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divinità induista dei sacrifici e della creazione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Dakṣa (devanagari: दक्ष, IAST: Dakṣa, nella grafia anglosassone: Daksha) è una figura della mitologia vedica e induista. Nei testi più antichi, tra cui il Rigveda, è uno degli Aditya[1], le divinità solari figlie di Kaśyapa e Aditi, mentre nella letteratura successiva diviene uno dei Prajapati, i facilitatori della creazione, così come dei Mānasaputra, i figli nati dalla mente di Brahma[2][3].
Il suo nome significa "destro", "abile", o anche "onesto"[4][5], ed era in origine una divinità associata al fuoco, e più precisamente alle offerte e alle azioni da compiere durante i sacrifici[1].
Dakṣa ricevette in dono da Brahma la possibilità di avere molte figlie, allo scopo di favorire la procreazione. Esse furono date in sposa a molti degli dei e dei saggi del pantheon induista.
Secondo la mitologia, Dakṣa condusse una volta un grande yajna (sacrificio del fuoco), ma non invitò la sua figlia minore Sati e suo marito Siva, causando l'ira del dio della distruzione. Fu decapitato dal demone Virabhadra, creato da Siva stesso, per aver insultato Sati e Siva, ma fu resuscitato con la testa di una capra.
Le mogli di Dakṣa sono indicate in vari testi con i nomi di Prasuti e Asikni (o Panchajani). Secondo una versione, sposò Prasuti nella sua prima vita e Asikni nella seconda[6].
Le figlie avute da Prasuti furono:[7]
L'elenco delle figlie avute da Asikni si trova in molti testi, tra cui il Mahabharata, il Devībhāgavata Purāṇa, il Brahma Vaivarta Purana e il Vishnu Purana. Secondo queste versioni Dakṣa ebbe 60 figlie con Asikni:
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