Loading AI tools
militare italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Carlo Reina (Como, 9 ottobre 1881 – Beregazzo, 17 giugno 1935) è stato un militare italiano, pluridecorato ufficiale del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, fu uno dei protagonisti della marcia su Fiume del settembre del 1919.
Carlo Reina | |
---|---|
Nascita | Como, 9 ottobre 1881 |
Morte | Beregazzo, 17 giugno 1935 |
Dati militari | |
Paese servito | Italia |
Forza armata | Regio Esercito |
Arma | Cavalleria Fanteria |
Corpo | Granatieri |
Reparto | I Battaglione 2º Reggimento Brigata "Granatieri di Sardegna" |
Grado | Tenente Colonnello |
Guerre | Prima guerra mondiale |
Comandante di | I Battaglione |
Decorazioni | vedi qui |
Studi militari | Regia Accademia Militare di Modena |
dati tratti da Carlo Reina. Il monarchico che occupò Fiume ma poi fu esiliato da D'Annunzio[1] | |
voci di militari presenti su Wikipedia | |
Nacque a Como il 9 ottobre 1881[1] e entrò nel Regio Esercito, frequentando la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena al termine della quale fu assegnato come sottotenente, all'arma di Cavalleria, Reggimento"Cavalleggeri di Lucca" (16º) . Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, il 24 maggio 1915, chiese, ed ottenne, il passaggio alla arma di fanteria, venendo assegnato alla Brigata "Granatieri di Sardegna". Combattente delle trincee del Carso, decorato con medaglia d'argento per la sua partecipazione alla battaglia di Caposile (gennaio 1918) e di bronzo al valor militare, al termine della guerra, con il grado di maggiore, comandava il II battaglione,[N 1] 1º Reggimento, Brigata "Granatieri di Sardegna".[1]
Dopo la firma dell'armistizio di Villa Giusti, e con il termine delle ostilità, la Brigata "Granatieri di Sardegna", compreso il II Battaglione, fu posta di guarnigione alla città istriana di Fiume. Per accordi intercorsi tra i comandi Alleati, il 25 agosto 1919, i granatieri, al comando del generale Francesco Saverio Grazioli, dovettero lasciare la città, sfilando in mezzo alla popolazione di Fiume che cercò di trattenerli con suppliche e manifestazioni di italianità,[2] per essere sostituiti da un contingente di truppe di varie nazionalità, tra cui quelle francesi apertamente filo serbe. Recatosi a Venezia, dove viveva a quell'epoca Gabriele D'Annunzio, giocò un ruolo di primo piano[N 2] nel convincere il "Vate", pluridecorato eroe di guerra, a mettersi alla testa di un reparto misto di granatieri[N 3] ed arditi, e impossessarsi della città di Fiume.[1]
L'11 settembre dello stesso anno D'Annunzio, seppur febbricitante, si recò a Ronchi dei Legionari alla testa di un gruppo di militari, tra cui i volontari al seguito del tenente Guido Keller che aveva procurato cinque autoblindo Lancia 1Z e venticinque autocarri Fiat 15ter su cui presero posto buona parte dei convenuti. Il giorno dopo i granatieri[3] comandati dal maggiore Reina intrapresero la Marcia di Ronchi, e alla colonna in movimento[N 4] via via si unirono altri volontari tra cui due reparti d'assalto di arditi[N 5] che in realtà avrebbero dovuto bloccarla.[3] Oltrepassato il confine presidiato dalle truppe del generale Vittorio Emanuele Pittaluga, dopo essersi congiunto con la Legione Fiumana[N 6] di Giovanni Host-Venturi, D'Annunzio prese possesso della città acclamato dalla popolazione italiana e dai volontari lì presenti, e proclamò l'annessione all'Italia di Fiume.
Nominato capo di stato maggiore del Comando Città di Fiume, Reina cercò, invano, di far rispettare la disciplina militare alle truppe, e agli ufficiali di complemento che quindi ogni giorno raggiungevano la città per unirsi ai rivoltosi, in ciò coadiuvato dal comandante dell'8º Reparto d'assalto, maggiore Giuseppe Nunziante,[4] un ufficiale nazionalista e legalitario.[4][N 7] Fu sempre, fortemente, contrario che qualsiasi deriva rivoluzionaria circolasse tra gli ambienti dei legionari fiumani.[5] Favorevole ad una soluzione politica del problema fiumano, contrario alla deriva repubblicana, con connotati quasi dittatoriali, intrapresa da D'Annunzio, rimase scandalizzato dal regime di vita da lui tenuto, insieme al suo "entourage".[6]
Il 31 ottobre[1] i due entrarono in aperto contrasto per via dell'allontanamento del tenente Rosalli da Fiume, decisione fortemente criticata da D'Annunzio, cui seguì un nuovo scontro il giorno 9 novembre, quando D'Annunzio si accorse che Reina aveva segretamente richiesto l'invio di un contingente di Carabinieri dall'Italia, per mantenere l'ordine pubblico in città.[6] Congedato definitivamente[N 8] da D'Annunzio il 28 novembre, fu arrestato e sottoposto a processo per tradimento,[N 9] venendo espulso dal territorio fiumano nel gennaio 1920, quando raggiunse Zara, dove rimase fino al luglio successivo quando rientrò in Italia.[6] I due non si riappacificarono mai più, nonostante i tentativi fatti da D'Annunzio in tal senso.[7] Rimase sempre in disparte nel dibattito politico militare dell'epoca, e non aderì mai al fascismo.[7] Lasciato l'esercito nel 1929, con il grado di tenente colonnello, si spense a Beregazzo il 17 giugno 1935,[6] lasciando la moglie, contessa Maria Braghenti.
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.