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cortina immaginaria esistita dal 1945 fino al 1989 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Cortina di ferro è un'espressione utilizzata in Occidente per indicare la linea di confine che divise l'Europa in due zone separate d'influenza politica, dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine della guerra fredda. Durante questo periodo, l'Europa orientale era sotto l'influenza dell'Unione Sovietica (URSS), mentre l'Europa occidentale ricadeva sotto quella degli Stati Uniti (USA).[1]
Durante la prima guerra mondiale il concetto venne espresso per la prima volta in ambiente teatrale, in un contesto politico-militare; le origini non sono ben chiare. Lo storico inglese Patrick Wright attribuisce il suo primo utilizzo alla scrittrice inglese Violet Paget, nota con lo pseudonimo di Vernon Lee, che all'inizio del 1915 utilizzò l'espressione a proposito della musica natalizia di Bach in Germania e in Inghilterra, che avrebbe diviso allora i due Paesi come una "mostruosa cortina di ferro".[2]
La regina del Belgio, di origini germaniche, Elisabetta di Baviera, nel 1915 s'espresse di fronte allo scrittore francese Pierre Loti a proposito del suo estraniamento causato dall'origine germanica, con le seguenti parole: «Una cortina di ferro è caduta tra la mia famiglia e me».[3] Il 29 febbraio 1916 il cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg indicò come irrealizzabile, nel suo importante U-Boot-Denkschrift, l'allora frequentemente considerato piano di isolare l'Inghilterra dal resto del mondo con una guerra sottomarina "come con una cortina di ferro"[4].
Nel 1924 l'ambasciatore inglese a Berlino, Edgar Vincent, 1º Visconte D'Abernon, sostenne che la zona smilitarizzata della Renania (allora occupata dagli alleati) dovesse costituire una "cortina di ferro", per proteggere la Francia da futuri attacchi delle truppe tedesche.[5]
Negli anni 1920 l'espressione "cortina di ferro" venne occasionalmente utilizzata in articoli sulla prima guerra mondiale. Così parlò il cronista Herbert von Bose nel 1930 in un suo articolo sull'Europa in guerra di «…alla cortina ferrea del fronte».[6]
Dopo la fine della prima guerra mondiale, questa metafora fu largamente utilizzata per riferirsi alla situazione in Unione Sovietica dopo la Rivoluzione d'ottobre. Nel 1918, l'autore russo Vasilij Rosanow scrisse nel suo polemico L'Apocalisse del nostro tempo:
«Sotto squilli, spari e strida cala giù una cortina di ferro sulla storia della Russia. […] Lo spettacolo è alla fine»
Nel mondo anglofono del 1920, la socialista e femminista Ethel Snowden utilizzò invece l'espressione "cortina di ferro" nel positivo resoconto di un viaggio nella "Russia bolscevica". Pubblicamente ella scrisse contro l'accezione negativa nell'utilizzo di questa espressione, sul suo entusiastico arrivo a San Pietroburgo (la futura, sovietica Leningrado):
«We were behind the "iron curtain", at last!»
«Eravamo dietro la cortina di ferro, finalmente!»
Più tardi, il corrispondente da Lisbona Max Walter Clauss (1901–1988) utilizzò l'espressione il 18 febbraio 1945 in un articolo in prima pagina del settimanale Das Reich.[7]
Una settimana dopo sulla medesima rivista Joseph Goebbels utilizzò l'espressione in una reazione ai risultati della conferenza di Jalta: riguardo a una capitolazione della Germania si sarebbe dinanzi al territorio occupato dall'Unione Sovietica:
«… sofort ein eiserner Vorhang heruntersenken, hinter dem dann die Massenabschlachtung der Völker begänne»
«…subito interposta una cortina di ferro, dietro la quale sarebbe iniziato un massacro di massa»
Il quotidiano inglese The Times riprese la formulazione.
Il 5 luglio 1945 Konrad Adenauer utilizzò il concetto in una lettera al giornalista Hans Rörig[9] riguardo alla probabile minaccia da parte dell'Unione Sovietica:
«Ich sehe die Entwicklung mit [steigender] Sorge. Rußland läßt einen eisernen Vorhang herunter. Ich glaube nicht, daß es sich bei der Verwaltung der Hälfte Deutschlands, die ihm überantwortet ist, von der Zentralen Kontrollkommission irgendwie beeinflussen lassen wird.»
«Io vedo gli sviluppi con [crescente] preoccupazione. La Russia fa calare una cortina di ferro. Io non credo che nell'amministrazione della metà della Germania che verrà a essa affidata, si lascerà influenzare in qualsiasi modo dalla Commissione alleata di controllo.»
Anche Winston Churchill si espresse in questi termini in un famoso discorso tenuto il 5 marzo 1946 a Fulton, nel Missouri (Usa): [10] [11]:
«Diamo il benvenuto alla Russia nel suo giusto posto tra le più grandi Nazioni del mondo. Siamo lieti di vederne la bandiera sui mari. Soprattutto, siamo lieti che abbiano luogo frequenti e sempre più intensi contatti tra il popolo russo e i nostri popoli. È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell'attuale situazione in Europa. Da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi stati dell'Europa Centrale e Orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia; tutte queste famose città e le popolazioni attorno a esse, giacciono in quella che devo chiamare sfera Sovietica, e sono tutte soggette, in un modo o nell'altro, non solo all'influenza Sovietica ma anche a un'altissima e in alcuni casi crescente forma di controllo da Mosca.»
Il presidente Truman era a conoscenza e approvava il discorso.[12]
L'espressione era stata usata per la prima volta dallo stesso Churchill in un telegramma al presidente americano Truman dell'11 maggio 1945, nel pieno della crisi di Trieste[13]:
«Una cortina di ferro è calata sul loro fronte [dei russi]. Non sappiamo che cosa stia succedendo dietro di essa. Non c'è dubbio che l'intera regione ad est della linea Lubecca – Trieste – Corfù sara presto completamente nelle loro mani. A ciò inoltre bisogna aggiungere l'enorme area tra Eisenach e l'Elba che gli americani hanno conquistato e che presumo i russi occuperanno fra poche settimane, quando gli americani si ritireranno.»
Allen Dulles usò il termine in un discorso del 3 dicembre 1945, riferendosi solo alla Germania:
«È difficile dire cosa stia accadendo, ma in generale i russi stanno agendo appena meglio degli assassini. Hanno spazzato via tutta la liquidità. Le tessere per il cibo non vengono rilasciate ai tedeschi, che sono costretti a viaggiare a piedi nella zona russa, spesso più morti che vivi. Una cortina di ferro è discesa sul destino di queste genti ed è molto probabile che le loro condizioni siano veramente terribili. Le promesse di Yalta al contrario, probabilmente da 8 a 10 milioni di persone stanno venendo ridotte in schiavitù.»
Fu il discorso di Churchill comunque che rese popolare la frase e la fece conoscere al grosso del pubblico. Ciò che dette ancora più rilievo a quel discorso fu il fatto che, prima di esporlo alla popolazione, ne aveva messo a conoscenza il presidente degli Stati Uniti Harry Truman. Ciò significava che nelle parole di Churchill vi era l'approvazione del presidente statunitense.
Al discorso di Churchill rispose nell'agosto del medesimo anno il secondo segretario del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, Andrej Ždanov, utilizzando la medesima espressione coniata da Churchill:
«Difficilmente come borghesi i politici e gli scrittori si sforzano di celare la verità dei successi dell'ordine e della cultura sovietici, difficilmente essi possono sforzarsi di erigere una cortina di ferro per impedire alla verità sull'Unione Sovietica di penetrare all'estero, difficilmente si sforzano di sminuire la genuina crescita e portata della cultura sovietica, tutti i loro sforzi sono destinati al fallimento»
Anche se la frase non fu bene accolta a quel tempo, con il rafforzarsi della guerra fredda, guadagnò popolarità come riferimento alla divisione dell'Europa in due blocchi contrapposti. La cortina di ferro servì a tenere la gente all'interno e l'informazione all'esterno, e la metafora guadagnò un'ampia accettazione a Ovest.
Una variante, la "cortina di bambù", venne coniata con riferimento alla Cina comunista.
La cortina di ferro crollò poco prima della dissoluzione dell'Unione Sovietica; in particolare il suo smantellamento iniziò in Ungheria il 2 maggio 1989 [15], con la rimozione della barriera al confine con l'Austria.
Dopo aver ricevuto un informale nulla osta da Gorbačëv (che disse "non ci sarà un nuovo 1956") il 3 marzo 1989, il governo ungherese il 2 maggio annunciò e contestualmente avviò (a Rajka, nella località delle "tre frontiere", al confine con Austria e Cecoslovacchia) la distruzione della cortina di ferro, il cui ultimo tratto verrà abbattuto con una cerimonia ufficiale, alla quale parteciparono anche le massime autorità della Repubblica Federale d’Austria, il 27 giugno 1989, che ebbe la funzione di chiamare tutti i popoli europei ancora sotto l'influenza dei regimi nazional-comunisti alla libertà.
Già nell'aprile dello stesso anno il governo ungherese aveva ordinato che la cortina di ferro ungherese venisse privata dell'elettricità.
Altri momenti importanti del processo di smantellamento della cortina di ferro da parte dell'Ungheria furono il cosiddetto picnic paneuropeo[16] e l'esodo di migliaia di cittadini della DDR (iniziato nel giugno 1989), che condurrà alla caduta del Muro di Berlino e poi allo scioglimento dell'Unione Sovietica. Di fronte all'ingresso della Casa del Terrore a Budapest, un monumento rappresentante una barriera di catene ricorda tale evento.
Con il rilassamento della contrapposizione tra le nazioni del "mondo libero" e quelle dietro la cortina di ferro, e con la fine della guerra fredda, il termine viene ormai usato solo in ambito storico.
A causa del fatto che dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi non è stato costruito nessun edificio a ridosso della ex "cortina di ferro", nel corso degli anni in queste zone la natura ha avuto la possibilità di svilupparsi autonomamente, dando vita a numerosi parchi naturali[17]; da quando poi il significato pratico della cortina di ferro è venuto meno - col cessare cioè della guerra fredda - questo corridoio naturale transnazionale ha preso diversi soprannomi volti ad esprimerne la nuova identità di stampo ambientale, tra cui "cortina verde"[18] e "cintura verde europea" (European Green Belt)[19], ed è ora attraversato per tutta la lunghezza dal percorso ciclistico EuroVelo 13.
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