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opera lirica di Wolfgang Amadeus Mozart Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il flauto magico (K 620; titolo originale in tedesco Die Zauberflöte ) è un Singspiel in due atti musicato da Wolfgang Amadeus Mozart nel 1791, su libretto di Emanuel Schikaneder e con il contributo di Karl Ludwig Giesecke.
Il flauto magico | |
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Locandina della prima rappresentazione, nel 1791 | |
Titolo originale | Die Zauberflöte |
Lingua originale | tedesco |
Genere | Singspiel |
Musica | Wolfgang Amadeus Mozart (Partitura online) |
Libretto | Emanuel Schikaneder (con Karl Ludwig Giesecke) (Libretto online) (DE) |
Atti | due |
Prima rappr. | 30 settembre 1791 |
Teatro | Theater auf der Wieden di (Vienna) |
Prima rappr. italiana | 1794, Praga |
Versioni successive | |
Teatro alla Scala, Milano, 1816[1] | |
Personaggi | |
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Alla fine del 1790 Mozart rifiutò di recarsi a Londra, dove già si trovava Haydn, malgrado un'offerta cospicua. Egli non volle lasciare Vienna, le sue amicizie, le sue abitudini, nonostante si trovasse in precarie condizioni economiche. A salvarlo dalla situazione arrivò, nel marzo del 1791, Emanuel Schikaneder, dinamico cantante-impresario che cercava da tempo di risollevare le sorti del Singspiel dalla concorrenza della musica italiana. Egli dirigeva il Theater auf der Wieden e progettava la creazione di un'opera fiabesca sulla base di un libretto che egli stesso aveva redatto traendolo da una fiaba, Lulu oder die Zauberflöte, unendovi tutta una serie di personaggi buffi e passaggi scherzosi e propose a Mozart di realizzarla insieme. Mentre il lavoro di stesura del libretto stava per essere terminato, venne rappresentata con successo, da un teatro rivale, un'opera tratta dalla stessa fiaba, Gaspare il fagottista. Schikaneder non si scoraggiò e, con l'aiuto di Giesecke, rivide e riscrisse la trama facendo diventare la Regina della notte una strega malvagia e Sarastro un mago benevolo; mutò poi tutta la vicenda su uno sfondo simbolico massonico-orientale e Sarastro divenne gran sacerdote di Iside.[3] Per agevolare Mozart nella composizione dell'opera, Schikaneder gli mise a disposizione un piccolo padiglione nelle vicinanze del teatro in modo che il musicista non dovesse spostarsi da casa al luogo di lavoro. Quando però da Praga giunse al musicista la commissione per una nuova opera per l'incoronazione di Leopoldo II, Mozart abbandonò repentinamente il lavoro quasi terminato per scrivere La clemenza di Tito recandosi a Praga, nella speranza di entrare nelle grazie del nuovo sovrano. La nuova opera non ebbe un buon risultato soprattutto per la rapidità di composizione e quando il musicista rientrò a Vienna era molto avvilito e con i problemi di salute aggravati; Schikaneder seppe però incoraggiarlo e sostenerlo nel terminare la composizione.[4]
La prima rappresentazione avvenne al Theater auf der Wieden di Vienna il 30 settembre 1791 con lo stesso Schikaneder (Papageno) e Josepha Hofer, cognata di Mozart (Regina della notte), diretti dal compositore. Il primo atto non riscosse molto successo, tanto che il musicista, amareggiato, durante l'intermezzo era quasi deciso di lasciar perdere; dopo gli incoraggiamenti degli amici riprese la direzione e portò a termine la rappresentazione che ebbe infine molto successo.[4]Nelle numerose repliche successive il successo crebbe, conquistando definitivamente il pubblico.
Dopo le prime recite, Mozart scrisse alla moglie Constanze Weber che era partita per Baden: "Sala sempre piena come sempre. Il duetto Mann und Weib e il Glockenspiel del Primo atto sono stati bissati come al solito, come pure il terzetto dei Fanciulli del Secondo atto; ma quello che mi ha fatto più piacere è il plauso silenzioso della platea. Si vede bene quanto quest’opera stia crescendo sempre più nella stima del pubblico".[5]
Personaggio | Tipologia vocale[6] | Interpreti della prima[7] 30 settembre 1791 (Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart) |
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Tamino | tenore | Benedikt Schack |
Papageno | basso[2] | Emanuel Schikaneder, il giovane |
Pamina | soprano | Anna Gottlieb |
Regina della Notte | soprano | Josepha Hofer |
Sarastro | basso profondo | Franz Xaver Gerl |
Le tre dame | le prime due soprani, e l'ultima contralto | [Johanna?] Klöpfer [Antonie?] Hofmann Elisabeth Schack |
Monostatos, moro | tenore | Johann Joseph Nouseul |
Tre fanciulli | soprani (una voce femminile e due voci bianche) |
Anna Schikaneder Anselm Handelgruber Franz Anton Maurer |
Oratore del tempio | basso | Kostas Damian Winter |
Tre sacerdoti | un tenore, due bassi | Urban Schikaneder, il vecchio Johann Michael Kistler [Christian H. o Franz?] Moll |
Vecchia/Papagena | soprano | Barbara Gerl |
Due armigeri | tenore, basso | Johann Michael Kistler [Christian H. o Franz?] Moll |
Tre schiavi | parti recitate | Karl Ludwig Giesecke[8] [Wilhelm?] Frasel Johann Nikolaus Starke |
La trama, piena di significati esoterici e massonici, si svolge in un antico Egitto immaginario; caratterizzata da un'alternanza di riferimenti al giorno e alla notte, si sviluppa lungo un graduale passaggio dalle tenebre dell'inganno e della superstizione verso la luce della sapienza solare, al quale corrisponde un progressivo capovolgimento di prospettiva nel ruolo dei buoni e dei malvagi, i cui poli contrapposti sono rappresentati da Sarastro e dalla Regina della notte, Astrifiammante.[9]
Il principe Tamino sta fuggendo in una foresta inseguito da un dragone,[10] e al momento di essere raggiunto, cade sfinito e sviene. Giungono però in suo soccorso le tre Dame della Regina della Notte che abbattono il serpente con le loro lance d'argento, lasciando poi a malincuore il bel giovane per recarsi dalla Regina a informarla.
Entra in scena Papageno, il buffo uccellatore vestito di piume che suona il suo flauto. Quando Tamino riprende i sensi crede che sia stato Papageno a uccidere il dragone, e costui non nega il fatto. Tornano però le tre Dame che lo puniscono per questa menzogna, chiudendogli la bocca con un lucchetto, per poi mostrare a Tamino un ritratto della giovane Pamina, figlia della Regina, dalla cui bellezza egli resta colpito.
Preannunciata da un fragore di tuoni, fa l'ingresso in scena la Regina della Notte, che lamenta il dolore per la scomparsa della figlia Pamina, che il malvagio Sarastro tiene prigioniera con un suo incantesimo, e prega Tamino di andare a salvarla.
Innamoratosi del ritratto della giovane, Tamino decide di andare con l'uccellatore Papageno a liberarla. Le Dame tolgono a quest'ultimo il lucchetto, e danno poi a Tamino un flauto magico che lo assista nell'impresa, e a Papageno un Glockenspiel fatato. Tamino e Papageno si incamminano così verso il castello di Sarastro, sotto la guida di tre fanciulli, o genietti.
Papageno arriva per primo al castello e penetra nella stanza dove il perfido moro Monostato tiene prigioniera Pamina, oggetto delle sue attenzioni morbose. Alla vista reciproca, Papageno e Monostato si mettono paura a vicenda, essendo il primo bizzarramente rivestito di piume e il secondo un uomo di pelle nera. Entrambi scappano via, ma Papageno riprende coraggio, torna da Pamina e la informa che il principe Tamino è innamorato di lei. Costei a sua volta lo rincuora assicurando che il cielo manderà anche a lui una compagna; poi insieme tentano la fuga.
Frattanto, Tamino, guidato dai ragazzi, giunge di fronte a tre templi, intitolati rispettivamente alla Natura, alla Ragione, e alla Sapienza. Respinto dai primi due, vede uscire dal terzo un sacerdote egizio che gli chiede cosa stia cercando. Tamino risponde amore e virtù, eppure il suo cuore grida vendetta contro Sarastro. Il sacerdote, capovolgendo l'immagine di un Sarastro malvagio, sostiene che questi è un maestro di saggezza, il quale ha rapito Pamina per un motivo che resterà oscuro a Tamino finché non si farà guidare dall'amicizia.
Sconcertato e disorientato, Tamino suona il flauto magico nella speranza di far apparire Pamina, e riceve in lontananza la risposta dello zufolo di Papageno, che sta fuggendo insieme con lei dagli sgherri di Monostato. Per sottrarsi alle loro grinfie, Papageno fa suonare il carillon fatato, facendo ammansire per magia gli sgherri di Monostato, che si allontanano.
Papageno e Pamina non fanno però in tempo a esultare, perché arriva Sarastro su un carro trionfale condotto da sei leoni, preceduto da un corteo di devoti. Pamina gli confessa di aver tentato la fuga per sottrarsi alle insidie di Monostato, al che Sarastro, con fare paterno, le spiega che per il suo bene non vuole restituirla a sua madre, donna che definisce superba.
Catturato da Monostato, Tamino viene successivamente condotto al cospetto di Sarastro. Ora Tamino e Pamina si incontrano per la prima volta e subito si innamorano l'uno dell'altra. Contro ogni aspettativa, Sarastro fa punire Monostato e libera Tamino, informandolo che, se vorrà entrare nel suo regno con Papageno, dovrà superare tre prove.
La scena riprende in un boschetto di acacie, al cui centro si erge una piramide. Diciotto sacerdoti marciano con passi solenni, guidati da Sarastro, per preparare il Rito di iniziazione per l'ingresso dei nuovi adepti nella loro confraternita. Sarastro rivela di aver rapito Pamina perché destinata dagli Dei al nobile Tamino. Pronuncia quindi un'invocazione a Iside e Osiride, affinché assistano spiritualmente Papageno e Tamino nelle dure prove che li attendono.
Terminata l'orazione, i due sono fatti entrare nel vestibolo del Tempio della Saggezza, dove vengono privati di ogni possesso e interrogati da due sacerdoti circa le loro intenzioni. Tamino risponde di voler cercare in amicizia la conoscenza e la saggezza, mentre Papageno preferirebbe invece una donna da amare. Entrambi incominciano quindi la prima prova: dovranno stare in silenzio, qualunque cosa accada. Presto si fa buio e riappaiono le tre Dame, che cercano di dissuaderli dall'entrare nella confraternita, mettendoli in guardia dalle false intenzioni dei sacerdoti. Tamino tuttavia non cede.
Nella scena seguente, Monostato si avvicina furtivamente a Pamina addormentata in un giardino notturno: vorrebbe baciarla, ma, spaventato dall'arrivo di Astrifiammante, la Regina della Notte, si nasconde per origliare. La Regina della Notte chiede a Pamina notizie del giovane che aveva inviato a liberarla, e va in collera quando apprende che si è unito agli iniziati. Poiché lei non può nulla contro Sarastro, da quando il suo sposo in punto di morte lasciò a lui il Cerchio del Sole dai Sette Raggi, consegna a Pamina un pugnale perché sia lei a uccidere Sarastro, minacciando di maledirla e rinnegarla per sempre se non farà ciò che le ha ordinato. Quando la Regina della Notte se ne va, Monostato si avvicina a Pamina e la minaccia di rivelare l'intrigo a Sarastro se lei non cederà alle sue voglie. Sopraggiunge lo stesso Sarastro che, dopo aver scacciato Monostato, si rivolge paternamente a Pamina e le spiega che non si vendicherà, perché solo l'amore, non la vendetta, conduce alla felicità.
Prosegue intanto il percorso iniziatico di Tamino e di Papageno, al quale si rivolge una vecchina innamorata di lui, che afferma di avere diciotto anni. Si avvicinano anche i tre ragazzi su una macchina volante, che restituiscono loro rispettivamente il flauto e il carillon di campanelli, e portano loro anche del cibo. Pamina cerca di parlare a Tamino, ma il giovane (essendo ancora sottoposto alla prova del silenzio) non può risponderle. Lei crede che lui non l'ami più, e, sopraffatta dal dolore, medita il suicidio col pugnale della madre, ma viene fermata dai tre fanciulli che le confidano che Tamino è ancora innamorato di lei.
Papageno, che ha infranto la regola del silenzio, non può più continuare la prova; non potendo ora più godere delle gioie celesti, gli viene concesso il piacere terreno di una coppa di vino rosso, e dell'amore di quella vecchia che improvvisamente si tramuta in un'avvenente ragazza di nome Papagena, la quale però gli viene subito sottratta.
Pamina decide invece di accompagnare Tamino nel tentativo di superare le due successive prove dei quattro elementi: l'attraversamento dei sotterranei del Tempio e la purificazione con l'Acqua, la Terra, l'Aria e il Fuoco. Pamina gli svela anche l'origine del flauto magico, che fu intagliato durante una tempesta da suo padre, Gran Maestro di una Confraternita Solare, grazie al suono del quale ora essi, protetti da una piramide di energia, possono restare indenni contro le forze astrali che si scatenano su di loro. Superando infine la prova, vengono fatti entrare nel Tempio con un coro di giubilo dei sacerdoti.
Intanto, sconsolato per la scomparsa di Papagena, Papageno vorrebbe impiccarsi a un albero, ma viene fermato in tempo dai tre genietti che lo esortano a suonare i magici campanelli: subito riappare la sua innamorata, che finalmente si concede a lui per sempre.
Ancora indomiti, sopraggiungono Astrifiammante, le tre Dame e Monostato, che si è unito a loro, per uccidere Sarastro e impossessarsi del suo regno. Un terremoto li fa però inabissare, e si celebra così la vittoria del Bene sul Male. Pamina e Tamino vengono accolti nel Regno Solare di Sarastro, e l'opera si conclude col coro finale dei sacerdoti:[11]
«Heil sei euch Geweihten!
Ihr dranget durch Nacht!
Dank sei dir, Osiris!
Dank dir, Isis, gebracht!
Es siegte die Stärke
Und krönet zum Lohn
Die Schönheit und Weisheit
Mit ewiger Kron'!»
«Salute a voi iniziati!
Voi avete attraversato la notte!
Sia grazie a te, Osiride!
Sia reso grazie a te, Iside!
La Fermezza ha vinto
e per premio incorona
la Bellezza e la Saggezza
con eterna gloria!»
Nella partitura del Flauto magico, un Singspiel tedesco come Il ratto dal serraglio, si possono identificare rimandi a varie forme e generi musicali, fino a vere e proprie citazioni:
Tamino (tenore lirico) appare nell'opera sin dal primo momento, quando le tre Dame della Regina della Notte lo salvano dal drago. È un principe coraggioso, innamorato di Pamina, e attraverso dure prove progredisce moralmente fino a riuscire a dominare la natura con i suoi elementi.[13]
Pamina (soprano) è una giovane principessa, figlia della Regina della Notte, ed è innamorata di Tamino. Quest'ultimo la libera dalle forze del male e la conduce nella beatitudine solare della luce iniziatica.
Tamino e Pamina sono nomi di origine egiziana, derivanti da Ta-Min (nome femminile) e Pa-Min (nome maschile) che significano rispettivamente serva e servo del dio Min,[14] antica divinità dell'Alto Egitto, protettore della fecondità e della fertilità.[15]
È un giovane uccellatore al servizio della Regina della notte, suona il flauto di Pan a cinque canne ed è alla ricerca di una donna da amare. Dall'animo semplice e in sintonia con la natura, lontano dalla levatura morale e intellettuale di Tamino,[16] funge da aiutante di costui, al quale dice, mentendo, di averlo salvato da un serpente (ucciso invece dalle Tre dame che, per punizione, gli chiudono la bocca con un lucchetto).
All'inizio dell'opera appare come un ingenuo profittatore, piuttosto bugiardo e codardo, ma in seguito si rivelerà di buon cuore e piuttosto saggio, pur rimanendo sottomesso alla dimensione istintiva e naturale. La sua parte è in genere affidata a un baritono lirico-brillante, quale doveva essere lo stesso librettista Schikaneder.
È una giovane uccellatrice, interpretata da un soprano. Questa ragazza ha un obiettivo: conquistare il cuore di Papageno, lo spavaldo uccellatore. Si presenta a lui per la prima volta camuffata in una vecchietta che gli offre un bicchiere di vino dicendogli che lei sarebbe diventata la sua compagna. Papageno, che non crede alle storie che racconta la vecchia signora, continua il suo cammino spensierato, ma più tardi scoprirà chi è veramente quell'anziana donna...
Sarastro (basso profondo), il cui nome allude al profeta persiano Zoroastro,[17] all'inizio viene dipinto come un crudele tiranno poiché ha rapito Pamina, ma egli dichiara di averlo fatto per proteggerla dalla madre che lui definisce "superba", l'«astrifiammante» Regina della Notte. Quest'ultima minaccia Pamina, durante la famosa aria Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen, ordinandole di uccidere Sarastro e di consegnarle il prodigioso Cerchio Settemplice solare, il quale protegge Sarastro e i suoi discepoli, gli Iniziati.
Intona due arie: O Isis und Osiris e In diesen heil'gen Hallen.
La Regina della Notte, Astrifiammante (soprano di coloratura come tipologia vocale, che raggiunge il Fa sopracuto), è la madre della principessa Pamina, rapita da Sarastro, il quale lo ha fatto - a suo dire - per proteggerla dalla madre stessa.
Vuole recuperare il Settemplice Cerchio Solare, che il marito, morendo, ha dato a Sarastro, maestro solare di cui ella rappresenta il polo opposto e lunare. Ha a servizio le tre Dame, e si serve inizialmente di Tamino e Papageno per i suoi scopi. Sprofonderà nella "notte eterna" con Monostatos e le sue aiutanti in un terremoto al palazzo di Sarastro.
La Regina della Notte canta due arie: O zittre nicht, mein lieber Sohn («Non tremare, caro figliolo») e la famosissima Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen («La vendetta dell'inferno ribolle nel mio cuore»), in cui intima alla figlia di uccidere Sarastro.
Sono le tre donne al servizio della Regina della Notte (due soprani e un contralto). Sono incaricate di consegnare all'uccellatore Papageno vino, pane e fichi dolci, a patto che egli catturi uccelli per la sovrana. All'inizio dell'opera le tre dame appaiono tre brave donne che salvano il principe Tamino e poi si invaghiscono di lui, però nel prosieguo dell'opera i sacerdoti di Sarastro le presentano come tre tentatrici, il cui unico scopo è quello di aiutare la loro regina nella distruzione di Sarastro. Sprofonderanno nella "notte eterna" insieme alla regina e a Monostatos nel castello di Sarastro a causa di un terremoto.
Fanciulli che guidano e assistono Tamino e Papageno nelle loro prove, facendo anche desistere Pamina dal suicidio, sono angioletti del piccolo popolo della natura e della tradizione folcloristica medievale, figure della magia e delle favole che stavano venendo riscoperti e rivalutati dal Romanticismo.[18] Le tre parti, impersonate inizialmente dalla ventiquattrenne nipote dell'impresario, Anna Schikaneder, e da due bambini, vengono oggi affidate indifferentemente a voci bianche o a cantanti adulte.
Il flauto magico è stato interpretato utilizzando varie chiavi di lettura: oltre che come fiaba per bambini, è stato letto anche come racconto massonico o come storia a contenuto illuminista. Oltre al filone razionalista della cultura massonica del Settecento, l'opera è caratterizzata da un afflato mistico-spirituale e dall'attrazione per i misteriosi scenari dell'Oriente[19]. Mozart vi affronta tematiche tipiche della cultura massonica, a lui care: morte e rinascita, rapporto tra terreno e ultraterreno, iniziazione e prova come cammino per giungere all'amore universale. La Rivoluzione francese porterà a "politicizzare" i personaggi: la perfida Regina della Notte sarà associata all'odiato Ancien Régime, Sarastro all'Illuminismo[20].
La vicenda racconta però anche lo sviluppo di un individuo che, da giovane, ignorante e debole che era, diventa saggio, sapiente e uomo adulto attraverso la scoperta dell'amore e il superamento di varie prove iniziatiche. Durante questo percorso formativo, il giudizio di Tamino sui due Regni nemici si capovolge: il bene, inizialmente identificato con il Regno Lunare della Regina della notte in quanto vittima del rapimento della figlia perpetrato da Sarastro, finirà per essere identificato col Regno Solare di quest'ultimo, dapprima giudicato come malvagio. Nel Regno di Sarastro Tamino troverà ragione e saggezza. Si scoprono così le buone intenzioni di Sarastro nel portare a sé Pamina, non togliendole libertà, ma sottraendola con intento protettivo alla malvagia madre, onde poterla destinare al giovane predestinato ed eroe della vicenda, ovvero lo stesso Tamino.
Oltre alla contrapposizione orizzontale fra i due Regni, la vicenda si può leggere in un'ottica verticale dove la dicotomia è fra il potere, l'autorità, i due Regni, e il sotto-mondo popolare, semplice e genuino rappresentato da Papageno. L'antitesi è allora fra il concreto uomo-animale allo stato naturale, e l'eletto, aristocratico e idealista Tamino. Il Regno della Luna e quello del Sole pur essendo nemici sono, in tal caso, sostanzialmente equivalenti. Entrambi rappresentano l'autorità e l'ordine, mentre Papageno - che non ha superato le prove iniziatiche ma di ciò s'infischia beatamente - è l'uomo di tutti i giorni capace di servire allo stesso modo la Regina della notte come Sarastro, consapevole che la bontà e la felicità, seppur materiale, stanno dalla sua parte.
Pietro Citati[21] rileva che Tamino e Pamina sono due nomi egiziani. Le stesse palme con le foglie d'oro appaiono tra le mani dei sacerdoti di Apuleio (Le metamorfosi XI, 10) e dei sacerdoti di Mozart (atto II, scena I). Le strane grottesche piramidi in miniatura che nel Flauto Magico i sacerdoti usano come lanterne o portano sulle spalle (atto II, scena XIX) apparivano già nelle tombe egizie. Alcune caratteristiche di questo viaggio iniziatico hanno suggerito anche, alla dantista Maria Soresina, la possibilità di un parallelo con il percorso di Dante Alighieri nella Divina Commedia, che viene proposta come una diversa chiave di lettura dell'opera[22].
Vari elementi culturali confluiscono così nel Flauto magico:
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