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La Cavalier Angelo fu una delle poche navi costruite al di fuori dell'Arsenale ad entrare in servizio nella Armada veneziana. Era classificata come fregata da trasporto armata con 12 cannoni in coperta. Prese parte alle spedizioni contro i pirati barbareschi tunisini condotta dall'ammiraglio Angelo Emo, e poi dal contrammiraglio Tommaso Condulmer, negli anni tra il 1784 e il 1795.
Cavalier Angelo | |
---|---|
Descrizione generale | |
Tipo | fregata da trasporto |
Cantiere | Cantiere Francesco Parisi |
Varo | 1784 |
Entrata in servizio | 1784 |
Destino finale | demolita a Venezia nel 1795 |
Caratteristiche generali | |
Propulsione | Vela |
Armamento | |
Armamento | Artiglieria[1]:
Alla costruzione
Totale: 12 |
[1] | |
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Costruita a Venezia dalla Ditta Treves per uso civile, l'unità fu impostata sullo “squero dei Parisi” e varata nel 1784.[2] La nave venne subito acquistata dal Senato per essere assegnata alla squadra navale dell'ammiraglio Angelo Emo che doveva partire per una spedizione contro i pirati barbareschi tunisini.[3] La fregata Cavalier Angelo era una nave di concezione nuova, e veloce in quanto il suo compito era assicurare i collegamenti logistici tra le navi dell'Armata Grossa in mare e la base della flotta veneziana a Corfù.
Il 21 giugno di quell'anno la squadra veneziana,[4] al comando del Capitano Straordinario delle Navi Emo, salpò dal canale di Malamocco per recarsi a combattere nelle acque della Tunisia.[4] Essa era composta dal vascello da 74 cannoni Forza (ammiraglio Giovanni Moro), dalla fregata grossa da 64 cannoni Fama (nave ammiraglia), dallo sciabecco Tritone, dalle bombarde Distruzione e Polonia, e dalla galeotta Esploratore. Raggiunta Corfù il giorno 26 luglio, alla squadra si unirono altre tre navi: la fregata Concordia[N 1] e gli sciabecchi Cupido e Nettuno. Nel 1785-1786, rinforzata dai vascelli da 74 cannoni Vittoria e Eolo, e dalle fregate Cavalier Angelo e Palma, la squadra navale veneziana eseguì bombardamenti contro Susa, Sfax, La Goletta e Biserta.[5]
La fregata Cavalier Angelo un intenso servizio per undici anni, e nel 1795 rientrò in Arsenale per eseguire gli oramai necessari lavori di raddobbo, ma in considerazione del cattivo stato generale in cui si trovava si preferì procedere alla sua demolizione, previo Decreto emesso dal Senato.[2]
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