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Le invasioni ungare dell'Europa (in ungherese kalandozások; in tedesco Ungarneinfälle) ebbero luogo nei secoli IX e X, un periodo di transizione nella storia dell'Europa nell'Alto Medioevo. In quel frangente, il territorio del vecchio Impero carolingio fu minacciato dall'invasione di molteplici forze ostili, ovvero i magiari da est, l'espansione vichinga da nord e gli attacchi arabi da sud.[1][2]
Invasioni ungare dell'Europa | |||
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Incursioni magiare nel IX e X secolo | |||
Data | ~800-839-970 | ||
Luogo | Europa occidentale, Europa orientale, Balcani e penisola iberica | ||
Esito | più di un secolo di incursioni e guerre decisive | ||
Modifiche territoriali | Mutamenti territoriali in Europa occidentale, Europa orientale, Balcani e penisola iberica | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
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Voci di guerre presenti su Wikipedia | |||
Dopo aver concluso con successo la conquista del bacino dei Carpazi tra la fine del IX e l'inizio del X secolo, corrispondente al territorio del futuro Regno d'Ungheria tra IX secolo, gli ungari scagliarono una serie di incursioni allo scopo di compiere razzie sia verso ovest, specie nel Regno dei Franchi orientali, sia verso sud, specificatamente nell'impero bizantino. Le scorrerie verso ovest cessarono solo con la battaglia di Lechfeld del 955, vinta dai tedeschi, che portò a un nuovo ordine politico nell'Europa occidentale incentrato sul Sacro Romano Impero. Le incursioni nei territori romei continuarono per tutto il X secolo, terminando con la cristianizzazione dei magiari e l'istituzione del Regno d'Ungheria cristiano nel 1000 o 1001.
Il primo presunto riferimento alla popolazione di origine asiatica in guerra risale al IX secolo: nell'811, gli ungari o magiari si erano alleati con Krum di Bulgaria contro l'imperatore Niceforo I forse alla battaglia di Pliska, svoltasi sui monti Haemus (monti Balcani).[3][4] Giorgio Monaco riferiva che, intorno all'837, il Primo Impero bulgaro cercò di ottenere un'alleanza con gli ungari.[4][5] Costantino Porfirogenito scrisse nella sua opera più celebre, il De administrando imperio, che il khagan e il bek (un grado corrispondente al generalissimo bizantino) dei cazari chiese all'imperatore Teofilo di far costruire per loro la fortezza di Sarkel. Si pensa che questa necessità fosse dovuta alla comparsa di un nuovo nemico dei cazari, ovvero gli ungari.[5] Nel X secolo, Ibn Rusta segnalò che «prima, i Cazari si trincerarono contro gli attacchi dei Magiari e di altri popoli».[5]
Nell'860-861, i soldati ungari attaccarono il convoglio di San Cirillo, ma pare che l'incontro si concluse pacificamente.[4] San Cirillo era in viaggio verso il khagan a Chersonesos Taurica (o comunque vicino), prima espugnata dai cazari. I geografi musulmani riferiscono che i magiari attaccavano regolarmente le vicine tribù slavi orientali e catturavano prigionieri per venderli all'impero bizantino a Kerč'.[6][7] Sono state scoperte inoltre frammentarie informazioni sulle incursioni ungare compiute nell'Impero carolingio orientale nell'862.[8]
Nell'881, gli ungari e i cazari invasero il regno dei Franchi Orientali e combatterono due battaglie quasi in contemporanea, i primi a Wenia (probabilmente Vienna), i secondi a Culmite (forse Kulmberg o Kollmitz in Austria).[9][10] Nell'892, secondo gli Annali di Fulda, il re Arnolfo di Carinzia invase la Grande Moravia e i magiari si unirono alle sue truppe.[5][8] Dopo l'893, le truppe magiare furono trasportate attraverso il Danubio dalla flotta bizantina e sconfissero i bulgari in tre battaglie (sul Danubio, a Silistra e a Preslav).[7] Nell'894, i magiari invasero la Pannonia con l'ausilio del re Svatopluk I della Grande Moravia.[5][8]
Intorno all'896, probabilmente sotto la guida di Árpád, gli ungari attraversarono i Carpazi e accedettero alla pianura pannonica (grosso modo presso la grande pianura ungherese).[11]
Nell'899, i magiari sconfissero l'esercito di Berengario del Friuli nella battaglia del Brenta e invasero le regioni settentrionali dell'Italia. Durante questo periodo, saccheggiarono le campagne intorno a Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo e Milano.[7] Subito dopo, arrivò anche la vittoria su Braslav di Croazia e, nel 901, attaccarono di nuovo l'Italia.[7] Nel 902, condussero una campagna contro la Moravia settentrionale e surclassarono i difensori in maniera tale che lo Stato cessò di esistere o divenne poco più di un fantoccio.[7] Quasi ogni anno dopo il 900, condussero campagne contro i cattolici a ovest e i bizantini a est. Nel 905, i magiari e il re Berengario stipularono un patto di amicitia e passarono quindici anni senza che le truppe ungare entrassero nuovamente in Italia.[12]
Nel 907, Zoltán spronò i suoi a spingersi in Baviera, dove il duca Liutpoldo fu battuto nonostante la collaborazione dell'arcivescovo di Salisburgo e di altri due vescovi presenti sul campo di battaglia.[13] Negli anni successivi, i magiari si spinsero in Sassonia, Turingia e Franconia: Ludovico IV il Fanciullo, uscito sconfitto da uno scontro avvenuto sul fiume Lech, dovette accettare il pagamento di un tributo.[14] Gli attacchi proseguirono sotto l'imperatore Corrado I di Franconia, poiché, senza incontrare grossa resistenza, gli ungari si spinsero nel 916 fino ai dintorni di Brema e Amburgo.[15] Nel 917, il numero di lotte salì in modo crescente: i razziatori assaltarono Basilea e giunsero pure in Alsazia e Lorena. Nel 919, prevalsero presso Lubiana sui carinzi, con il patriarca di Aquileia che sfuggì quasi per miracolo. Nel 920, condotti da Bogat e Darsac, luogotenenti di Zoltán, penetrarono in Italia prendendo di mira Aquileia, Verona e Pavia.[14] Berengario, marchese del Friuli, ottenne una pace solo concedendo ingenti bottini agli assalitori. Nel 922, gli ungari combatterono contro l'imperatore Enrico I, il quale fu obbligato a riparare in un forte presso Wurzen, in Sassonia.[16] Dopo aver depredato la regione, il comandante magiaro ordinò di spingersi in Franconia, Svevia e lago di Costanza, da cui poi sarebbe stato possibile raggiungere la Svizzera e, nuovamente, Alsazia e Lorena; da lì, tornarono in Sassonia e Turingia. L'imperatore Enrico rimase ferito nel corso di uno degli scontri, ma riuscì a fare prigioniero uno dei luogotenenti avversari e spinse gli attaccanti, che ne chiedevano il rilascio a una somma irrisoria, a stipulare una pace di nove anni per poterlo riavere tra le proprie file.[14]
Su sollecito di Berengario, gli ungari giunsero a combattere in veste di mercenari, nel 924, nell'ambito dell'assedio di Pavia.[17] Gli ungari non riuscirono a conquistare la città, ma le loro frecce incendiarie scatenarono un furioso incendio all'interno delle mura, che provocò la morte di moltissimi cittadini e la distruzione di molti edifici.[17] Anziché tornare subito in Ungheria, i combattenti decisero di virare prima in Provenza e arrivarono alle porte di Nîmes nel 925.[13] Zoltán concesse lì un periodo di riposo alle sue truppe, approfittandone per spingere i prigionieri fatti durante le campagne a popolare la sua terra di provenienza.[14] Proprio perché quest'informazione è ritenuta abbastanza certa, si tende a dubitare del resoconto fornito dalla Cronaca del Prete di Doclea del tardo XII secolo, il quale afferma che Tomislav di Croazia sconfisse i magiari in battaglia.[18] Nel 926, essi imperversarono nelle già provate Svevia e Alsazia, spingendosi fino all'odierno Lussemburgo e raggiungendo persino le coste dell'Oceano Atlantico.[12]
Nel 932, essi si riavvicinarono alla Sassonia, ma riportarono una disastrosa sconfitta a Meersburg, dove persero la vita 1.036 uomini. Si decise a quel punto di cambiare preda e di virare verso l'impero bizantino, il quale, vedendo gli ungari avvicinarsi a Costantinopoli, optò per una pace a peso d'oro. Nel 935, Zoltán procedeva ancora verso la Svevia, l'Alsazia, la Lorena e la Borgogna. All'avvicinarsi di re Rodolfo di Francia, si spinse in Italia e penetrò fino alle porte di Napoli. Ritornato in Borgogna, Turingia, Baviera e Alsazia nel 937, Zoltán provò nuovamente a spingersi in Italia, spingendo, nel 939, Ugo, marchese di Provenza, a pagare affinché se ne andasse.[14] Nel 942, gli ungari presero di mira la Spagna, in particolare la Catalogna, almeno secondo il resoconto fornito da Ibn Hayyan.[19]
Nel 943, i magiari tornarono a presentarsi minacciosi alle porte di Costantinopoli: stando a quanto riferito dalle fonti, i romei riuscirono a negoziare una tregua dalla durata di un lustro, pur tuttavia dovendo elargire un discreto bottino.[14] La tattica di cambiare sempre preda verso cui dirigersi sembrò portare profitto, considerata la mole di ricchezze accumulata. Nel 947, Bulcsú, uno dei luogotenenti fedeli a Taksony, condusse una campagna in Italia spingendosi fino in Puglia, costringendo Berengario a dover nuovamente pagarli per andarsene.[20]
Nel 953, arrivò in Francia a Reims e Châlons.[21] Quando il capo magiaro si spinse verso la Germania nel 955 ebbe luogo un evento che si rivelò decisivo per le sorti della Germania. Zoltán aveva incaricato tre dei suoi luogotenenti di giungere ad assediare la terra tedesca, due dei quali si stavano interessando dell'assedio di Augusta con 60.000 uomini; il terzo, alla guida di 40.000 combattenti, mise piede in Turingia.[14][21] L'imperatore Ottone I entrò in Svevia con il suo esercito nel giorno di San Lorenzo (10 agosto), assalendo gli ungari posizionati sul Lech e surclassandoli: lo scontro è passato alla storia come battaglia di Lechfeld.[21] I due luogotenenti fatti prigionieri vennero rimessi al duca di Baviera, che li bruciò vivi a Ratisbona. Sette generali ungari sopravvissero alla strage e vennero rimandati da Zoltán con le orecchie mozzate.[21] Il terzo luogotenente impegnato negli scontri, che era riuscito a penetrare fino a Fulda, fece per vendetta trucidare migliaia di prigionieri fatti schiavi. La vittoria di Ottone favorì una normalizzazione della situazione in Germania, mentre anche Austria e Baviera avviarono la ricostruzione delle località distrutte. Le conseguenze demografiche delle incursioni di Zoltán si fecero comunque sentire per diverso tempo.[14]
La battaglia di Lechfeld nel 955, in cui i magiari persero circa 5.000 guerrieri, arrestò infine la loro espansione, anche se le incursioni ai danni dell'impero bizantino proseguirono fino al 970.[22]
Tra l'899 e il 970, stando alle fonti contemporanee, i ricercatori contano 45 (secondo Nagy Kálmán) o 47 (secondo Szabados György 38 a ovest e 9 a est) incursioni in diverse parti d'Europa.[23] Di queste campagne solo 8 (17,5 %) terminarono con una disfatta (901, 913, 933, 943, 948, 951, 955, 970) e 37 si conclusero con un successo (82,5%).[24]
«ab Ungerorum nos def endas iaculis»
«difendici dalle frecce degli ungheresi»
L'esercito ungaro si serviva principalmente dell'intervento della cavalleria leggera e contava moltissimo sulla mobilità come fattore.[76] Attaccando senza preavviso, saccheggiarono rapidamente le campagne e andandosene prima che potesse essere organizzata qualsiasi forza difensiva.[76] Se costretti a combattere, gli arcieri erano i primi a colpire i nemici, avvenimento a cui faceva seguito una finta ritirata volta a farsi inseguire. Se i ranghi degli assalitori venivano rotti, gli ungari riuscivano spesso a prevalere dopo la frammentazione delle unità.[76]
Gli ungari furono l'ultimo popolo invasore a stabilirsi in modo permanente nell'Europa centrale, abbandonando il precedente stile di vita nomade.[76] Lo storico Paul K. Davis commenta gli eventi così: «La sconfitta magiara [nella battaglia di Lechfeld] pose fine a più di 90 anni di saccheggio dell'Europa occidentale e convinse i sopravvissuti ad adottare lo stabile stile di vita di altre realtà europee, gettando le basi per la creazione dello Stato dell'Ungheria».[77] Nei secoli successivi, gli ungheresi adottarono forme di organizzazione militare feudale dell'Europa occidentale, compreso l'uso predominante della cavalleria pesantemente corazzata.[76]
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