiana prevedeva che, se un imputato fosse stato in grado di esercitare la sua difesa mediante la presenza dei soli suoi avvocati, un processo tenutosi in contumacia non avrebbe avuto bisogno di essere ripetuto se questi fosse stato alla fine arrestato.
Questa visione - con cui si intese motivare la dottrina Mitterrand - entrò in crisi e diventò ulteriormente insostenibile in Europa, proprio dal punto di vista giuridico, quando la Corte europea dei diritti dell'uomo condannava definitivamente la procedura contumaciale francese, spesso usata come impropria pietra di paragone rispetto al quella italiana: questa, del resto, con la legge n. 67 del 28 aprile 2014 si è uniformata in buona sostanza alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo recependo i principi dettati dalla medesima Corte di Strasburgo[16].
In una sentenza, che demolisce alla radice l'istituto processuale francese, la Corte vegliante sui diritti umani stabilì che la cosiddetta purgazione del processo in assenza - vale a dire la celebrazione di un nuovo processo a seguito della cattura o costituzione del contumace - era solo un mero espediente procedurale.
Il nuovo processo non può di per sé essere assolutamente assimilabile a una garanzia per il condannato, anche qualora, come accadeva in Francia ai sensi dell'articolo 630 codice di procedura penale[17], il primo processo in contumacia si fosse svolto senza la presenza di avvocati, in esplicita violazione del diritto alla difesa sancito dall'articolo 6, comma 3 lettera c)[18] della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in ECtHR: Krombach v. France, application no. 29731/96)[19]. A seguito di questa sentenza la Francia modificò, in parte, con legge 9 marzo 2004 cosiddetta "Perben II"[20] la sua procedura contumaciale, oramai insostenibile per gli standard europei in materia di diritti umani.
L'attuale procedura in assenza viene definita par défaut e prevede la possibilità, per il contumace, di avere un difensore[21].
Tra gli italiani che hanno beneficiato della dottrina Mitterrand si ricordano:
In terra francese si troverebbero anche Simonetta Giorgieri (ca. 1955) e Carla Vendetti (ca. 1958), sospettate di contatti con le nuove Brigate Rosse[25].
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