La Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (comunemente nota come Commissione di Vigilanza Rai o Vigilanza Rai) è una commissione parlamentare bicamerale istituita nel 1975, a seguito della riforma della Rai,[1] che ha lo scopo di sorvegliare sull'attività del servizio televisivo e radiofonico nazionale e pubblico italiano. La commissione si riunisce a Roma a Palazzo San Macuto.
Motivi ispiratori
La Commissione di vigilanza venne istituita con la legge n. 103 del 14 aprile 1975 in seguito alle sollecitazioni della Corte Costituzionale che nel 1974, ribadendo le stesse decisioni del 1960 in favore di un monopolio pubblico televisivo piuttosto che un monopolio privato (dove la libertà di tutti avrebbe potuto facilmente fare posto al privilegio di pochissimi), stabiliva la necessità di una modifica della legislazione, per permettere al servizio fornito dallo Stato maggiori garanzie di pluralismo informativo.
Con le modifiche introdotte, il controllo del servizio pubblico radiotelevisivo passò dal Governo italiano e quindi dai partiti che potevano farne parte, all'intero Parlamento, ai senatori e ai deputati dei gruppi parlamentari, che potevano eleggere i loro rappresentanti nel consiglio di amministrazione della Rai. Quindi il controllo del servizio pubblico si è aperto anche a una rappresentanza dell'opposizione oltreché della maggioranza.
Funzioni
La Commissione definisce l'indirizzo da seguire nella programmazione, nella pubblicità e nell'economia societaria, definendo i piani di spesa pluriennali.
Circa uno dei più rilevanti suoi atti a ricaduta esterna, il regolamento che determina gli spazi di accesso al servizio pubblico televisivo dei partiti durante le campagne elettorali, "non è invece previsto un rimedio giurisdizionale: non è possibile impugnarlo"[2]: il Tar del Lazio, sezione III-ter, con ordinanza n. 01176/2010 ha dichiarato che il regolamento è atto politico sottratto alla giurisdizione, per cui l'assenza di un rimedio giudiziario è una conseguenza del dogma della sovranità del Parlamento[3].
Critiche
Se da un lato la Commissione permette di limitare il potere dell' "azionista di maggioranza" della gestione RAI (ovvero il Ministero dell'Economia e delle Finanze) e di vigilare sulla qualità dei programmi prodotti dalla concessionaria, dall'altro non garantisce pluralismo dell'informazione che, nell'ottica della moderna separazione dei poteri, è vista come un quarto potere che va reso indipendente dai politici (potere legislativo e potere esecutivo). L'assise, espressione dei vari partiti italiani presenti nel Parlamento italiano, interviene direttamente nella governance della RAI, con ricadute negative sul servizio demandatole. Conseguenze della nascita della Vigilanza sono state le censure di professionisti ritenuti politicamente "scomodi" e la lottizzazione della RAI da parte di persone raccomandate dai politici.
Sono state proposte alternative all'attuale sistema di vigilanza del servizio pubblico radiotelevisivo italiano tra cui il modello BBC (ovvero la costituzione di un ente pubblico amministrato da un trust a tutela dei contribuenti) o anche quella di lasciare la gestione dell'azienda concessionaria a professionisti del settore, limitando al massimo l'intervento politico. Nel 2006, la proposta di legge di iniziativa popolare Per un'altra tv, prevedeva l'abolizione della commissione parlamentare di vigilanza, e l'accesso al CdA Rai per concorso pubblico.
Elenco dei Presidenti della Commissione
Linea temporale
Composizione nella XIX legislatura (2022 - in corso)
Elenco dei membri all'aprile 2023[12]
Note
Collegamenti esterni
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