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frazione del comune italiano di La Spezia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Campiglia è un borgo, frazione del comune della Spezia, situato a 405 mslm sul crinale di colline che chiudono a occidente il golfo spezzino.
È inoltre all'interno del sito UNESCO Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto).
Campiglia frazione | |
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Campiglia | |
Panorama verso l'abitato di Schiara e lo Scoglio Ferale | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Liguria |
Provincia | La Spezia |
Comune | La Spezia |
Territorio | |
Coordinate | 44°04′28.7″N 9°47′42.61″E |
Altitudine | 403 m s.l.m. |
Abitanti | 109[1] |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 19132 |
Prefisso | 0187 |
Fuso orario | UTC+1 |
Nome abitanti | campioti, campigei o campigliesi |
Patrono | santa Caterina di Alessandria |
Giorno festivo | Prima domenica di agosto |
Cartografia | |
Il borgo gode di un doppio panorama: da un lato offre scorci panoramici che si spingono oltre la zona orientale del golfo, fino alle Alpi Apuane e la costa toscana; dall'altro, prossimo alle Cinque Terre, la vista si estende dalle scogliere sino all'orizzonte del mare aperto[2].
Il territorio di questa frazione in direzione di Portovenere è collegato da numerosi sentieri alle vicine frazioni di Persico e Navone. Verso il mare si estende fino alle rocce di Albana (dette le Rosse, scogliere particolarmente ricche di ossido di ferro grazie al quale assumono la suggestiva colorazione rosso intenso) e a quelle del Muzzerone (dette le Nere per l'affioramento superficiale di ardesia).
Campiglia conserva depositi preistorici nella limitrofa località di Castellana.
Il Menhir di Tramonti fu scoperto e studiato dallo storico spezzino Ubaldo Mazzini nel 1922 sul Monte della Madonna nella contigua località di Tramonti di Biassa.[3]
Probabile insediamento preromano, il luogo di Campiglia fu forse anche saltuario approdo di naviganti fenici e greci.
Il toponimo - di origine latina (campilia) - ha il significato di terre di proprietà comune destinate a coltivi ed è menzionato in diversi atti storici.
Il nucleo più antico del borgo nasce nell'alto medioevo, tra il monte Castellana e il monte Coregna ( da cui anche il termine di Tramonti), costituito da nuclei di famiglie che vi cercano rifugio al sicuro dalle razzie saracene.
Da questi primi insediamenti ha inizio anche il secolare e paziente lavoro di adattamento a cultura dei fianchi rivolti al mare dei due monti, sull'esempio delle analoghe tecniche di coltura adottate dai Benedettini della vicina Abbazia del Tino.
La più antica citazione di Campiglia si trova in un atto dell'imperatore e re d'Italia Ottone II che porta la data del 18 luglio dell'anno 981 (etiam Campilia cum piscatione et venatione sua). L'atto è riportato nel Regesto del Codice Pelavicino pubblicato nel 1912 negli Atti della Società Ligure di Storia Patria di Genova.
Il 29 luglio del 1185 il castello di Campiglia (Castrum Campiliae) è riconosciuto da Federico Barbarossa come proprietà del Vescovo di Luni.
Il castello è citato ancora nel febbraio 1191 dall’imperatore Enrico VI che riconferma al vescovo di Luni la sua protezione sulle terre.
Il potere vescovile su Campiglia decadde probabilmente nel corso del XIII secolo quando queste terre divennero dominio di Genova.
Nel luglio 1231 Papa Gregorio IX attribuisce all'Abbazia di San Venerio dell'Isola del Tino la metà delle decime di Campiglia.
Quasi un secolo dopo nel paese viene costruita la chiesa di Santa Caterina come dipendente dalla chiesa plebana di Marinasco.
La frazione vive a partire dagli anni ‘70 del Ventesimo Secolo un grave e progressivo spopolamento, tanto da portare la popolazione fissa a solo un centinaio di anime intorno al 2020. Le abitazioni sono quindi oggi predisposte in gran parte alla villeggiatura, spesso composta da persone che vivevano un tempo nel paese oppure da persone che hanno scoperto il luogo provenienti dalle città del Nord Italia. Lo spopolamento ha portato anche a un veloce arresto economico, sia nel settore primario delle colture sia nel terziario delle attività. Nel Ventunesimo Secolo, al contrario di un tempo, non sono più presenti scuole pubbliche, tabaccai, sarti, barbieri, e attività specializzate. La popolazione infatti si serve principalmente delle attività del capoluogo di provincia che dista 20 minuti di auto.
A Santa Caterina di Alessandria, patrona di Campiglia, è dedicata la chiesa nella piazza del paese.
La chiesa fu costruita come piccolo oratorio nell'anno 1326. Più tardi, nel XVI secolo forse per iniziativa dei marchesi di Carpena, la cappella fu ingrandita alle dimensioni attuali.
La semplice facciata è a capanna, con un piccolo occhio strombato e due finestre rettangolari ai lati del semplice portale di accesso. Un secondo portale laterale è sormontato da un architrave barocco in marmo.
Il bell'altare maggiore, con le colonne in marmo portoro ed i capitelli in marmo lunense, risale al 1640 ed espone un rilievo dedicato alla Santa martire, datato 1540 e incluso in un dipinto (l'Annunciazione con i Santi Caterina, Giovanni Battista e Martino) attribuito al Carpenino.
Su una parete della navata è un affresco con la scena del Battesimo di Gesù (restaurato nel XX secolo per commissione di Anna Sturlese).
Il poderoso campanile in pietra arenaria è stato iniziato nel 1883 (come testimonia l'incisione sulla porta di entrata) e portato a termine nel 1888 (incisione sul muro a lato della campana frontale).
Dalla panoramica piazza della chiesa si diramano i principali percorsi di escursione verso Portovenere, le Cinque Terre, le località di Tramonti, Schiara, la fontana di Nozzano e Monasteròli.
Il castello di Campiglia era stato fatto costruire dai vescovi di Luni, probabilmente nell'XI secolo, allo scopo di fortificare il territorio posto sotto la loro giurisdizione, sia per difenderlo dalle razzie saracene, che dall'invadenza dei Malaspina e della Repubblica di Genova.
Gli storici, nell'approfondimento della storia della località, riferiscono che il castello di Campiglia fu riconosciuto dall'imperatore Federico Barbarossa (1185) quale possedimento del vescovo di Luni e definito dominante il golfo della Spezia e anche castello di Campiglia sopra Portovenere.
Altra analoga conferma risale al 1191. Le citazioni imperiali, nella definizione logistica e consequenziale del territorio, riferiscono della prossimità del Castrum Campiliae e della Curtem Cararie (l'attuale Carrara).
Il Castello di Campiglia oggi non esiste più, ma ha lasciato il suo ricordo nel nome del luogo in cui sorgeva. Nel rione del Castello troviamo anche l’antica piccola chiesa in pietra, oggi sconsacrata al culto.
Poco fuori dell'abitato è un mulino a vento del XVII secolo, caratterizzato da una scala esterna di pietra e dalla copertura a cupola del piano terra.
Il territorio del borgo è dedicato principalmente alla coltura della vite, con i tipici terrazzamenti degradanti verso il mare. Campiglia Tramonti è infatti nota per la sua produzione del vino Sciachetrà - il Tramonti di Campiglia, simile al Tramonti di Biassa prodotto nel vicino borgo di Biassa.
Altra attività agricola è legata alla raccolta di pregiato zafferano, pianta che qui un tempo era di crescita spontanea e che oggi è regolarmente coltivata.
Il naturalista inglese François W.C. Trafford affermò di aver avuto, salendo la mattina del 28 marzo 1869 da Campiglia alla vetta del Monte Castellana, la visione (Amphiòrama) dell'intero mondo proiettata davanti ai suoi occhi con gli oceani, i deserti, le montagne, le isole e persino i poli ghiacciati. La nitida visione di quella domenica mattina durò circa quattro ore.
Di essa il naturalista afferma che in un primo tempo non volle parlarne con nessuno nel timore di essere considerato pazzo. Tuttavia in seguito, a testimonianza di questa incredibile esperienza, nel 1874 decise di scriverne una narrazione dettagliata nel suo libro Amphiorama 1869, ou la Vue du Monde des Montagnes de La Spezia, pubblicato in sette edizioni a Zurigo.
Il libro, rimasto a lungo dimenticato nelle biblioteche svizzere, alla fine del XIX secolo fu rinvenuto dal geologo spezzino Giovanni Capellini che ne scrisse in un articolo pubblicato sul Giornale della Lunigiana. Anche lo scrittore Ettore Cozzani, fondatore della rivista L'Eroica, ne trasse spunto per un suo racconto.
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