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controversia statunitense del 1946-7 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La crisi dei tre governatori (in inglese: Three governors controversy) scoppiò nel dicembre 1946 in Georgia, negli Stati Uniti, allorché il governatore eletto Eugene Talmadge morì prima di potersi insediare, senza che la costituzione statale indicasse con chiarezza chi dovesse essere a succedergli. Si fecero avanti tre uomini per prendere il posto di Talmadge: suo figlio Herman, il governatore uscente Ellis Arnall e il vice-governatore eletto Melvin E. Thompson, ognuno forte dei propri argomenti.
La crisi spaccò la società americana e paralizzò la Georgia per più di due mesi, durante i quali ognuna delle fazioni commise numerose scorrettezze. Nonostante l'Assemblea Generale avesse dichiarato Herman Talmadge legittimo governatore, dopo soli due mesi la Corte Suprema georgiana dichiarò illegittimo il suo governo in favore di quello di Thompson, che divenne allora il governatore ufficiale (solo per essere sconfitto, alle successive elezioni dell'anno seguente, proprio da Talmadge).
Tradizionalmente in Georgia, in caso di morte o dimissioni del governatore in carica, gli subentrava il presidente del Senato statale, e nelle occasioni in cui ciò si verificò il passaggio avvenne senza incidenti. Nel 1945 tuttavia, per adeguarsi al resto degli Stati americani, anche la Georgia creò la carica di vice-governatore, ruolo ricoperto per la prima volta da Melvin E. Thompson l'anno successivo.[1][2]
Tuttavia in molti contestavano quest'iniziativa, ritenendola incostituzionale. Vi si opponevano soprattutto i seguaci di Eugene Talmadge, ex governatore e uno dei politici statunitensi più controversi tra gli anni 1930 e 1940, che decise di presentarsi nuovamente alle elezioni governatoriali del 1946. In particolare ci si rese conto di un vuoto normativo all'interno della costituzione georgiana, che non stabiliva l'ordine di successione in caso di morte di un governatore eletto non ancora entrato in carica.[1][2] Talmadge, già ultrasessantenne e debilitato per la cirrosi epatica causata dal suo alcolismo, era in precarie condizioni di salute, e una sua morte prima dell'assunzione della carica era ritenuta, se non probabile, quantomeno possibile.[1][2]
L'Assemblea Generale georgiana, saldamente in mano alla fazione di Talmadge, deliberò allora che, in caso di morte del governatore eletto, sarebbe stato designato suo successore il candidato alle elezioni che avesse ricevuto più voti.[1] Il provvedimento, ritenuto illegittimo dagli oppositori di Talmadge, causò molto malcontento e sarebbe stato uno dei fattori scatenanti della crisi.[2]
Alle elezioni governatoriali del novembre 1946 Eugene Talmadge, vittorioso alle primarie del Partito Democratico, data l'inesistenza del Partito Repubblicano in Georgia aveva trionfato praticamente incontrastato, e si avviava a diventare per la terza volta governatore.[2] Tuttavia, proprio come temuto dai suoi sostenitori, la frenetica campagna elettorale fu troppo per il suo debole fisico, e il governatore eletto si spense il 21 dicembre 1946, appena due settimane prima di entrare in carica.[1][3]
Per ottemperare alla nuova delibera dell'Assemblea, i democratici avevano candidato alle elezioni anche il figlio di Eugene, Herman Talmadge, verso il quale era confluita una parte dei voti proprio in caso di morte improvvisa del candidato vincente.[2] Talmadge figlio reclamò quindi la nomina a governatore, ma sia l'uscente Ellis Arnall sia il suo vice Thompson, strenui oppositori del defunto, rifiutarono di concedergli la vittoria, innescando così la crisi.[1]
Di seguito sono elencati i tre individui che reclamavano la carica di governatore della Georgia e le loro ragioni:[1]
I primi a muoversi furono i sostenitori di Herman Talmadge, che tentarono di manipolare l'Assemblea georgiana perché lo dichiarasse in fretta nuovo governatore. A ciò si opposero i seguaci di Thompson, che per ritardare il lavoro dell'Assemblea arrivarono a servire in segreto bevande fortemente alcoliche ai deputati pro-Talmadge, rendendoli così incapaci di votare.[1]
Quando tuttavia il sotterfugio fu scoperto e si procedette al conteggio dei voti per determinare il candidato più popolare, si scoprì che Herman Talmadge non era giunto subito dietro il padre, bensì al terzo posto, e i suoi seguaci furono costretti ad aggiornare la seduta per decidere il da farsi. Per loro fortuna mancavano ancora dal conteggio i voti della contea di Telfair, che furono subito scrutinati, permettendo a Herman Talmadge di raggiungere le preferenze necessarie per arrivare secondo. In realtà è probabile che questi voti fossero falsi, poiché molti erano stati espressi con la stessa grafia e da elettori inesistenti oppure morti, sebbene l'interessato abbia sempre negato di essere ricorso a questi metodi fraudolenti.[1]
Il tragicomico stallo georgiano attirò l'attenzione di tutti gli Stati Uniti, e numerosi inviati di guerra si recarono ad Atlanta per seguire lo svolgersi degli eventi: cedendo al sensazionalismo, si credeva infatti che persino la Guardia Nazionale georgiana, a sua volta divisa tra fazioni pro e anti-Talmadge, si sarebbe data battaglia per le strade della capitale, innescando così una guerra civile interna alla Georgia.[1] Tuttavia durante l'intera crisi non si verificarono mai violenze politiche, e Herman Talmadge giurò come nuovo governatore alle ore 2 di notte del 15 gennaio 1947, dopo aver fatto scortare via Arnall dalle forze dell'ordine.[2] In molti non riconobbero come valido il suo giuramento, segnatamente Ellis Arnall, che definiva il rivale "un pretendente e un usurpatore".[1][3]
Dopo che Arnall aveva lasciato il suo ufficio il 14 gennaio, Herman Talmadge era riuscito a prenderne possesso, ordinando all'aiutante generale della Guardia nazionale georgiana Marvin Griffin (a sua volta futuro governatore) di cambiarne tutte le serrature. Il giorno successivo Arnall tornò, ma l'accesso gli fu negato in quanto ormai "privato cittadino".[3] Furioso, l'esautorato governatore s'insediò nello sportello informazioni del palazzo, dove tuttavia rimase vittima di burle e angherie da parte dei seguaci di Talmadge. Cambiando più volte stanza nei giorni successivi, Arnall si rassegnò e diede le dimissioni in favore di Thompson il successivo 18 gennaio.[1][2][3]
Nonostante la rinuncia di uno dei tre contendenti, la situazione rimaneva difficile e l'amministrazione statale era del tutto paralizzata, poiché i veti incrociati tra i vari funzionari favorevoli ora a Talmadge ora a Thompson e le nomine multiple alle stesse posizioni impedivano di fatto l'effettivo funzionamento del governo.[2] Non sapendo a chi dover rispondere, il segretario di Stato georgiano Benjamin W. Forston rubò il sigillo governatoriale per impedirne un uso fraudolento; sfruttando la propria disabilità, lo nascose nella sua sedia a rotelle e vi rimase seduto sopra per tutto il resto della crisi, rendendo quindi impossibile a qualunque dei due "governatori" l'approvazione di atti e documenti.[1][2]
Inizialmente si pensò di indire un'elezione speciale che vedesse al ballottaggio Talmadge e Thompson, tuttavia quest'ultimo rifiutò tale proposta e ricorse alla Corte Suprema della Georgia,[3] che si pronunciò infine in suo favore il 19 marzo successivo.[4] La corte stabilì che il vice governatore eletto equivaleva a uno in carica e che quindi la nomina di Talmadge era stata illegittima, disponendo la sua rimozione e la sostituzione con Thompson, ma anche un'elezione speciale da tenersi nel successivo 1948.[1][2]
Sorprendentemente Talmadge si sottomise al volere della corte, permettendo a Thompson di divenire a tutti gli effetti governatore. Nelle elezioni dell'anno successivo tuttavia riuscì a vincere e a essere nominato, stavolta senza opposizione, nuovo governatore della Georgia.[1][2] Herman Talmadge si dimostrò il vero vincitore della crisi: raggiunta un'enorme popolarità, il suo governo durò fino al 1955 e la sua fazione dominò il Partito Democratico georgiano per molti anni a venire.[2]
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