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Il Color field (o color field painting. In inglese: Pittura a campi di colore) è un movimento pittorico caratterizzato dall'uso di grandi tele di canapa coperte interamente da estensioni invariate di colore, che escludono qualsiasi interesse per il valore del segno, della forma o della materia.
La definizione è dovuta al critico Clement Greenberg che la utilizzò per la prima volta nel 1955. Il color field è collegato al Suprematismo e in parte alla corrente sviluppatasi negli stessi anni, l'espressionismo astratto. Le origini della pittura a campi di colore si può ricondurre agli anni venti, all'artista russo Kazimir Severinovič Malevič, esponente del suprematismo; nella sua poetica l'arte doveva essere la "supremazia della forma", espressa attraverso la purezza dei colori e forme geometriche elementari.
Il color field painting è un'accezione molto generica per essere una corrente artistica, dato che si è manifestata in modi molto diversi, a seconda della nazione in cui si è sviluppata. Si può dividere pertanto in due grandi tendenze: una, il cui più grande esponente è Mark Rothko, nella quale si tendeva a utilizzare contrasti tra diversi campi di colore. Le opere di Rothko sono infatti caratterizzate da fasce di due o tre colori contrastanti tra di loro, rappresentate come entità gassose. Un'altra tendenza riguarda invece lo studio di un solo colore, e la ricerca del monocromo.
Il più grande artista di questa tendenza è stato Yves Klein, che approfondì gli studi sul blu, fino a brevettarne una particolare sfumatura, oggi chiamata blu Klein[1]. Notevoli anche le ricerche di artisti italiani come Lucio Fontana ed Enrico Castellani, appartenenti al movimento spazialista, e a Piero Manzoni, che approfondì il tema dell'assenza di colore, attraverso una serie di opere chiamate Achrome[2]. Ebbe una rilevante importanza la rivista fondata dall'artista milanese, Azimuth, che approfondì le poetiche legate ai campi di colore.
Alcuni importanti artisti color field sono:
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