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Dalle parti degli infedeli è un breve saggio di Leonardo Sciascia. Finito di scrivere a Racalmuto il 31 agosto 1979, fu dato alle stampe nello stesso anno, per i tipi dell'editrice Sellerio, come opera inaugurale della collana intitolata "La memoria". In seguito è stato ripubblicato da Adelphi, nel 1993 e nel 2004.
Dalle parti degli infedeli | |
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Autore | Leonardo Sciascia |
1ª ed. originale | 1979 |
Genere | saggio |
Sottogenere | saggio storico |
Lingua originale | italiano |
Sciascia divulga - legandolo ad un interessante commento - il carteggio intercorso tra Angelo Ficarra, vescovo della Diocesi di Patti, e la Sacra Congregazione Concistoriale, presieduta dal cardinale Adeodato Giovanni Piazza.
Pastore d'anime fervente, mite, dedito alla meditazione ed alla preghiera, Ficarra è stato posto sotto osservazione perché sgradito agli ambienti locali della DC, che addebitano alla sua indifferenza per le vicende elettorali la causa delle successive sconfitte dello scudocrociato nelle elezioni a Patti ed in altri comuni vicini.
Obbedendo a "indirizzi superiori" e con eccesso di zelo, la Sacra Congregazione assedia Ficarra, reo, d'altro canto, d'aver scritto un saggio - poi pubblicato postumo - sulle feste religiose in Sicilia, nel quale si indaga con lucidità sulla sostanziale irreligiosità dei siciliani (nonostante l'attaccamento a riti e tradizioni).
Si vuole che il prelato rinunci alla Diocesi e si ritiri; poi, senza che lui lo chieda, gli si affianca un vescovo ausiliare e quindi si costituisce quest'ultimo come amministratore apostolico sede plena, praticamente esautorandolo del tutto; infine lo si nomina arcivescovo titolare di Leontopoli di Augustamnica, cioè gli si conferisce un titolo puramente onorifico, come è appunto per i vescovi in partibus infidelium.
Sciascia, nelle brevi noterelle finali, precisa che nell'Enciclopedia Cattolica si fa cenno ad una Leontopoli (ma senza riferimenti all'Augustamnica), la cui citazione originaria risale a Flavio Giuseppe, probabilmente corrispondente all'attuale Tell el-Jehuddijjeh, circa 30 km dal Cairo e 20 km dall'antica Eliopoli. Una diocesi forse nemmeno mai esistita, se non come sede di un tempio ebraico appena tollerato dai sacerdoti di Gerusalemme il cui culto considerano illegale; inequivocabilmente in partibus infidelium. Perciò l'autore siciliano conclude: "Saremmo maliziosi a sospettare una certa malizia nella nomina di monsignor Ficarra ad arcivescovo di Leontopoli?"
Vittorio Sabadin[1] ha riportato, tra l'altro, lo stralcio di una lettera di Sciascia ad Arrigo Levi ed al vicedirettore Carlo Casalegno, nel quale lo scrittore siciliano propone di pubblicare un lavoro basato su documenti e manoscritti che riguardano la vita di monsignor Angelo Ficarra, vescovo di Patti. «Alcuni di questi documenti - scrive Sciascia - recano la dicitura sub secreto S. Officii con l’esplicitazione che chiunque ne divulghi il contenuto cade nella scomunica maggiore da cui soltanto il Papa può assolvere. Oltre che disposto a pubblicare il mio scritto, lei dovrebbe quindi essere disposto a prendersi la scomunica». Gli risponde Carlo Casalegno: «Levi accetta con gioia il suo racconto. Né lui né i suoi colleghi, sottoscritto incluso, temono la scomunica».
Sciascia si avvale quindi per il racconto dei documenti dell'archivio privato del presule, che erano gravati da scomunica «maggiore» per chiunque osasse pubblicarli: tuttavia, pur laico, in nessuna parte del libro l'Autore riporta brani testuali o virgolettati di quel carteggio, eludendo l'effetto di quella prescrizione pontificia. In ogni caso "l'archivio dopo qualche tempo, per volontà dei nipoti Angelo e Luigi Ficarra, approdò, escluse le lettere ed inclusa la biblioteca, all'Istituto Gramsci Siciliano"[2].
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