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produzione ceramica ad Albissola Marina e a Albisola Superiore Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La ceramica di Albissola fu prodotta nel territorio delle Albisole, cioè degli attuali comuni di Albisola Superiore e di Albissola Marina.
La lavorazione dell'argilla in Albissola è antica di migliaia di anni. Già in epoca Romana nel territorio vi erano fornaci che producevano mattoni ed anfore, utilizzate per il trasporto di vino, olio e cereali.
I primi a produrre ceramica sarebbero stati i monaci del monastero di San Benedetto di Colonega di Albissola Marina[1][2][3], già priorato dipendente dall'Abbazia di Santa Giustina di Sezzè (Sezzadio) (AL).
All'inizio del Quattrocento ad Albissola ebbe inizio l'artigianato della ceramica. Dalla spiaggia si cavavano argilla rossa e terra bianca, ottime per confezionare il biscotto. Si producevano soprattutto stoviglie. Le tecniche di lavorazione erano l'ingobbio[4] e il grafito. Si realizzavano anche maioliche, cioè ceramiche decorate su smalto. Nel Cinquecento iniziò la produzione di piastrelle da rivestimento (dette laggioni) e di maioliche a berettino, decorate con motivi in un azzurro carico, simili a quelli tipici degli azulejo portoghesi e spagnoli. Si fabbricavano anche oggetti smaltati di bianco e poi decorati con figure stilizzate in blu. Nel 1569 tredici erano le fornaci nella zona di Marina Albissola e nel 1612 un mulino macinava i colori, a Ellera, oggi rimasta una frazione. Le fornaci arrivarono a ventitré nel 1640. I decori prescelti erano paesaggi marini, con rocce fiori e animali, con barche e velieri. Altri decori si ispiravano alla mitologia classica e ad episodi della Bibbia. Ogni famiglia di ceramisti adottò un suo marchio: i Grosso usavano la lanterna di Genova, i Corrado la corona, gli ordini religiosi chiedevano ceramiche marcate con figure di santi o con stemmi. Esemplari di questa epoca si conservano al Museo diocesano di Albenga. Tra la fine del XVI secolo e i primi decenni del successivo, alcune famiglie di maiolicari di Albissola si trasferirono a Pavia, contruibuendo così allo sviluppo della Maiolica di Pavia[5].
Nel Settecento il colore azzurro gradatamente venne abbandonato e la produzione si limitava a boccali, a brocche, cioè a terrecotte semplici. Esemplari di questa tipologia sono al Museo Trucco di Albisola Superiore: si tratta di ceramiche graffite, conventuali, di ingobbiati, comunque di prodotti semplici e popolari. Andrea Levantino ebbe il merito di rinnovare la produzione, grazie all'uso del nuovo colore rosa manganese.[6]
Nell'Ottocento Bartolomeo Seirullo introdusse il colore bruno chiaro. Si produceva anche una terracotta economica, a smalto bruno e decorata con strisce o con macchie scure. Queste semplici stoviglie erano anche esportate oltre Oceano. All'inizio dell'Ottocento entrò in produzione la terraglia nera[7] e a metà del secolo fece la sua comparsa il pentolame da fuoco, prodotto esclusivamente da grandi fabbriche di ceramica.
I ceramisti tradizionali continuavano a lavorare oggetti di terracotta gialla ingobbiata, poi verniciata a solfuro di piombo, quindi decorata con l'utilizzo di stampi. Modellavano anche i pastori di Natale (detti macachi), venduti alle fiere di paese. Dal 1862 la manifattura Poggi iniziò a produrre in serie piatti bianchi di ceramica. Con Nicolò Poggi iniziava la ceramica artistica. I nomi eccellenti di questo periodo sono Giuseppe Piccone e Bausin Mazzotti.
Con il Futurismo Albissola si riempì di artisti: Tullio d'Albisola (pseudonimo di Tullio Mazzotti) pubblicò nel 1938 con Marinetti il Manifesto futurista della Ceramica e Aereoceramica, aprirono la strada ad altri, tra cui Manlio Trucco, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi e Arturo Martini. Nel 1954 Enrico Baj e Asger Jorn idearono gli Incontri internazionali della ceramica, presso le Ceramiche Mazzotti. Albissola partecipò alla Mostra di Arte applicate di Monza nel 1923, alle Esposizioni Universali di Parigi del 1925 e del 1937 e a quella di Berlino del 1938.
Tra gli altri artisti del Novecento e oltre, che hanno lavorato ceramiche nel territorio di Albissola si ricordano: Oscar Saccorotti (1898–1986), Antonio Sabatelli, in arte Saba Telli (1922–2001); il pittore e ceramista Ignazio Moncada (1932–2012); Eliseo Salino (1919-1999) che era anche scultore; Piero Maggioni (1931–1995) orafo e ceramista; la pittrice e ceramista Mirella Fiore (1936- ); Mario Gambetta (1886–1968), pittore, incisore e ceramista; Giovanni Acquaviva (1900–1971), pittore e ceramista futurista; Aurelio Caminati (1924–2012) pittore e ceramista; Ego Bianchi (1914–1957) pittore e ceramista; Emilio Scanavino (1922–1986) ceramista, pittore e scultore; Ideo Pantaleoni (1904–1993), pittore, scultore e litografo.
Il ceramista svedese Ansgar Elde (1933–2000), il pittore e ceramista Ignazio Moncada (1932–2012) e il pittore e scultore cubano Alfredo Sosabravo (1930- ) si sono serviti dei forni di fabbriche di Albissola. Ad Albissola Marittima si svolge la "Rassegna Internazionale di Ceramica Contemporanea" è c'è il Museo Civico dell'Arte Contemporanea.
Andrea Levantino è stato prima artigiano, poi direttore di questa fabbrica. La Manifattura, che rimase attiva fino al 1770, inglobò quella dei Grosso ed ebbe continue liti con il maiolicaro Bernardo Corradi.
Ad Albissola i Corradi (o Conradi, o Conrado, o Corrado) erano ceramisti fin dal 1589.
La famiglia Grosso iniziò la sua attività all'inizio del Seicento e nel 1641 ottenne l'autorizzazione di utilizzare il marchio con la lanterna di Genova. Nel 1698 la loro fabbrica e il loro marchio furono ceduti alla famiglia Chiodo. I Grosso realizzarono piatti e vasi decorati in blu, con scene mitologiche o religiose. Al Museo del Castello Sforzesco c'è un loro piatto con il Battesimo di Cristo.
I proprietari sono Tonino Tortarolo e Federico Anselmo.
Fabbrica fondata nel 1903 da Giuseppe Bausin Mazzotti ad Albissola Marina.
Una ceramica Levantino è al Victoria and Albert Museum,[8] altre ceramiche sono alla Galleria di Palazzo Rosso, a Genova. Il marchio dei Levantino è un globo crucigero[9] con le iniziali A.L per Andrea e L.L per Luigi.
Fabbrica attiva nel Settecento. La produzione migliore è in stile Guidobono, in colore turchino. Il marchio era una stella tra due punti e sotto la S. Un altro marchio era formato da triangoli intrecciati, a volte con la iniziale S.
Dagli anni Venti ceramiche di Albissola furono utilizzate per apparecchiare le tavole e per la decorazione dei transatlantici della Navigazione Generale Italiana, della Società Italiana Trasporti Marittimi e del Lloyd Sabaudo. Quattro pannelli di Lucio Fontana, usciti dalla Mazzotti di Albisola, furono installati sul "Conte Grande"; Edoardo Alfieri realizzò ad Albissola gli studi per il pannello Il Convito, per la motonave "Giulio Cesare"; Emanuele Luzzati creò pannelli in ceramica per l'"Ausonia", per la "Stella Oceanis" e nel 1964 per la "Michelangelo", l'ultimo grande transatlantico italiano. La mostra "Pottery on board: Fontana, Alfieri, Luzzati e la ceramica di Albisola a bordo dei transatlantici italiani" si è svolta dal 2 aprile al 1º maggio 2016, allo spazio MUDA, Albissola Marina.[10]
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