È un imponente tempio, la seconda chiesa di Messina per dimensioni, che sorge sul viale Boccetta e le cui possenti absidi merlate sono raffigurate nel dipinto Cristo in pietà sorretto da tre angeli di Antonello da Messina che si trova al museo Correr di Venezia. Primo tempio dell'ordine francescano in Sicilia, edificato in periodo angioino nel 1254, in onore di San Francesco appena 28 anni dalla sua morte per volere di alcuni nobili messinesi e degli stessi frati. La prima pietra fu benedetta dal Papa Alessandro IV, vi soggiornò al suo passaggio da Messina sant'Antonio di Padova.[4] La sua slanciata ed imponente architettura riecheggia forme nordiche.
1216: assegnazione della sede conventuale nei pressi del torrente e della primitiva chiesa di Sant'Orsola collocata al di fuori delle mura cittadine, abbandono della primitiva struttura. Sono segnalati continui dissidi e battibecchi fra religiosi dell'Ordine francescano e quelli dell'Ordine domenicano circa le contese territoriali e giurisdizione dei rispettivi istituti.[5]
1221: il taumaturgoAntonio di Padova è ospite presso l'istituzione in seguito al naufragio sulle coste siciliane avvenuto al rientro dalla missione in Africa.[6]
1255 5 gennaio: a Napoli, papa Alessandro IV benedice la prima pietra per la nuova chiesa,[7] promotrici secondo tradizione, le nobildonne Violante Palizzi, Eleonora da Procida, Beatrice Belfiore.[8]
1512: realizzazione del coro intagliato simile a quello esistente a Palermo attribuito a Giovanni e Palo Gili, e in seguito rovinato dall'incendio del 1884.
1535 ottobre: Carlo V d'Asburgo durante la visita a Messina di ritorno da Tunisi lo dichiara Magna Domus Messanensis, istituto capo della provincia, già proto-convento francescano dell'isola[4] e Cappella Reale.
1554, I resti mortali dei sovrani di Regno di Trinacria sono collocati in un unico sarcofago recante un bassorilievo raffigurante il Ratto di Proserpina, manufatto posto dietro l'altare maggiore.[11][9]
1721: ricostruzione in stile barocco, per ovviare in parte ai danni arrecati dalle scosse del terremoto del Val di Noto del 1693 che arrecò danni alle coperture del tetto.
1884 23 luglio:[14] devastata da un violento incendio che distrusse gli interni e il tetto ligneo, lasciando in piedi solo le mura perimetrali. Degli abbellimenti si salvano solo le statue di San Francesco d'Assisi, dell'Immacolata Concezione e di Sant'Antonio di Padova. Quest'ultima statua in seguito sarà collocata nei giardini del chiostro.
1908 28 dicembre: il terremoto di Messina provoca il crollo di una parte delle strutture. Solo gli imponenti contrafforti delle arcate absidali strombate e merlate resistettero al sisma.
1923, 9 dicembre: su progetto dell'ingegnere Letterio Savoja è condotta la ricostruzione volta a riprodurre la pianta e lo stile dell'antica chiesa utilizzando i conci superstiti. I lavori, effettuati dalla ditta fratelli Cardillo dal febbraio 1926 al novembre 1928, costarono circa sette milioni di lire: i ruderi superstiti furono restaurati e fu ripristinato il resto dell'edificio utilizzando parti e il materiali crollati.
1928 25 novembre: la chiesa è solennemente consacrata e riaperta alle pratiche di culto.
1954: nuovo ciclo di restauro per la riparazione dei danni subiti in seguito ai bombardamenti causati durante la Seconda guerra mondiale.
1965: nella piazzetta della chiesa è collocata la statua bronzea raffigurante San Francesco d'Assisi, opera dello scultore messinese Antonio Bonfiglio.
1992: l'altare maggiore è sostituito con un nuovo manufatto, l'abside è rimodulata con un crocifisso al centro.
Seconda campata: Cappella della Madonna del Parto. Alla parete la Madonna con Bambino raffigurata fra San Diego Confessore, San Francesco d'Assisi e Ludovico d'Angiò, dipinto di Antonio Catalano il Vecchio o l'Antico.[19] Nell'ambiente sono documentate sculture lignee raffiguranti la Madonna del Parto diversamente dislocate.
Terza campata: Cappella della Flagellazione. Alla parete la Flagellazione di Cristo alla colonna, dipinto di Antonio Catalano il Vecchio o l'Antico.[3][15][17][20]
Quarta campata: Cappella della Vergine. Sull'altare la Madonna orante, bassorilievo marmoreo del XII secolo recante gli attributi postumi della famiglia Campo, manufatto oggi custodito nel Museo regionale di Messina.[3][15]
Quinta campata: Cappella di San Francesco d'Assisi. Alla parete le Stimmate di San Francesco, dipinto attribuito a Salvatore d'Antonio,[3][19][21] gli affreschi di Vincenzo Tuccari.[3][22]
Settima campata: ingresso laterale con portale del XIV secolo.
Ottava campata: Cappella di San Lorenzo o Cappella De Gregorio. Alla parete il Martirio di San Lorenzo, dipinto di Alonzo Rodriguez.[3][19][22][20] Cappella patrocinata dalla famiglia De Gregorio con i sepolcri di Paola De Gregorio Spatafora † 1716, Eleonora De Gregorio Donato † 1719, Lorenzo De Gregorio, Lorenzo De Gregorio.[3][22]
Navata sinistra
Sepolcro,[23][24] manufatto marmoreo del XVI secolo, monumento funebre di Angelo Balsamo, barone di San Basilio, † 1507, ammiraglio, attribuito Antonello Freri.[11][25] Manufatto documentato in una cappella a sinistra della navata prossima all'ingresso, a sua volta addossato alla parete sul lato sinistro, circostanza avvalorata dalla mancata rifinitura dei fregi. Nel 1721, quando la chiesa fu trasformata perché sovraccaricata di decorazioni barocche, fu adattato accanto alla porta maggiore. Dopo il 1783 il manufatto fu riassemblato. Annerito dall'incendio del 1884, per volontà del principe Francesco Marullo di Castellaci, ultimo discendente per ramo materno dei Balsamo, fu restaurato e rimodulato. Sotto una grande elevazione con decori a cassettoni sorretta da colonne con grottesche in rilievo e arabeschi, è ritratto il milite abbigliato in assetto di guerra, orante in ginocchio con le mani giunte, dinanzi ad un leggio drappeggiato di stoffe, su cui sta aperto il libro delle preghiere, in prossimità un paggetto, dritto in piedi, con lo spadino levato, immobile, come in attesa del comando. Nel basamento è raffigurato il mito di Anfitrite e reca l'iscrizione: "CLARISSIMI ANGELI BALSAMI BARONIS DIVI BASILII IN HOC TVMVLO OSSA CONDVNTVR. QVI NONIS AVGVSTI DIEM CLAVSIT EXTREMVM. MDVII."
Prima campata. Alla parete la Vergine con bambino e Albero degli ordini religiosi, dipinti di ignoto.
Seconda campata: Cappella di Sant'Antonio di Padova. Alla parete il Sant'Antonio di Padova e due quadri raffiguranti miracoli di Sant'Antonio - Il piede riattaccato[23] e La mula dell'eretico -, attribuiti a Antonio Catalano il Vecchio o l'Antico,[11][23][25] ciclo di affreschi di Nicolò Francesco Maffei.[20]
Quarta campata: Cappella dell'Immacolata Concezione. Alla parete il quadro raffigurante l'Immacolata Concezione, dipinto arricchito da manta d'argento.[23][25]
Quinta campata: Cappella della Madonna della Lettera. Alla parete la Madonna della Lettera raffigurata fra San Placido e San Francesco d'Assisi, opera di Alonzo Rodriguez,[11][17][23]Giovanni Duns Scoto nell'atto di predicare, dipinto di ignoto.[25]
Sesta campata: Alla parete i quadri raffiguranti Santa Chiara e Santa Agnese d'Assisi e Santi Cosma e Damiano[17] quest'ultimo opera di Vincenzo da Pavia.[11][23]
Settima campata: ingresso laterale, collegamento con il chiostro. Alla parete San Francesco moribondo, dipinto d'autore ignoto.
Ottava campata: Cappella di San Bonaventura. Alla parete il quadro Angelo che comunica con San Bonaventura, dipinto di Andrea Suppa.[17][18][23][25]
Transetto
Transetto destro: Cappella di San Giuseppe. Ambiente con la grande tela di Giuseppe Manno raffigurante il Transito di San Giuseppe,[3][19] nelle adiacenze il cenotafio di Girolamo Cappellino, senatore al tempo di Diego Enriquez Guzman, conte di Alba de Lista, viceré di Sicilia.[3][19]
Absidiola destra: Cappella del Santissimo Sacramento. Ambiente patrocinato alla famiglia Marchetto, interamente decorato da affreschi realizzati da Filippo Tancredi[3][19][27] con altare di stile barocco in marmi mischi e macchina lignea.
Transetto sinistro: area probabilmente adibita a sede dell'organo, manufatto ligneo riccamente scolpito nel Seicento da abili maestranze messinesi.
Absidiola sinistra. Adiacente a questo ambiente una piccola stanza nella quale è documentata una piccola tavola di Deodato Guinaccia raffigurante la Madonna del Rosario ritratta con San Gerolamo e altri santi. Del 1618c., il monumento sepolcrale in bronzo eretto da Giovanni Lanza alla giovane moglie Francesca Lanza Cybo.[11] Fu ricomposto nel 1905 a spese di monsignore Domenico Lancia di Brolo, arcivescovo di Monreale e discendente della nobile defunta. Il manufatto è oggi ospitato al Museo regionale di Messina.
«D. O. M. - D. FRANCISCÆ LANCEA, ET CIBO, VXORI PRÆSTANTISSIMÆ, IN QVA VIRTVTVM OMNIVM SEGES IN IPSO ÆTATIS FLORE, AD MATVRITATEM PERVENIT, AMANTISSIMVS VIR D. IOANNES LANCEA, IN MVTVI, ÆTERNIQVE AMORIS SIGNIFICATIONEM, VRNAM HANC A VRO, GEMMISQ. DISTINCTAM, SED MERITIS LONGE IMPAREM IN HAC ÆDE FRANCISCANA CONSTITVIT - DECESSIT ANNO ÆTATIS SVÆ XV. M. D. CXVIII MENSE IVNII DIE XIX»
«FEDERICO ARAGONIO SICILIAEQVE REGI HVIVS NOMINIS TERTIO EIVSQVE MATRI ISABELLAE FILIISQVE GVGLIELMO ET IOHANNI RANDACIENCI DVCI PRINCIBVS BENEMERITISSIMIS IOHANNES DE VEGA PRO REX SEPVLCRVM EREXIT. AN. MDLIV.»
Tutti gli altari dell'impianto attuale presentano richiami neogotici.
Parete destra
Prima campata: stazionamento monumentale vara processionale.
Seconda campata: vuota.
Terza campata: Cappella di Sant'Elisabetta.
Quarta campata: Cappella di San Michele Arcangelo.
Quinta campata: Cappella di Sant'Antonio di Padova. La statua raffigurante il Santo, già collocata sull'altare maggiore di questo ambiente, si conserva nei locali del convento. Eseguita in gesso e cartapesta, essa è rivestita nella parte anteriore da una lamina d'argento, riccamente lavorata, che riproduce con estrema finezza e dovizia di dettagli, l'ideale saio del Santo. Dopo la ricostruzione post sisma, sulla mensa si conserva ancora una piastrella del pavimento del distrutto convento, recante tracce ematiche del taumaturgo come conseguenza di una autoflagellazione pubblica come punizione per avere disubbidito al priore, quasi una riparazione per un "peccato di vanità": aver fatto scaturire prodigiosamente una sorgente d'acqua nel giardino del convento.[4][6]
Sesta campata: Cappella della Madonna della Luce. Presso quest'ambiente è attestata la Confraternita della Madonna della Luce.
Settima campata: ingresso laterale su viale Boccetta.
Ottava campata: Cappella del Santissimo Crocifisso con statua dell'Addolorata.
Terza campata: Cappella di San Massimiliano Maria Kolbe.
Quarta campata: Cappella di Santa Lucia.
Quinta campata: Cappella di San Giuseppe da Copertino.
Sesta campata: Cappella di San Giuseppe.
Settima campata: Cappella dell'Immacolata Concezione. sull'altare la statua ricoperta in lamina d'argento raffigurante l'Immacolata Concezione, opera di maestranze messinesi del XVII secolo.
Ottava campata: Cappella del Sacro Cuore di Gesù.
Transetto
Braccio destro:
Absidiola destra: Cappella del Santissimo Sacramento.
Braccio sinistro: organo.
Absidiola sinistra: Cappella di San Francesco d'Assisi.
Altare maggiore.
1: Absidi, 2: Cappellone, 3: Crocifisso, 4: Monumento funebre Francesca Lanza Cybo, Museo regionale di Messina
Crocifisso di Tiburzi.
Santi martiri, busti in alto rilievo in stile gotico di scuola veneta collocati nel primo altare.[14]
Bassorilievi raffiguranti la Presentazione di Gesù al Tempio e la Guarigione del paralitico, e due belle statue, identificate come l'Allegoria della Vittoria e l'Allegoria della Forza.
Importanti opere d'arte si conservavano anche nella sagrestia:
Le reliquie delle martiri legate a Sant'Orsola fanno riferimento a Santa Gerasina, regina di Sicilia e zia della martire. A Gerasina, sorella di Daria, quest'ultima madre di Orsola, si associano i figli Adriano, Aurea, Babila, Giuliana e Vittoria.[32] Proprio la testa di Santa Gerasina, custodita in questo tempio, fu una reliquia donata da Carlo V di Spagna al vescovo Ottaviano Preconio, confessore personale dell'imperatore.
Lapide di Andrea Cottone, barone di Bauso, con la seguente iscrizione sepolcrale.[33] "ANDREÆ COTTONIOBAVVSI BARONI, VIRTUDE MORIBVSQVE PRÆDITO, FILIO DILECTISSIMO NEAPOLI DEFVNCTO XVI KAL. SEPTEMBRIS MDLXI POST SEXTVM, ET TRIGESIMVM ÆTATIS ANNVM STEPHANVS PATER MÆSTISSIMVS."
Lapide di Giovanni, Nicolò, Giovanni Antonio Cottone, baroni di Bauso, con la seguente iscrizione sepolcrale. "DOMINVS BARONIBVS JOANNI, NICOLAO, JOANNI ANTONIO COTTONIBVS, DVLCISSIMIS FRATIBVS, VIRTVTIBVS INGENIO, OPTIMISQVE MORIBVS PRÆDITIS, MAJOR NATV OBIIT ÆTATIS SVE ANN. XXXII VLTIMI AVGVSTI MDL. MINOR VERO' ANN AGENS XXVI VLTIMVM MDLI. MÆSTISSIMVS PATER HVNC PIE' EREXIT TVMVLVM DIE X. JVNII. MDLI."
Verosimilmente durante i «Capitoli Generali» di Assisi (1279) e Parigi (1292) siano stati disposti l'erezione in ogni provincia dell'Ordine di studia in artibus. Pertanto negli ultimi anni del XIII secolo nei maggiori centri (le due capitali dell'isola) Messina e Palermo della «Provincia di Sicilia» furono istituite le prestigiose sedi di studio della grammatica, logica e filosofia del francescanesimo siciliano. E poi ancora le discipline in diritto canonico e teologia, dogmatica, etica, morale, greco, arabo, ebraico, armeno, caldeo, siriaco, aramaico. Tutti insegnamenti impartiti e cattedre ricoperte da eminenti personalità, in seguito estesi anche presso la locale università e gli istituti superiori di cultura classica.[34]
Chiostro di stile rinascimentale delimitato da trentasei colonne in marmo sulle quali erano impostati archi a tutto sesto, al centro cortile è documentata la statua raffigurante Sant'Antonio di Padova,[3] scultura oggi posta nel giardino dietro le absidi. La costruzione, forse promossa dalla nobile famiglia Marullo di Condoianni, fra le migliori esistenti in Messina, a dirigere le maestranze Antonello Freri.
La primitiva cappella di Sant'Antonio era stata edificata presso la cella da lui abitata e il pozzo del chiostro, in essa sono documentati un altare ligneo e un'edicola marmorea attribuita ad Antonello Gagini.[19] I frammenti della ricca cornice custoditi nel Museo regionale di Messina inquadravano un piccolo vano entro il quale era probabilmente collocato il veneratissimo simulacro ligneo della Madonna del Parto, eseguito nel 1511 circa, su commissione di Cassandra Bonfiglio, e sostituito in seguito a danneggiamento, da un dipinto di Mario Minniti. La ricca lunetta è menzionata da Gioacchino di Marzo e descritta da Carmelo La Farina in una lettera, datata 1 maggio 1834, indirizzata al canonico Giuseppe Alessi, erudito e collezionista ennese. L'ambiente fu affrescato da Giovanni Tuccari.
1863 30 agosto: il convento è occupato, completamente soppresso nel 1866 come conseguenza dell'applicazione delle leggi eversive e adibito ad uffici dell'Intendenza di Finanza.
1895: ricomposizione della comunità di frati. Nel dopoguerra il convento è stato ampliato con la costruzione di alcuni locali adiacenti alla chiesa, adibiti ad usi sociali.
Presso il convento sono documentati i sodalizi della congregazione dell'Immacolata Concezione, della congregazione dei Flagellati sotto il titolo di «San Luigi» e della congregazione di Sant'Antonio di Padova.
Confraternita della Madonna del Parto: sodalizio attestato nel tempio in epoca aragonese.
Cappella Reale e istituzione conventuale capo della Provincia dei Francescani di Sicilia per privilegio dell'imperatore Carlo V.[36]
1212: primitivo insediamento dei primi membri dell'Ordine dei frati minori. Concessione dell'archimandrita ubicata fuori le mura cittadine.[37]
Luogo di culto adiacente al convento posseduto dai frati dell'Ordine fino al 1452,[23] anno in cui è ceduto ai rettori e confrati del sodalizio della corporazione dei bottai sotto il titolo di «San Girolamo».[38] Addossata alle absidi della costruzione principale, fu distrutta nell'incendio del 1884.
Giuseppe Martinez, Iconografia e guida della città di Messina, Messina, Tipografia Ribera, 1882, p.70. URL consultato il 29 ottobre 2018 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2018).